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La sfida del futuro è tutta da giocare

di Mario Bozzi Sentieri - 09/05/2021

La sfida del futuro è tutta da giocare

Fonte: Mario Bozzi Sentieri

Non tutto è definito nel futuro del mondo del lavoro. Al determinismo (e al catastrofismo) di certe previsioni risponde ora  l’autorevole “The Economist”, proponendo scenari inusuali per l’occupazione  ed il rapporto tra occupazione e  nuove tecnologie. 

“Cavalcare in alto nel mondo del lavoro” titola il settimanale inglese, ipotizzando – testuale – “un capovolgimento del primato del capitale sul lavoro”. Dopo gli anni della concorrenza del commercio, del cambiamento tecnologico inarrestabile, dei salari più diseguali per i lavoratori, il dopo Covid19 pare preannunciare un cambio di rotta sul “fronte del lavoro”. A cominciare dai  numeri dell’occupazione.

Nella primavera del 2020 il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti  era quasi del 15%. Ora è già solo al  6%. Anche in un’ Europa ancora  segnata dalla  terza ondata di infezioni il mercato del lavoro batte le previsioni negative,  mentre le economie si adattano alle misure di contenimento del virus.

Due cambiamenti sono in corso oltreoceano, in ambito socio-politico e sul fronte tecnologico. Sul primo versante pare emergere un clima più favorevole per i lavoratori, con un aumento dei salari minimi. Un segnale tra i tanti: nella sua ultima  lettera agli azionisti, Jamie Dimon, il capo di JPMorgan Chase, la più grande azienda di Wall Street, ha chiesto salari più alti e non stava parlando dei manager.

Il secondo grande cambiamento nel mercato del lavoro è tecnologico. Le vecchie previsioni che immaginavano eserciti di precari e di inattivi, surrogati dai robot, sembrano avere sbagliato.

Ci sono settori in cui la presenza fisica del lavoratore è risultata, negli ultimi tempi, indispensabile: dalla sanità all’istruzione alla cura alle persone.

Secondo il Report di “The Economist” nel 2019 quasi due terzi degli americani si sono dichiarati completamente soddisfatti della propria sicurezza sul lavoro, rispetto a meno della metà nel 1999; una percentuale inferiore di lavoratori tedeschi si sentiva insicura rispetto alla metà degli anni 2000. I paesi con la maggiore automazione, come il Giappone, godono di una disoccupazione tra le più basse.

Certamente non tutto va dato per scontato. Non tutto è oro quel luccica nei nuovi livelli occupazionali. Nuove disuguaglianze si delineano all’orizzonte. Il discrimine oggi è  tra le persone altamente qualificate e quelle poco qualificate, tra chi è nella condizione di accettare la sfida della modernità e chi no, tra chi è in grado  di mettersi in gioco e chi il “gioco” lo subisce.

E’ allora necessario ampliare l'accesso alle opportunità, rimettendo in movimento l’ascensore sociale e garantendo reali tutele a tutti. Qui sono soprattutto   i governi a dovere fare la loro parte, garantendo – nota il settimanale inglese – “l'accesso meritocratico all'istruzione e sufficienti opportunità di riqualificazione”.

La partita del cambiamento conferma che niente è scontato sia sul piano dei livelli occupazionali che della capacità di sostituzione delle nuove tecnologie. I numeri del passato paiono sconfitti dalla realtà. Resta però da tenere ben ferma la barra  sulla ridefinizione dei  diritti dei lavoratori e sul riconoscimento delle nuove, emergenti figure professionali. L’occupazione  4.0 non può essere misurata solo sui grandi numeri, ma sulla capacità di creare lavoro “buono”, duraturo, in grado di rispondere contemporaneamente alle esigenze delle aziende e a quelle di coloro che in esse sono impiegati. Di  un nuovo modello sociale, in grado di saldare gli interessi  degli uni e degli altri c’è realmente bisogno, nella convinzione – per dirla con Louis Blanc, figura storica del social-riformismo - che “tutti gli interessi sono solidali e che una riforma sociale è per tutti i membri della società, senza eccezione, un mezzo di salvezza”. Valeva ai primordi della Rivoluzione industriale e vale soprattutto oggi, visto il dispiegarsi dei suoi effetti.

 

                                                                                  

                                                                                   Mario Bozzi Sentieri