La visita al Museo Storico Statale di Mosca
di Maurizio Murelli - 18/05/2025
Fonte: Maurizio Murelli
La visita al Museo Storico Statale di Mosca mi ha particolarmente sorpreso. Nei suoi saloni viene rappresentata e narrata l’intera storia della Russia, dalla preistoria, ovvero dall’Età della pietra, fino agli accadimenti del XX secolo. Tutto viene “raccontato” con assoluto, oggettivo distacco storico. Relativamente al XIX e XX secolo, la storia dell’Impero zarista e poi quella della Rivoluzione d’ottobre, l’avvento di Lenin e quindi di Stalin e tutto il periodo post-stalinista fino ai giorni nostri non conosce inquinamento ideologico. Il senso della narrazione è quello dell’acquisizione di ogni forma storica come parte integrante dell’espressione culturale e spirituale del popolo russo. Nulla viene disconosciuto, nulla stigmatizzato sulla base dell’attuale concezione storico-politica. Lenin e Stalin hanno la stessa dignità degli zar, il socialismo/comunismo è alla pari della antecedente forma imperiale. In questo museo non c’è nessuna traccia di “cancel culture”.
La Russia è disseminata di monumenti dedicati agli zar, ma molti di quelli dedicati a Stalin sono stati rimossi nell’epoca della perestrojka (e anche con Breznev); quanto a Lenin, nei tempi d’oro si contavano circa 7000 tra statue e monumenti che lo ricordavano, mentre oggi il numero si è ridotto a poco più di 5000. Con l’attuale era Putin, questa “rimozione della memoria” viene considerata inaccettabile e, sopra tutto per quanto riguarda la figura di Stalin, è stata intrapresa un’opera di ripristino, e non solo relativamente al suo riconoscimento di artefice della vittoria nella Grande guerra patriottica: nella concezione putiniana, non possono esserci rinnegamenti di nessuna parte della storia e della cultura russe. Ogni passaggio della storia è espressione dello spirito russo, ogni adesione dei russi a questo o a quel personaggio, a questa o quella ideologia, va onorata in quanto espressione di questa o quella parte del popolo russo.
In Occidente, dove tutto è ideologizzato, questa concezione è incomprensibile e si procede a rimozione, manipolazione e mostrificazione di questa o quella parte della storia, di questo o quel personaggio. Negli USA si abbattono le statue del generale confederato (“sudista”) Robert E. Lee e di Cristoforo Colombo; in Europa, in particolare in Italia e in Germania, viene rimosso e criminalizzato tutto quel che anche lontanamente “odora” di fascismo o nazionalsocialismo. Si è arrivati al punto di criminalizzare il filosofo Martin Heidegger o di togliere il premio Nobel all’etologo Konrad Lorenz perché “vicini al nazismo” (tanto per citare due esempi tra i mille).
Così, in Occidente, mentre alcuni accusano Putin di essere un novello nazista, non mancano “destri” più o meno neofascisti o neonazisti, comunque “comunistofobi”, che accusano Putin di voler risovietizzare o ristalinizzare la Russia con l’intento di portare tale neo-stalinizzazione anche in Europa… senza risparmiarsi il piagnisteo per il fatto che i liberali operano per rimuovere ogni riferimento a quanto espresso dai relativi popoli con fascismo e nazionalsocialismo.
Non c’è niente da fare: si tratta sempre di limite cognitivo e di oggettività quando si vuole “leggere” il processo in corso nella Federazione Russa e dunque la relativa concezione storica. Facciamocene una ragione e lasciamoli sproloquiare.