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Lo stato di emergenza

di Andrea Zhok - 24/03/2022

Lo stato di emergenza

Fonte: Andrea Zhok

Per la prima volta propongo un libro che non ha carattere accademico e non è inteso primariamente per una platea di “filosoficamente esperti”. È un testo inteso come “divulgativo”, ma senza rinunciare al carattere filosofico, perché la filosofia è, ed è sempre stata, anche lettura critica della realtà circostante.
Tra le funzioni cruciali dell’esercizio filosofico vi sono infatti - a mio avviso -  l’affinamento della percezione critica del proprio mondo e la coltivazione di una visione sintetica dello stesso, senza vincolarsi allo specialismo e alla “divisione del lavoro” tipici delle scienze contemporanee.
E lo sguardo sintetico non è mai qualcosa di cui possiamo fare a meno, essendo quello che ciascuno di noi usa necessariamente quando deve prendere decisioni intorno alla propria vita, o alla vita politica e sociale nel suo insieme. L’alternativa che abbiamo è solo se avere a disposizione anche una forma coltivata, educata, di questo tipo di riflessione, o non averla affatto.
Questo testo raccoglie interventi scritti nell’arco di cinque mesi, cui si aggiungono due brevi saggi finali, di carattere più marcatamente teorico. La maggior parte degli interventi sono perciò già apparsi su riviste o social media, e rappresentano una sorta di “diario filosofico di una crisi”.
Questa “cronaca riflessa” ha carattere talvolta argomentativo e teorico, talaltra più spiccatamente polemico, ed in questo senso si allontana da tutto ciò che ho pubblicato in forma monografica finora; si tratta perciò di un esperimento, dalla cui ricezione trarrò le conclusioni se sia una forma espressiva da ripetere o da abbandonare.
 Negli auspici questo testo vorrebbe avere tre funzioni.
La prima è di carattere argomentativo: si tratta di rendere percepibile al lettore la continuità e connessione di osservazioni prodotte isolatamente e la cui unitarietà tende a perdersi se lasciato alla lettura episodica. Questo punto credo possa avere un’utilità in quanto nelle discussioni pubbliche si ha spesso l’impressione di dover sempre ricominciare da zero, in un’infinita tessitura di Penelope, in quanto gli argomenti di ieri, oggi, sono dimenticati o rimossi. La forma libro consente di tenere fermi gli argomenti e di potervi tornare sopra.
La seconda funzione è di carattere testimoniale. Il tempo, l’accavallarsi degli eventi tendono a macinare nell’oblio anche crisi gravi, che finiscono così per creare precedenti e per guidare in silenzio le scelte future. Il "tradimento dei chierici" perpetrato dai giornalisti mainstream (e non solo da essi) è il protagonista primario di questa svolta storica e la capacità di rimuovere, deformare e obliterare ogni fatto è oggi immensa. Nessuno può sapere cosa il futuro porta in serbo, ma sia che l’attuale crisi democratica si risolva, sia che invece si esacerbi, comunque credo che assisteremo anche rispetto alla pandemia ad un tentativo di rimozione o cancellazione di quel che è avvenuto. Mettere giù alcune considerazioni nella forma in cui sono emerse quando erano di prima attualità consente di fermare gli eventi in una testimonianza stabile.
La terza funzione è di carattere politico. Qualunque cosa succeda nei prossimi mesi, anche se il castello di menzogne, censure e costrizioni cui siamo stati sottoposti crollasse (ma ne dubito), quello che è accaduto in questi mesi segna una cesura storica. Abbiamo scoperto qualcosa che prima sospettavamo sì, ma che rimaneva sullo sfondo come una possibilità teorica. Abbiamo scoperto che tutte le nostre libertà, tutti i nostri diritti, tutto ciò che davamo per scontato in termini di libertà di espressione e pensiero, di autodeterminazione e indipendenza può essere cancellato in un momento, una volta che si presenti l’occasione; tutto ciò di cui c’è bisogno è un’emergenza (reale o artefatta) e il governo sostanziale dei media. Per chi ha vissuto e sta vivendo questa crisi dalla parte dei danneggiati, dei senza voce, dei ricattati, dei discriminati è chiaro che non ci sentiremo mai più al sicuro senza un’operazione radicale di ripristino dell’agibilità democratica, nel senso di una democrazia reale e non meramente formale. Nelle intenzioni dello scrivente questa raccolta, pur con i suoi limiti, vorrebbe cominciare a tirare una linea, vorrebbe estrarre un giudizio da cui partire per costruire qualcosa di nuovo.