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Maidan: solo i nostri “Dem” non sanno che fu Golpe

di Marco Bordoni - 28/02/2017

Fonte: SakerItalia

Da ormai tre anni fautori e detrattori del Maidan si confrontano in una serrata disputa terminologica: fu rivoluzione o colpo di stato? Gli amici “maidanisti” ci fanno notare che i colpi di stato li fa l’esercito, non la piazza. Quella fa le romantiche rivoluzioni.

Replica: ovviamente le rivoluzioni, come i colpi di stato, segnano un discontinuità istituzionale. Ma conta anche cosa è che si archivia. Quando il moto popolare abbatte un regime aristocratico sostituendolo con un corso liberale come in Francia nel 1789 è rivoluzione. Quando operai e contadini prendono il Palazzo d’Inverno sfrattando il governo borghese e consegnando il potere a consigli popolari di spontanea formazione (i soviet del 1917) è rivoluzione.

Ma quanto la rivoluzione rovescia una democrazia parlamentare il cui Presidente è stato eletto con procedura “efficiente, trasparente ed onesta” (OSCE, 2010), che rivoluzione è? Prendetevi tutto il tempo per pensarci: non abbiamo fretta. Non è mica una cosa importante, in fin dei conti: ha provocato solo una guerra civile.

Come come? Non vi viene in mente nulla? Volete “un aiutino”? Non c’è che da chiedere. I suggerimenti arrivano proprio dai vostri beniamini, quei signori che tre anni fa espugnarono il Parlamento di Kiev a mazzate, e che per questa prodezza sono portati in palmo di mano da tutti voi difensori della “democrazia europea”. Parliamo ovviamente dei leader Maidanisti, che hanno preparato la frittata con le loro mani, e che sono ovviamente i primi a sapere di aver rotto le uova della legalità democratica, una consapevolezza che non li lascia (comprensibilmente) sereni.

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2012: Porosenko ministro del governo Azarov, del Presidente Janukovich

Prendiamo ad esempio il caso di Willie Wonka Poroshenko che, assise le robuste terga sulla poltrona già calcata dal quasi altrettanto robusto posteriore del predecessore, fu il primo ad apprezzarne, per così dire, il punto di vista. Ovvero si rese conto che il precedente stabilito con il siluramento di Janukovich creava nella cosiddetta costituzione materiale una nuova procedura di impeachment (oltre a quella  codificata dagli art. 108 e 111 della costituzione formale), ovvero quella giustificata dalla “fuga”. Di solito un Presidente fugge quando tentano di fagli la pelle, e quindi stabilire che la fuga è legittimo motivo di decadenza dal titolo presidenziale equivale a disegnare un enorme bersaglio sulla fronte di chi se ne fregia: Poroshenko potrà anche non essere un costituzionalista raffinato, ma di certo è secondo a pochi nell’intuire le potenziali minacce ai suoi interessi. Per cui quando la (nuova) Rada votò (nelle varie colorazioni ultra nazionaliste) per far decadere Janukovich dal titolo di Presidente, Poroshenko impugnò la legge avanti la Corte Costituzionale chiedendo “riconoscersi che la legge del 4 febbraio 2015 sulla rimozione del titolo presidenziale a  Viktor Yanukovych è incostituzionale.”. Ovvia implicazione: incostituzionale era pure stata la sua deposizione, votata dallo stesso Poroshenko, che ad essa doveva la poltrona. Ricorso attualmente pendente: la Corte Costituzionale non ha a quanto pare fretta di pelare questa gatta.

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Lutesenko con la moglie nel 2013: al tempo studiava il sistema dall’interno: lei gli portava le arance, oggi è parlamentare

Anche Yuri Lustenko, il Procuratore Generale con esperienza maturata sul campo (conosce le carceri avendo visto il sole a scacchi), il fedelissimo Dzerzhinsky in vyshyvanka incaricato dal regime di Poroshenko di organizzare i processi politici, sta segnando al suo attivo, sul versante Janukovich, un’ottima strisciata di autogol. Ad esempio trascinando davanti al Tribunale cinque membri della polizia antisommossa Berkut, colpevoli di aver tenuto fede al proprio giuramento: processo in cui il Tribunale ha ammesso la testimonianza in videoconferenza di Janukovich che ha potuto così approfittare di una insperata tribuna per mettere a nudo le piccole sporche verità che Kiev ama dimenticare. Qualche settimana dopo  la Procura ha poi dato impulso al processo a carico dello stesso Yanukovich, imputato di tradimento delle funzioni presidenziali per avere, il 1  marzo 2014, scritto una lettera Putin chiedendo “di utilizzare le Forze Armate della Federazione Russa per ripristinare lo stato di diritto, la pace, l’ordine, la stabilità e la protezione della popolazione Ucraina”. Piccolo problema: se Janukovich era stato legalmente deposto il 23 febbraio come può avere tradito nell’esercizio delle sue funzioni il 1 marzo? Non c’è dubbio che sarà un processo divertente.

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Tyrchinov: “avrei costretto Yanukovich alle dimissioni”. Ti guardiamo in faccia e ti crediamo sulla fiducia.

Peraltro questo non è l’unico imbarazzo provocato dalle macchinazioni giudiziarie di Lutsenko. Lo show regalato dalla Procura a Janukovich ha permesso al Presidente deposto di accusare Oleksander Turchinov di aver tentato di ucciderlo durante la sua fuga verso la Russia dopo la rottura, da parte dell’opposizione, degli accordi del 21 febbraio. Turchinov, che dopo il putsch aveva assunto la carica di Presidente ad interim, e che ora sovraintende la sicurezza nazionale, ha ritenuto di replicare all’accusa con una lunga intervista al sito internet nazionalista censor.net. Ovviamente così facendo ha complicato le cose. Racconta Turchinov a Zensor

Yanukovich si è lamentato in diretta del fatto che io avrei cercato di ucciderlo, fermando l’elicottero sul quale stava cercando di lasciare il paese. La verità è che io stavo cercando di catturarlo, per portarlo a Kiev. Il problema è che c’era un intoppo legale: la nostra legislazione non prevede la fuga del Presidente.Secondo la Costituzione il Presidente può morire, ammalarsi, impazzire, si può dichiararlo inadatto, infine si può dimettere. Ma la Costituzione non parla di “fuga presidenziale”. Per questo motivo per me era importante catturare e portare a Kiev Janukovich. Avrei trovato  buoni “argomenti” per convincerlo a scrivere una dichiarazione di dimissioni volontarie, poi lo avrei mandato al carcere di Lukyanovka, in attesa del giusto verdetto del Tribunale per i suoi crimini.  

Cari amici innamorati del governo di Kiev: poteva il vostro Oleksander essere più chiaro? “Sapevano che Janukovich era ancora Presidente, quindi volevamo catturarlo per costringerlo con la tortura a rassegnare le dimissioni volontarie”. Gran pasta di democratico, nevvero?

Nei piani alti di Kiev, come si vede, tutti sanno quello che è successo nel febbraio del 2014: un sovvertimento violento e incostituzionale della legalità democratica. E ormai, frettolosamente sicuri dell’immunità, lo dicono apertamente. Quanto al popolo, dopo tre anni di lavaggio del cervello, con l’SBU alla porta, la maggioranza del sud est continua a rispondere ai sondaggi: si trattò di un golpe.

Gli scrupoli restano solo alle nostre latitudini, da parte dei sostenitori del “sogno europeo”. E’ passato tanto tempo ed una guerra civile, ma ancora ci stanno pensando: sarà stato colpo di stato o rivoluzione? Pensateci con calma, amici, non vi mettiamo fretta. Mentre ci pensate, il tempo galantuomo (e certi vostri beniamini che galantuomini non sono) ci stanno mostrando chi sono i veri spacciatori di bufale.

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articolo di Marco Bordoni per sakeritalia.it