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Restare tutti sulla stessa barca per vedere se davvero non affonda?

di Sergio Cabras - 25/11/2021

Restare tutti sulla stessa barca per vedere se davvero non affonda?

Fonte: Sergio Cabras

Guardando le cose in un’ottica un po’ più ampia che lo stretto ed immediato contingente si vede sempre che, dentro e sotto ciò che avviene, ci sono passaggi che si aprono la strada e si radicano nella mentalità delle persone – o nella mente collettiva, se vogliamo chiamarla così; nella cultura generalmente condivisa. E questi sono spesso l’aspetto più pesante, più preoccupante e pericoloso delle situazioni contingenti ed anche quello che porterà poi i frutti più velenosi.
Che quella in atto sia una sperimentazione condotta su scala dell’intera umanità (anche se per loro fortuna ce ne sono ancora parti difficilmente raggiungibili e poco globalizzate, che quindi ne resteranno fuori) non lo nascondono più nemmeno i suoi fautori. Ma di fronte all’innegabilità del fatto che si tratta di un esperimento, si afferma che è un esperimento necessario: l’unica possibilità che abbiamo e che quindi è un dovere civico parteciparvi (che sia l’unica possibilità è ampiamente dimostrato essere falso, dati i molteplici tipi di cure, domestiche e non, sperimentati ma che sono state tenute sotto silenzio quando non anche proibite, ma tant’è).
L’idea che sta passando è che allo scopo di “salvarsi” da eventuali pericoli (anche piuttosto ipotetici, nella gravità in cui vengono presentati, ma resi “veri” da una propaganda martellante) è possibile e giustificato fare esperimenti che coinvolgano, non solo singoli individui sostanzialmente non informati – al di là di ciò che gli si fa firmare -, non un’intera società, ma l’intera umanità.
Ed altrettanto l’idea che passa è che parteciparvi sia un dovere e che non farlo, perfino opporvisi, equivalga ad essere nemici, non solo della “Scienza” e del progresso, ma dell’umanità stessa. Perfino avere dei dubbi a riguardo, che non si sciolgano alle prime quattro chiacchiere dell’ “esperto” accreditato in TV, non è ammesso ed è sufficiente a venire etichettato come qualcuno da mettere al bando.
Oggi si tratta di “riconoscersi tutti sulla stessa barca” per salvarsi da un pericolo (diciamo), ma quanto breve sarà il prossimo passo quando verrà il momento di farlo per partecipare tutti insieme ad un “miglioramento” dell’umanità? Magari per lo sviluppo di tecniche o tecnologie, digitali o genetiche, per un essere umano “aumentato” o di una specie umana a cui applicare passaggi evolutivi artificialmente prodotti? Chi sarà tanto cieco ed egoista, ad esempio, da rifiutare di farsi installare un qualche chip o sequenza di DNA ingegnerizzato che ovviamente migliorerà la sua vita, ma poi permetterà di eliminare determinate malattie dalla faccia della terra, di allungare la durata della vita umana, di aumentare la capacità di provare (buoni) sentimenti, di amplificare l’intelligenza ecc…. per la propria o magari per future generazioni? Quale condanna meriterà chi si assumerà la responsabilità di lasciare i propri simili ed i propri discendenti nella misera condizione in cui gli esseri umani hanno vissuto finora, in balìa di ogni precarietà ed imperfezione, quando la tecnologia e la “Scienza” ora possono permetterci di diventare esseri superiori e prendere nelle nostre mani il nostro destino evolutivo?
C’è da aspettarsi che un tale giorno qualcuno non troverebbe strano nemmeno mettere tali reietti antisociali e nemici del progresso e dei propri simili in condizione, se non proprio di scomparire fisicamente, almeno di non diffondere e replicare i propri geni antiquati passandoli ad un’altra generazione.
Mentre la mentalità diffusa si sta avviando su questa strada, ovviamente in nome del progresso e per il bene dell’umanità (anche Hitler, del resto, era convinto di migliorare la razza umana eliminandone la componente genetica del popolo ebraico), scompare, al tempo stesso, l’inclinazione un tempo diffusa al pensiero critico. Nello specifico si fa più rara la considerazione del fatto che esperimenti di una portata simile possono essere condotti esclusivamente da entità, economiche, finanziarie, politiche, di dimensioni tali da poterlo fare (e come ci sono arrivate ad avere queste dimensioni?); e diventa più rara, perfino sconveniente, l’abitudine a domandarsi se questi soggetti così potenti non perseguano soprattutto, se non esclusivamente, i propri interessi e non abbiano mezzi tali da piegare gli interessi (di carriera, di visibilità, di successo, di ritorni economici, di quieto vivere…) di molti a coincidere con i propri e quindi se non siano perfettamente in grado di uniformare i comportamenti di tantissime persone ed istituzioni a ciò che è utile ai loro fini.
Quando si dice “prendere nelle nostre mani il nostro destino evolutivo” (forse non sarebbe una buona idea in assoluto, ma, anche lo fosse), parliamo di metterlo nelle mani di chi, in realtà?
Non possiamo ancora sapere se e quanto sia pericoloso l’esperimento attualmente in corso: è invece evidentissimo quanto terrificanti siano gli effetti che sta portando nell’accettazione pubblica dei cambiamenti che spianano la strada, da parte di chi vuol farlo (e lo sta facendo), a progetti transumanisti.
A volte viene da chiedersi come dovremmo definire il sistema politico-tecnologico-culturale che caratterizzerà l’epoca distopica nella quale stiamo entrando: io credo che “totalitarismo transumanista” sarebbe la definizione più appropriata.
Temo ce ne accorgeremo presto.