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Su Dante e l'esonero agli studenti islamici

di Mario Adinolfi blog - 26/05/2024

Su Dante e l'esonero agli studenti islamici

Fonte: Mario Adinolfi

Mi ha incuriosito subito la vicenda dei due studenti musulmani esentati a Treviso dallo studio della Divina Commedia perché Dante piazza Maometto all’Inferno. Pensavo agli studenti cattolici che potrebbero invocare lo stesso esonero visto che il Sommo Poeta inserisce tra gli eternamente dannati sia il Papa contemporaneo peraltro non ancora morto (Bonifacio VIII è deceduto nell’ottobre 1303, il viaggio nella “selva oscura” è datato 1300), che il suo predecessore tanto diverso in modi e personalità (Celestino V che ”fece per viltade il gran rifiuto”). Ovviamente gli studenti Lgbt possono evitare Dante grazie al girone assegnato ai sodomiti, ma pure gli etero potrebbero sentirsi offesi dalla condanna di Paolo e Francesca. Femministe sul piede di guerra per Pia de Tolomei, vittima di femminicidio ma non fatta volare in Paradiso, ciccioni pronti all’accusa di bodyshaming per come viene trattato il goloso Ciacco, insomma per ognuno dei 364 personaggi descritti da Dante nella sua opera può esserci motivo per un’attuale rimostranza. Perché?
Il motivo è semplice. Dante si prende il diritto di giudicare e di giudicare rispetto a un metro che distingue il bene dal male. Questo oggi non si può fare. Si può giudicare secondo la moda corrente, questo sì, lo si può fare secondo la categoria amico-nemico (se Chico Forti lo porta a casa Di Maio è un “capolavoro diplomatico”, se lo fa la Meloni accoglie in Italia “un assassino”), si possono usare due pesi e due misure a seconda del clan cui si appartiene. Non si può però usare il metro del bene e del male, soprattutto non si può giudicare sulla base di quel metro perché “chi decide cosa è bene e cosa è male”? Ponendo questa domanda si afferma in sostanza che bene e male non esistono in sé, sono mutevoli e relativi al tempo in cui si vive. Il metro del passato diventa quindi offensivo e insopportabile, tanto da dover essere cancellato assieme alle opere conseguenti. Questa è la base della cancel culture di cui l’esonero ai due studenti musulmani è frutto. Il problema della cancel culture è che cancella con un tratto di penna tutta la cultura di secoli. Non è la singola pagina della Divina Commedia a essere disturbante, è l’intera opera e la sua ratio che devono essere cancellate, ogni verso può essere considerato “offensivo” o “inappropriato”. È proprio il docente di Treviso a spiegarlo: per motivare l’esonero degli studenti musulmani ha scritto che il problema è che quella di Dante è “un’opera religiosa”.
Eccoci al punto. Punto di vista morale e spinta religiosa sono le fonti più pure dell’ispirazione artistica, senza bene e male non c’è narrazione, neanche quella storica che contiene sempre un giudizio. L’approccio che ha condotto all’esonero dei due studenti musulmani finisce per cancellare tutto. Dovremmo rivendicare invece, da italiani, l’approccio di Dante: esistono il bene e il male, metro di giudizio. Ciò non ci priva di uno sguardo pietoso sull’umanità, perché i primi peccatori siamo noi stessi, siamo noi a esserci persi nella “selva oscura”. Quello che sembra un giudizio è in realtà uno sguardo rivolto allo specchio. Che riflette tutta la verità delle nostre debolezze e dei nostri falsi miti. Maometto incluso. Quando Benedetto XVI a Ratisbona fece osservazioni non dissimili da quelle dantesche sull’Islam, ricevette ostracismo violento da tutte le élites culturali occidentali, addirittura gli venne vietato di parlare all’Università di Roma. Quelle élites non riuscivano a capire che se non usi il metro della verità, la conseguenza è la cancellazione dell’idea stessa di cultura di cui quelle élites si sentono portatrici. Di Dante non verrà strappata una pagina, ma l’intera opera. Non sarà che l’inizio. Siamo in tempo per rendercene conto?