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Suoni e colori, simbiosi perfetta

di Girolamo De Simone - 29/06/2021

Suoni e colori, simbiosi perfetta

Fonte: Alias

Goethe, nella celebre Teoria dei colori, si occupò anche dei rapporti col suono, considerando che occorressero genio, fortuna e scienza per ricondurre a leggi superiori e universali l’abbinamento suono/colore.

«Colore e suono – scriveva – sono come due fiumi che nascono da un’unica montagna, ma che scorrono in direzioni del tutto diverse», a meno che, aggiungeva, la musica non venga «sciolta» nei suoi primi elementi fisici. Nella parte conclusiva del trattato, Goethe ci parla di «Totalità e armonia», e ci racconta che «l’occhio cerca, accanto a ogni spazio colorato, uno spazio incolore sul quale produrre il colore che viene richiamato». Parimenti i suoni necessitano di pause, silenzi collocati nei luoghi opportuni, o regolatori dell’esecuzione di un brano, facendo in modo che quest’ultimo possa respirare e farsi vicino alla naturalezza della vita, anch’essa composta da momenti continui di tensione/distensione.

Goethe termina la sua Teoria con un capitolo sull’impiego allegorico, simbolico e mistico dei colori. Scrive che «il matematico apprezza il valore e l’uso del triangolo e il triangolo è tenuto in grande onore presso i mistici» (cit. p. 214); e, ancora, che «nel triangolo si possono schematizzare parecchie cose, e fra queste vi sono anche le manifestazioni di colore (…) in modo tale che per raddoppiamento e incrociamento si ottiene l’antico, misterioso esagono» (cit. p. 215). Il riferimento va a un apparato simbolico che può costituire un punto di partenza comune tra suoni e colori.

 

PITAGORA

Anche Pitagora usò una figura geometrica per trasformare in simbolo gli elementi più importanti della vita e del pensiero. Chiamò quella figura Tetraktys, simile a un triangolo, ma aperta ad altre letture non solo geometriche. Ad ogni sequenza di punti corrispondeva un simbolo: dai quattro elementi costitutivi della vita fino ai suoni che forse l’avevano generata. Ad ogni elemento fu possibile assegnare un colore. Paracelso individuò il verde come colore dell’acqua, perché la sua frequenza corrispondeva proprio a quel colore, e non al blu. Monteverdi, figlio di un chimico, collegò sommariamente le altezze ai moti dello spirito, dell’anima e del corpo.

Mescolando questa conoscenza e il complesso dei rapporti simbolici derivati dalla Tetraktys con gli armonici scaturiti da ogni nota musicale, si possono «adattare» questi suoni all’intonazione temperata comunemente usata in occidente (al fine di accordare gli strumenti dell’orchestra e consentire modulazioni più ardite) e individuare così una successione di suoni/nota, già conosciuta al grande compositore italiano Ferruccio Busoni. Possono così modellarsi delle «scale bimodali», ispirandole alle altezze musicali corrispondenti alle frequenze dei quattro colori/elementi pitagorici; per far ciò è possibile usare un «campo» di frequenze cromatiche attraverso uno schema sperimentato nel 1944 da Giambattista Callegari, visionario sperimentatore di radionica. Un sistema del genere può aiutarci nel «sincronizzare» suoni e colori perché le frequenze dei singoli suoni diventano l’ambito di movimento di una scala che è stata costruita tenendo conto degli armonici naturali di quel suono. Pertanto, si potrebbe scegliere un ambito nel quale far muovere la musica adattando il singolo suono/colore a uno spazio sonoro più esteso.

 

APPLICAZIONI

Un sistema del genere, che sfrutti cioè questi abbinamenti, può essere applicato in vari campi. Tra le correlazioni possibili, gli accostamenti suono/colore possono ad esempio essere sfruttati in cucina. Si tratta di fornire ai fruitori pietanze abbinate a brani composti appositamente, seguendo le sfumature di colore degli ingredienti prescelti; oppure ideare dei piatti partendo dalle caratteristiche frequenziali e musicali dei loro ingredienti: delle vere e proprie «compilation alchemiche» in grado di enfatizzare una esperienza completa di nutrimento, e moltiplicare i sapori attraverso interventi sinestetici.

Un’altra ricaduta di questi abbinamenti sinestetici può constatarsi nel campo della musicoterapia. Ogni colore può essere abbinato a un differente campo di altezze, e affiancarsi e forse facilitare le cure di specifici organi. Ad esempio, al verde vengono abbinate le cellule (con altezza d’ottava DO5); al rosso il sangue (DO7); al grigio perla il cuore e la rete arteriosa (DO8). Il giallo e l’arancio vengono considerati come integratori o accelleratori (DO6); il blu, l’indaco e il violetto influenzerebbero il sistema nervoso e neurovegetativo, con funzione analgesica (DO1).

 

LA QUINTA DI ROL

Queste correlazioni interessarono forse anche il sensitivo Gustavo Rol, amico e ispiratore di Federico Fellini, che fu consultato ripetutamente e per anni da uomini di potere, arte, cultura. Rol annotò su un suo diario: «Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale (scritta col numero romano V) e il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura. Non scriverò più nulla». Dopo questa annotazione, Rol si ritirò in monastero, uscendone solo dopo mesi e su richiesta della madre. In molti si interrogarono, sapendo ciò che riusciva a «vedere» e a «fare» Rol, su quale fosse quella correlazione «verde – ‘V’ – calore», dove evidentemente il calore è un effetto di ciò che si instaura tra il verde e la Quinta (V). Gustavo Rol si considerava nulla più di un canale, e con grande umiltà rifiutò di lucrare o fare «sistema» delle sue capacità, che non è il caso qui di approfondire, rimandando i lettori ai numerosi testi in circolazione e soprattutto all’unico volume che raccoglie parte dei suoi diari e lettere (Io sono la grondaia, a cura di Catterina Ferrari, Giunti, Firenze 2000).

La frase sulla relazione tra Quinta/Verde/calore viene riportata in molti studi senza indicare il numero romano (cosa che ha fuorviato parecchi musicisti, i quali hanno costruito brani utilizzando accordi di quinta). Ma sul diario, la grafia di Rol riporta indubitabilmente «V» in caratteri romani. In musica, ciò indica non la quinta dell’accordo, ma la quinta di una relazione scalare o di una sequenza (Rol fu profondo conoscitore della musica, e non si ritiene probabile un suo errore). La «V» musicale è forse un riferimento al circolo delle quinte naturali, che disegna una spirale non chiudendosi su se stesso come il circolo delle quinte temperate, il quale altera artificialmente l’altezza dei suoni. La spirale suggerisce la sezione aurea, col numero 1,61. Il verde ha frequenza radionica tra 1,000 e 1,999 e secondo Paracelso, come qui già riferito, è il colore dell’acqua, la quale a sua volta ha frequenza radionica di 1,600 ed è pari alla rotazione di 90°. Essa è pertanto il principio unificante tra gli elementi. Il simbolo dell’acqua è il triangolo che ha un grafismo simile a quello della «V». E la Tetraktys pitagorica è a sua volta un triangolo, in cui l’acqua corrisponde al 3:2, rapporto che esprime la quinta musicale. Quando il triangolo (acqua) ruota di 90° attorno al 3:2 (punto centrale del triangolo), genera altri triangoli che corrispondono ai quattro elementi (la linea disegnata sui simboli ne può suggerire la rotazione) e risulta pertanto quale «principio unificante». I simboli vanno infatti pensati in movimento: la stella a sei punte (sigillo di Salomone) rappresenta appunto la rotazione del triangolo in più direzioni.

Pertanto un’ipotesi potrebbe svelare la misteriosa annotazione di Gustavo Rol… il verde coincide con l’acqua e con la quinta musicale. Ma corrisponde anche alle cellule, e il movimento è calore. Quindi, dall’immersione nel verde e nelle diluizioni «omeopatiche» con l’acqua acqua sorgerebbe una relazione tra musica in movimento e… calore!