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Un secolo stupido

di Lorenzo D’Onofrio - 21/01/2021

Un secolo stupido

Fonte: Appelloalpopolo

Il mondo “complottista”, qualunque cosa questo termine voglia dire, è stato davvero l’arma di salvezza del potere liberal-globalizzatore che lo ha abilmente alimentato, almeno dall’11 settembre 2001. Un potere sempre più lontano dagli interessi popolari, delegittimato e squalificato in ogni sua espressione moderna, che ha esacerbato le disuguaglianze a ogni latitudine (per gestione diretta o interferenza) e annichilito il meccanismo democratico della politica. In un trentennio ha completato la restaurazione di quel modello ottocentesco che, dopo due conflitti mondiali, aveva ceduto il passo alle esperienze costituzionali, alla partecipazione delle masse popolari, ai tentativi di affermazione del socialismo. Sembra impossibile, ma in neanche due decenni, dall’aspirazione socialista siamo passati all’ispirazione social individualista.

L’esplosione del fenomeno social ha amplificato e velocizzato vorticosamente il tritacarne già sperimentato con la TV commerciale, in cui sono aboliti sia i confini spazio-temporali che quelli fra il serio e il faceto, fra la gioia e l’orrore, fra il politicamente corretto e la provocazione fine a se stessa, il tutto mascherato dall’illusione egotica della partecipazione influente e della democrazia diretta.

Ogni cosa viene quotidianamente ingurgitata, digerita e rimossa senza lasciare ricordi nitidi di eventi, notizie, dichiarazioni, comportamenti, ma solo emozioni confusamente estemporanee, da un lato, e sedimenti che modificano impietosamente e morbosamente il modo di essere dell’individuo nel rapporto con sé e con il circostante, dall’altro. Un mondo frettoloso e impaziente in cui tutto può e deve essere alterato e impacchettato per essere comunicato, anche il pensiero… anche il vuoto… ma quasi più nulla viene preso sul serio, soprattutto da quando ogni avvenimento è immediatamente stravolto da una memetica diventata troppo ingombrante, anche quando effettivamente divertente. L’unica cosa per cui non c’è spazio, che non si perdona, è la sincerità e quindi l’obiettività, troppo pesante, troppo vicina alla realtà, troppo pericolosa in un secolo stupido in cui non conta ciò che accade, ma come viene narrato e la verità deve essere quindi relativa, sempre in evoluzione, flessibile, adattabile. E l’uomo medio iperconnesso è diventato centro di un altro mondo (il suo) cucitogli addosso a suon di spot e cartelloni pubblicitari prima, di algoritmi poi, che lo hanno trasformato in un presuntuoso depositario di ogni sapere da coltivare senza sforzo, con appena un paio di click, controfigura farsesca e poco divertente di un Marchese Onofrio Del Grillo invecchiato davvero male.

Inutile negarlo, siamo tutti un po’ vittime di questo meccanismo. Un meccanismo drammaticamente paralizzante che blocca il pensiero, perché la mente è sempre più incapace di assorbire ed elaborare le informazioni e gli stimoli dai quali è continuamente aggredita, e quindi l’azione. E se il pensiero e la capacità critica restano ingabbiati, non c’è spazio per le sfumature, ma esistono solo polarizzazioni indotte dagli stimoli esterni, su ogni argomento o accadimento, entrambe orientate dal potere liberal-globalizzatore che, essendo soprattutto potere economico, prima che politico, ha il pieno controllo dell’informazione, anche quella che corre in rete e sui social ingenuamente ritenuti regno della libertà di espressione, e riesce fin troppo facilmente ad imporre la narrazione, il linguaggio, gli argomenti, la contronarrazione. Basti pensare a come sia stato piazzato al centro del dibattito il fantomatico “Grande Reset”, che anche il mondo della “controinformazione” ha subito fatto proprio. Esattamente come il mondo “antagonista” fece proprio il tema della globalizzazione sul finire del millennio, accettandone anche linguaggio ed etichette, quelle etichette che presto, soprattutto dopo i fatti di Genova, acquisirono nell’immaginario collettivo (accuratamente orientato dai media) una accezione negativa, indice di violenza, sovversione, rifiuto della democrazia: ricorda qualcosa? Già perché comunque la si pensi sull’origine dei BLACK BLOC, l’effetto della narrazione delle loro gesta fu una delegittimazione delle ragioni di un variegato movimento che contestava l’avvento di un modello economico e sociale ottocentesco e la edulcorazione delle prospettive ed opportunità del “nuovo” globalismo. A 20 anni di distanza il fenomeno si ripete, ma nel tempo della stupidità e della banalità, si ripete come FARSA, in un GRANDE MEME in cui lo stesso potere liberal-globalizzatore ispira, solletica e amplifica le contronarrazioni più inverosimili, finendo addirittura per agevolarne la diffusione e l’azione, per poi accomunarle a ogni genere di contestazione dell’esistente, sotto l’etichetta di “COMPLOTTISMO / NEGAZIONISMO”. Ancora una volta e in maniera più assorbente, tutto ciò che si oppone in vario modo alla narrazione dominante finisce nel tritacarne dal quale fuoriesce come un unico spauracchio, che non solo non lascia spazio a sfumature, ma addirittura ingabbia fenomeni diversissimi e spesso antitetici. In questa gabbia, mediatica e social, il pensiero critico e propositivo fatica a trovare voce, ignorato dai riflettori e soffocato dalla premeditata amplificazione del delirio irrazionale e distruttivo. Delirio che, agevolando la narrazione di un nuovo pericolo democratico, rischia di indurre i più a cercare rifugio nel pensiero consolidato, gli altri, i pochi che erano usciti dalla “caverna”, a rientrarci per sfiducia nel cambiamento o per masochistico spirito di conservazione. Non so se qualcosa di simile sia già storicamente accaduto, in forme e tempi ovviamente diversi, ma credo, oggi più che mai, che sia tremendamente illusorio pensare a soluzioni immediate ed eclatanti, che non siano costruite, mattone su mattone, nel corso della intera vita di più generazioni, ed agevolate da processi drammatici che la mia generazione, fino a qualche anno fa, non avrebbe mai immaginato di poter vivere. Tutto sommato, toccherà attraversare un’epoca interessante, cercando di farlo da protagonisti… quando rischiavamo di morire come pigri e frustrati consumatori.