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Una lettura più analitica e precisa dei dati dell’ultimo aggiornamento del rapporto del Ministero della salute britannico sulle varianti

di Stefano D'Andrea - 08/09/2021

Una lettura più analitica e precisa dei dati dell’ultimo aggiornamento del rapporto del Ministero della salute britannico sulle varianti

Fonte: Appello al Popolo

La battaglia contro il green pass e l’obbligo vaccinale non ha alcun bisogno di negare una efficacia, parziale e probabilmente a tempo, del vaccino.
E’ stato pubblicato l’aggiornamento n. 22 del rapporto del Ministero della salute britannica sulle varianti, con data 3 settembre e con dati relativi al periodo I febbraio-29 agosto. Considerato che in questo momento e da alcuni mesi in Gran Bretagna la variante Delta coincide al 99% con il Covid, è utile analizzare i dati relativi a casi e decessi per variante Delta.

Nella giornata di ieri sono stati divulgati, da alcuni critici del green pass e dell’obbligo vaccinale, commenti a mio avviso imprecisi. Se vi erano errori è giusto correggerli. Se non vi erano, e sto sbagliando io, sarò felice di correggere i miei. Prego chi intenda segnalarli di scrivere un commento a questo post.

Una cosa è certa: la battaglia contro il green pass e l’obbligo vaccinale non ha alcun bisogno di letture frettolose dei dati, volte a negare una eventuale efficacia parziale e provvisoria dei vaccini. Dico letture frettolose e non letture interessate perché attribuisco a fretta o errore e non a dolo la errata lettura dei dati. Ribadisco però che non esiste alcun interesse a negare la efficacia del vaccino che dovesse risultare dai dati. Esiste soltanto l’interesse a negare la propaganda che, soprattutto in passato – ormai, anche se pian piano, stanno cominciando a prendere atto della verità – ha attribuito ai vaccini una efficacia risolutiva o quasi.

Infatti, la ragionevolezza e la sensatezza delle critiche contro il green pass e l’obbligo vaccinale non dipendono minimamente dalla esistenza o inesistenza di una efficacia, parziale e a tempo, dei vaccini.

Rapporto tra vaccinati e non vaccinati nei nuovi casi e su tutta la popolazione. Limitatissima efficacia protettiva dall’infezione del vaccino a distanza di 4-8 mesi tra gli ultracinquantenni.
Per accertare, sia pure in modo sommario, se vi sia e quale sia l’efficacia protettiva dei vaccini rispetto all’infezione, bisogna seguire una strada un po’ complessa. È necessario mettere a confronto l’ultimo e il penultimo aggiornamento del rapporto, il n. 21. Il confronto ci dirà quanti sono stati gli infettati vaccinati e gli infettati non vaccinati negli ultimi 15 giorni (15 non 14 questa volta, perché c’era il ferragosto di mezzo). Questa operazione è necessaria perché i numeri assoluti sono il risultato di infezioni verificatesi in 7 mesi, a partire dal I febbraio (a rigore in 5 mesi, visto che la Delta muove i primi passi a fine marzo) e non è dato sapere nei vari momenti quanti fossero i vaccinati e quanti i non vaccinati. Isolando invece le infezioni verificatesi nell’ultimo periodo, è sensato compararle con i dati attuali su vaccinati e non vaccinati.

Svolgerò il calcolo con riguardo agli ultracinquantenni, considerato che, stando ai dati dell’ISS in Italia il 99,1% dei morti riguarda persone sopra i cinquanta anni e che in questa fascia si trovano, per lo più, le persone con malattie precedentemente diagnosticate che, sempre secondo i dati dell’ISS, in Italia costituiscono il 97% delle persone decedute.

Sottraendo dal numero totale di casi tra gli ultracinquantenni non vaccinati (6.724) alla data del 29 agosto, che risulta dall’ultimo rapporto, i casi degli ultracinquantenni non vaccinati alla data del 14 agosto (4.891), che risultano dal penultimo (si vedano le tavole n. 5 dei due aggiornamenti), si scopre che negli ultimi 15 giorni vi sono stati 1833 positivi tra gli ultracinquantenni non vaccinati.

Facendo la stessa sottrazione per i completamente vaccinati, si scopre che negli ultimi 15 giorni vi sono stati 18.592 casi tra gli ultracinqueantenni completamente vaccinati (51.420 meno 32.828).

Per gli ultracinquantenni, dunque, il rapporto tra nuovi infettati vaccinati e nuovi infettati non vaccinati è di circa 10 a 1 (18.592/1.833).

Se si guarda all’intera popolazione ultracinquantenne, il rapporto tra vaccinati e non vaccinati è superiore a 10 a 1 anche se di pochissimo; al più sarà di 12 a 1 o 13 a 1.

Infatti, dal grafico del Guardian che si trova scorrendo la pagina, risulta che i non vaccinati sono:

il 13,5% nella fascia di età che va dai 50 ai 54 anni (vaccinati 83%; l’altro 3,5% è parzialmente vaccinato); rapporto 7 a 1

l’11% dai 55 ai 59 anni (vaccinati completi 86%; d’ora in avanti ignoro le limitate percentuali dei parzialmente vaccinati); rapporto 8 a 1;

il 9% dai 60 ai 64 anni (88% di vaccinati completi); rapporto 10 a 1;

il 7,5% dai 65 ai 69 anni (91% di vaccinati completi) rapporto 12 a 1;

il 6% dai 70 ai 74 anni (93% di vaccinati completi) rapporto 15 a 1;

Nelle tre fasce delle persone che vanno dai 75 agli 89 anni, i non vaccinati sono sempre il 5% contro il 93% (in un caso 94), e quindi il rapporto è di 18 a 1; mentre nella fascia dai novanta in su, i non vaccinati tornano ad essere il 6,5% e quindi il rapporto è 15 a 1.

Inoltre, ipotizzando una distribuzione della popolazione simile a quella italiana (non posseggo i dati sulla distribuzione della popolazione della Gran Bretagna nelle varie fasce di età), si deve considerare che la fascia più numerosa è quella dai 50 ai 54 anni (in Italia è l’8,2% della popolazione); dunque una fascia in cui il rapporto (7 a 1) è inferiore a quello di 10 a 1.

Segue la fascia dai 55 ai 59, alla quale in Italia appartiene il 7,6% della popolazione; anche in questa fascia il rapporto è inferiore al rapporto tra infettati vaccinati e infettati non vaccinati negli ultimi quindici giorni (8 a 1 anziché 10 a 1).

Poi la fascia dai 60 ai 64 anni, alla quale in Italia appartiene il 6,5% della popolazione; in questa fascia il rapporto tra vaccinati e non vaccinati coincide con il rapporto tra infettati vaccinati e non vaccinati negli ultimi 15 giorni: 10 a 1.

Se si sommano le percentuali della popolazione che appartengono alle fasce di età superiori ai 64 anni, in Italia sono il 23,1%.

Pertanto abbiamo, in ipotesi:

una fascia di popolazione (6,5%) in cui vi è coincidenza del rapporto tra infettati vaccinati e infettati non vaccinati (negli ultimi 15 giorni), e del rapporto generale tra vaccinati e non (dai 60 ai 64 anni): ricordo che il rapporto è di 10 a 1;

una fascia di popolazione pari al 15,8% (8,2% dai 50 ai 54 e 7,6% dai 55 ai 59) nella quale il rapporto tra vaccinati e non vaccinati (che è 7 a 1 per una parte di essa e 8 a 1 per l’altra) è inferiore al rapporto tra infettati vaccinati e infettati non vaccinati negli ultimi quindici giorni;

e una fascia di popolazione del 23,1% in cui il rapporto tra vaccinati e non vaccinati (il quale è talvolta di 12 a 1, talaltra di 15 a 1 e per alcune età di 18 a 1) è maggiore del rapporto tra infettati vaccinati e non vaccinati negli ultimi quindici giorni.

Escludendo la prima fascia, nella quale vi è coincidenza dei due rapporti, e considerando le altre due macro-fasce, nella macro-fascia più grande – 23,1% è quasi 3/2 di 15,8% – abbiamo una distanza (di 2, 5, e 8 punti: 12 a 1, 15 a 1 e 18 a 1) dal rapporto di 10 a 1, molto maggiore rispetto alla distanza che abbiamo nella macro-fascia più piccola (di 3 e 2 punti: 7 a 1 e 8 a 1).

Tutte e due gli elementi, dunque – quantità delle persone e distanza dal rapporto di 10 a 1 – militano nel senso che il rapporto avrebbe dovuto essere un po’ superiore a 10 a 1. Diciamo, a occhio, 12 a 1 o 13 a 1.

Insomma, è sensato ipotizzare che, in questo momento, in Gran Bretagna, se 12-13 non vaccinati ultracinquantenni vengono a contatto con il virus, tutti si infettano e infettano. Se 12-13 vaccinati ultracinquantenni vengono a contatto con il virus, dieci di loro si infettano e infettano e 2-3 no (verisimilmente si infettano per mezz’ora e poi sconfiggono il virus, come i naturalmente immuni, sicché sfuggono al tampone). E’ probabile che coloro che si sono vaccinati di recente abbiano spesso una certa protezione anche dall’infezione.

L’idea che si infettino di più i vaccinati, almeno per gli ultracinquantenni, è poi radicalmente smentita dai dati e può essere sostenuta soltanto in mala fede, salvo che io abbia commesso un errore nel ragionamento testé esposto. Ripeto che se qualcuno volesse segnalarmi eventuali errori sarei felice.

Conseguenze sul green pass.
Stando così le cose, il green pass non ha alcun senso razionale. Esso, anche a prescindere da molte altre considerazioni, discrimina arbitrariamente, perché non crea alcuna sicurezza negli ambienti in cui si applica la discriminazione e anzi può portare e porterà a un inconsapevole, infondato, e pericolosissimo, senso di sicurezza che agevolerà l’infezione tra i vaccinati (e i tamponati).

Sotto questo profilo il green pass è irragionevole e pertanto incostituzionale.

Se invece si volesse ravvisare la ratio del green pass nella coazione a far vaccinare le persone, dunque in una arbitraria discriminazione che ha la funzione di costringere ad esercitare un diritto (il diritto di vaccinarsi) e a non esercitarne un altro (il diritto a non vaccinarsi), allora la disciplina che prevede il green pass va considerata alla stregua di una disciplina che impone l’obbligo vaccinale, per la quale mancano oggi i presupposti (e mancheranno almeno per una decina di anni) che, in ipotesi, la renderebbero costituzionale; essa è tanto più incostituzionale perché oltre a condizionare, illegittimamente, l’esercizio di un diritto, crea una falsa sicurezza mettendo a rischio la salute delle persone che sono più fragili.

In questa seconda ipotesi avremmo un fine perfido e miserabile, perseguito cinicamente.

La protezione dall’evento morte.
Su 6.724 infettati non vaccinati sopra i 50 anni ne sono morti 437. Una letalità del 6,4% (437 x 100 : 6724 fa 6,4).

Su 51420 infettati sopra i 50 anni ne sono morti 1054. Una letalità del 2,04% (1054 x 100 : 51420 fa 2,04).

Ovviamente quando parliamo di morti sopra i 50 anni dobbiamo ricordare che l’ISS ci dice che l’86% dei morti ha più di 70 anni (e lo 0,9% meno di 50) e che quindi in gran parte si tratta di persone che non hanno solo più di 50 anni ma più di 70. E dobbiamo anche ricordare che il 97% dei morti ha patologie gravi precedentemente diagnosticate, sicché i morti di cui parliamo solo nella misura del 3% sono persone sane (quindi mediamente 13 tra i 437 non vaccinati morti in Gran Bretagna per la Delta).

Tuttavia, è insensato, sulla base del rapporto del Ministero della salute britannico, negare che il vaccino abbia una efficacia protettiva dall’evento morte.

Congiungendo i due tipi di efficacia (da infezione e contro l’evento morte), abbiamo che, se vengono a contatto con il virus 120 vaccinati con più di 50 anni, che al 97% abbiano patologie pregresse, e 120 non vaccinati  con più di 50 anni, che al 97% abbiano patologie pregresse, dei 100 vaccinati che si infettano ne muoiono 2 (2,04 per la precisione) e dei 120 non vaccinati che si infettano ne muoiono 7,68 (100:6,4=120:7,68).

Questa efficacia del vaccino – che prescinde del tutto: dalla questione degli effetti collaterali, dall’ipotesi che con il tempo essa sia destinata a scendere e scomparire e quindi dalla asserita necessità di altre dosi continue e perpetue, e da eventuali conseguenze negative o catastrofiche di ulteriori dosi; e che non ha alcun riguardo alla questione fondamentale relativa alla insensatezza del vaccino nei bambini e nei ragazzi, alla questione della assurdità del vaccino per coloro che hanno avuto il covid, e alla questione dalla opinabilità del vaccino per le persone sane – non è di ostacolo minimamente alla battaglia contro l’eventuale obbligo vaccinale, che ieri Draghi ha rinviato al 2023 (sa già che governerà anche nel 2023?). Non capisco, perciò, per quale ragione debba essere negata.

I morti sono pochi rispetto ai casi, se paragonati alle altre ondate, grazie al vaccino (ma per gli infracinquantenni la Delta, come ho notato più volte sempre commentando il rapporto inglese, è molto meno letale rispetto alla Alpha, anche per i non vaccinati: quindi i morti sono di meno anche grazie al vaccino, e non soltanto grazie al vaccino). Il vaccino evita la morte di quelli che morivano, ossia al 97% persone non sane, che nell’86% dei casi hanno più di 70 anni. Non ovviamente la morte di quelli che non morivano.  La evita in parte e forse provvisoriamente. Ma in parte e provvisoriamente la evita. Questo dicono i dati inglesi.

Ciò consente già da adesso di tornare a una normalità quasi completa, accettando che la pandemia faccia 30.000 morti l’anno (sia pur contati con i criteri a maglie larghe che hanno caratterizzato l’Italia) anziché (quasi) 100.000 (erano quasi 100.000 a fine febbraio 2021), e lasciando le persone libere di vaccinarsi o di non vaccinarsi. Bisogna soltanto prendere atto di un fatto: per alcuni anni ci sarà la pandemia.

Perciò chi sceglie di vaccinarsi dovrebbe farlo, se non è un soggetto a rischio, per andare incontro al virus, non per sfuggire in perpetuo: per far sì che la vaccinazione ricevuta sia l’ultima, non per vaccinarsi ogni otto mesi. Solo l’immunità naturale di quasi tutti, ricevuta da non vaccinati o da vaccinati, renderà il virus endemico.