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“Solidarnosc”: gli operai contro i comunisti (recensione)

di Luigi Grisolia - 15/04/2007

Fonte: scriptamanent


Un raccolta di interventi stimola nuove riflessioni sul movimento polacco, che ha organizzato l’opposizione al giogo sovietico e conquistato la libertà

Sono passati oltre quindici anni dal crollo del Muro di Berlino e dalle prime elezioni pienamente democratiche in Polonia (datate 1991), ma, nella memoria storica collettiva, resta indelebile l’azione e il ruolo decisivo svolto, nella lotta al comunismo e nel processo di democratizzazione polacco, da “Solidarnosc”.
Vincenzo Bova, docente di Sociologia dei movimenti collettivi presso l’Unical, ha curato un interessante libro dal titolo Solidarnosc 25 anni dopo. Riflessioni sull’esperienza di un movimento (Rubbettino, pp. 204, € 10,00), che, attraverso gli interventi di vari studiosi e politici (tra cui spiccano Giulio Andreotti, Giorgio Napolitano e Lech Walesa), analizza le diverse sfaccettature di quella straordinaria esperienza, offrendo molteplici spunti di riflessione ed approfondimento.
Straordinaria, si. Non è nostra abitudine usare termini iperelogiativi, ma, in questo caso, crediamo che tale giudizio sia obiettivo. Basti solo pensare che, grazie a “Solidarnosc”, in Polonia, il primo governo non comunista, guidato da Taduesz Mazowiecki, entra in carica due mesi prima della caduta del Muro, in seguito ad elezioni parzialmente libere (ma, comunque, consultazioni in un paese ancora parte del blocco sovietico).
O ancora: Walesa – che, lo ricordiamo, per dieci anni ha guidato il movimento e per quattro è stato presidente della Polonia – ricorda di come, quando si chiese consiglio ai grandi dell’Occidente su come organizzare il “polo unico” (perché, prima di “Solidarnosc”, il grosso problema era che nel paese l’opposizione, diffusa, era troppo frammentata), da tutti arrivava la stessa risposta: «non avete alcuna chance; ci sono i missili, i carri armati, gli interessi opposti dei due blocchi, senza un’arma nucleare la questione non si risolve». E invece...

Le caratteristiche di un «movimento sociale collettivo»
Non è facile dire cosa è “Solidarnosc”. Probabilmente perché è stata, e forse resterà, un’esperienza unica. Bova, seguendo in particolare Alain Touraine, lo definisce un movimento sociale collettivo, con la caratteristica “di essere al tempo stesso movimento democratico, rivendicativo di una coscienza nazionale contro la dipendenza dallo straniero e lotta di classe operaia”. In altri termini, il soggetto unico ed adeguato per la difesa e l’affermazione dell’identità culturale, dell’autosviluppo e del soddisfacimento dei bisogni fondamentali del popolo polacco».
In effetti, questo soggetto è allo stesso tempo sindacato, movimento democratico e movimento di liberazione nazionale. Ancora Bova sottolinea come quel che accade in Polonia nell’agosto del 1980 «non poteva essere soltanto sindacato, perché non può esistere solo un sindacato e solo lotta operaia quando il datore di lavoro è lo Stato. E non poteva essere soltanto sindacato e soltanto movimento democratico quando la politica all’interno della nazione dipende dalle relazioni di dominio che la Polonia dopo Yalta subiva da parte dell’Unione Sovietica».
E qui emerge un altro punto importante: “Solidarnosc” combatte il sistema comunista. Gli operai si oppongono ad un sistema che governava in loro nome. È un passo fondamentale: anche sulla scena internazionale, nei due blocchi, si comincia a capire che c’è qualcosa che non va. I partiti comunisti occidentali (in particolare, quello italiano e francese), soprattutto nelle loro frange più estreme, sono sbalorditi. Del resto, Napolitano evidenzia che “Solidarnosc” aiutò il Pci a cambiare, a mettere in discussione se stesso. E questo soprattutto in quanto la nascita, il successo e il seguito delle lotte del movimento fecero cadere «il velo ideologico che impediva di cogliere la realtà effettiva dei sistemi esistenti all’estero». Ossia quel mito, diffuso tra i comunisti italiani, secondo cui lì si era realizzato il socialismo, e che in quei paesi si governava in nome della classe operaia.

Gli operai contro i comunisti
Andrzej Wielowieyski sottolinea come nella società comunista ci fossero due contraddizioni, che rappresentavano dei freni allo sviluppo: da una parte, una mancanza di creatività, di innovazione, di dinamismo nel settore economico (un sistema, insomma, profondamente conservatore); dall’altra, la proprietà del paese (e quindi di tutta l’economia). Proprietario della Repubblica popolare di Polonia era il partito comunista, che, secondo lo studioso, era paragonabile come organizzazione e centralizzazione, ad una mafia.
Un altro dato curioso, e che conferma quanto detto, è il fatto che tutte le azioni intraprese contro il partito ebbero luogo soprattutto nei grandi stabilimenti industriali. Nota Wielowieyski: «questa è una diagnosi molto importante dal punto di vista del funzionamento della rappresentanza operaia, perché negli stabilimenti medi e piccoli i partiti comunisti esprimevano, fino a un certo grado, gli interessi degli operai. Certo, non completamente, anche vi era una disciplina di partito che potremmo chiamare mafiosa, ma si sentivano anche i rappresentanti dei lavoratori».
In quelli grandi, specie se con oltre mille addetti, il proprietario era il segretario del partito. Era lui l’avversario. Gli operai contro i proprietari. Cioè contro gli esponenti del partito comunista, che si proclamava, nella teoria e nella prassi, partito degli operai.



(www.scriptamanent.net, anno V, n. 41, aprile 2007)