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Iraq, Moqtada ritira i suoi ministri: ritirate le truppe occupanti

di redazione - 17/04/2007

Il movimento dell'ayatollah rompe con l'esecutivo al-Maliki
"Il primo ministro deve esprimere la volontà del popolo iracheno. Milioni di persone hanno manifestato chiedendo un calendario per il ritiro. Abbiamo notato che la risposta del primo ministro non ha espresso la volontà del popolo. Per alleviare le sofferenze del paziente popolo iracheno, abbiamo ritenuto fosse necessario ordinare ai ministri del blocco sadrista di ritirarsi immediatamente dal governo".

una seduta del parlamento irachenoVia dal governo. Con queste parole, nel corso di una conferenza stampa tenuta oggi a Baghdad, Nassar al-Rubaie, il capogruppo dei deputati vicini all'ayatollah sciita Moqtada al-Sadr, ha annunciato che i sei ministri del loro movimento lasciano il governo presieduto dal premier Nouri al-Maliki. La rottura è avvenuta sulla data del ritiro delle truppe straniere presenti in Iraq, in particolare quelle statunitensi. Proprio per questo, lunedì scorso a Najaf, migliaia di persone avevano chiesto il ritiro delle truppe Usa in occasione delle manifestazioni per i quattro anni dalla caduta del regime di Saddam Hussein. Il movimento di al-Sadr non ha un peso secondario, contando su sei ministri e 32 parlamentari, pari a un quarto dei seggi del Parlamento iracheno.
A novembre scorso, per due mesi, tutti i ministri e i deputati della corrente sadrista si erano astenuti da ogni attività istituzionale per protestare contro un incontro ad Amman, in Giordania, del premier iracheno con il presidente Usa George W. Bush. Questa volta però, secondo quanto assicurato da al-Rubaie, gli uomini di Moqtada continueranno la loro attività parlamentare.

l'ayatollah moqtada al-sadrUna lunga storia. La decisione del movimento non è giunta inattesa, in quanto già ieri si ventilava l'ipotesi di un abbandono della compagine governativa. La rottura è addebitabile alle dichiarazioni di al-Maliki, che, durante una visita ufficiale in Giappone, il 10 aprile scorso, aveva tuonato: “Non c'è alcun bisogno di uno scadenzario per la ritirata”, rispondendo così alle mozioni del Senato e della Camera dei Deputati Usa che accettavano la richiesta di rifinanziamento della missione in Iraq, ma fissavano rispettivamente al 30 marzo e al 31 agosto 2008 le date del ritiro. Il disagio della compagine di Moqtada, unica formazione al governo a essere una spina nel fianco della Coalizione, nasce in realtà molto prima, e riguarda i legami del predicatore radicale sciita con l'Iran. I rapporti di Moqtada con gli Usa sono sempre stati tormentati, in quanto per il governo di Washington l'ayatollah rappresenta la quinta colonna iraniana in Iraq. Dopo la caduta di Saddam, i miliziani di Sadr, noti come 'esercito del Mahdi', si erano scontrati ferocemente con le truppe Usa, soprattutto a Najaf. Alla fine però, grazie alla mediazione dell'ayatollah al-Sistani, si era giunti a una tregua, con il coinvolgimento del movimento di Moqtada nel processo elettorale prima e nel governo poi. Da quel momento, soprattutto negli ultimi mesi, la situazione si è deteriorata sempre di più, in parallelo con i rapporti tra Teheran e gli Stati Uniti. Prima viene arrestato, dalle truppe della Coalizione, il portavoce di Moqtada e poi, a febbraio, si sparge la voce che l'ayatollah sciita sia fuggito a Teheran. Il governo di Washington ritiene le milizie del Mahdi pesantemente coinvolte nella strage interconfessionale che quotidianamente insanguina il paese. Ma ritiene soprattutto che l'Iran si stia rafforzando troppo nella regione. E c'è da scommettere che le dimissioni dei ministri di al-Sadr rappresentano solo una parte dello scontro tra gli Usa e Teheran.