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La Storia nera spiegata a mia figlia (recensione)

di Guido Ruotolo - 21/04/2007

 
 
 
Di quel passato non c’è nulla che possa essere giustificato, esaltato. Eravamo in guerra, e oggi che siamo in pace non possiamo difendere quella guerra civile che è stata tragica e sbagliata. I conti con la giustizia li ho saldati, gli altri sono ancora aperti. Non pretendo nulla, io, noi che siamo stati i finti responsabili della strage di Bologna». Valerio Fioravanti smanetta su Internet, raccoglie dossier, statistiche, analisi, dati. Ogni giorno. E’ il suo lavoro. Monteverde, casa, via di Torre Argentina, ufficio. Tutti i santi giorni. Nella sede storica dei radicali, il fondatore dei Nar, Valerio Fioravanti, (e sua moglie Francesca Mambro), lavora all’Associazione «Nessuno tocchi Caino», contro la pena di morte. Oggi arriva in libreria «Storia Nera», un libro di Andrea Colombo (ex manifesto, portavoce di Rifondazione comunista), che parla di quella strage orrenda costata 85 morti e 200 feriti: Bologna, appunto. Colombo racconta la «verità» sull’attentato di Valerio Fioravanti e di Francesca Mambro, condannati insieme a Luigi Ciavardini per la strage del 2 agosto del 1980. Valerio “Giusva” Fioravanti tiene a precisare: «E’ solo un libro, non ha l’obiettivo di ottenere la revisione del processo. I processi non si fanno sui libri né in televisione ma in aula di Tribunale. Per Bologna ho finito di scontare la pena e dunque sono in una posizione comoda: ho il diritto di chiedere di riparlarne. Il libro è un’occasione per farlo». Ventisette anni dopo, e dopo una stagione di processi per i 33 omicidi commessi dai Nar, ai quali si aggiungono sul conto della giustizia gli 85 morti di Bologna, chiede di riparlarne. Lei non ha mai voluto esprimere un giudizio su quella tragica esperienza di lotta armata? «Due anni è durata, la stagione dei Nar. Quando sento parlare gli ex terroristi provo disagio perché mi sembra che tutti si giustifichino. Sostanzialmente arrivano alla conclusione di riconoscere la sconfitta ma solo perché mancavano i numeri per vincere. Ancora oggi non riesco a esprimere un giudizio sulla stagione dei Nar.

Perché non intendo giustificarla, commemorarla, esaltarla. L’autore di “Storia nera”, Andrea Colombo, racconta dei Nar come di un gruppo molto più politico di altri, che la politica intesero farla in maniera anarcoide, distruttiva e autodistruttiva». A sua figlia Arianna, un giorno racconterà chi era Valerio Fioravanti? «Alcune cose, sia pure in modo sommario, io e Francesca già gliele spieghiamo. E’ difficile dire chi eravamo. A suo tempo, la definizione che demmo a Giovanni Bianconi è questa: fummo una sorta di “Ragazzi della via Pal” in versione esagerata. Ci siamo schierati a difesa del territorio, dell’onore, di cose difficilissime da spiegare oggi. Erano anni in cui ci si menava, ci si sparava per strada e noi abbiamo fatto parte di quel giro. La difficoltà per gli altri è stata quella di comprendere che noi eravamo consapevoli della esiguità delle nostre forze (il Msi prendeva il 4% dei voti, il Pci il 32%). Solo degli asini integrali avrebbero potuto pensare di arrivare al potere. Insomma, noi abbiamo fatto politica, anche politica armata, sapendo che eravamo destinati alla sconfitta». Siete stati dei moderni kamikaze? «No. Semmai i ragazzini di Berlino che resistono consapevoli di essere sopraffatti, o quelli della Repubblica sociale convinti che la guerra era persa, ma che bisognava salvare l’onore. Resistevamo per non essere spazzati via dalla storia. Insomma, non avevate alle spalle nessun progetto politico? «Non potevamo averlo, eravamo mossi dall’imperativo emotivo di resistere». Oggi, però, invitate a riflettere su quella stagione, proponete una vostra “verità” su Bologna. «Abbiamo accettato una provocazione intelligente dell’autore di “Storia nera”: rileggendo gli atti processuali, vecchi di un quarto di secolo, li abbiamo aggiornati. E nel farlo abbiamo rappresentato tutte le possibili piste alternative per Bologna.

In sostanza, riteniamo che in una logica di ombrello protettivo, gli apparati dello Stato abbiano garantito, negli anni della Guerra Fredda e del terrorismo mediorientale, che l’Italia subisse relativamente poche perdite. Questo è stato ottenuto grazie a una serie di spregiudicati equilibrismi della nostra politica e dei nostri servizi segreti. Come dimostrano pagine ancora da riscrivere come Ustica e la stessa Bologna».