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Afghanistan, offensiva americana. Paracadutisti italiani puntano gli obiettivi dei bombardamenti

di redazionale - 01/05/2007


 
Un guerrigliero afghano
 
Il ministro della Difesa, Arturo Parisi, ha espresso la sua preoccupazione «per un eventuale coinvolgimento dei militari italiani in azioni estranee alla missione autorizzata dal parlamento»: lo riferisce il suo portavoce, Andrea Armaro, in merito all’offensiva scatenata dagli statunitensi nella parte ovest dell’Afghanistan, «e in particolare nella provincia di Herat». L’offensiva si è svolta nell’arco di tre giorni nel distretto di Shindand, dove si trova la Valle di Zerkoh. Oltre 130 presunti talebani sono stati uccisi.

LA POPOLAZIONE LOCALE FURIOSA: «MORTE ALL’AMERICA»
La popolazione locale ha reagito con furia. Centinaia di persone si sono radunate di fronte alla stazione di polizia e la sede del governo nel distretto di Shindand. Il generale Gul Aqa ha riferito che hanno intonato lo slogan «Morte all’America!» e, contrariamente a una nota della coalizione, Aqa ha indicato che la polizia e l’esercito non sono stati coinvolti negli scontri. Shindand è un’ex roccaforte talebana dove la maggioranza della popolazione è di etnia pashtun, tribù da cui la guerriglia talebana trae il nucleo del suo sostegno.

PARISI TEME «EVENTUALE COINVOLGIMENTO» MILITARI ITALIANI
Il ministro Parisi, riferisce il suo portavoce, ha chiesto informazioni urgenti e dettagliate allo Stato Maggiore della Difesa: « Pur non prendendo parte all’offensiva in considerazione della diversa natura della missione Isaf, che è strettamente finalizzata all’assistenza alla sicurezza», ha detto Armaro, «il ministro ha espresso la sua preoccupazione per un eventuale coinvolgimento dei nostri militari in azioni estranee alla missione autorizzata dal Parlamento». Il portavoce del ministro della Difesa ha poi ricordato che, a questo proposito, in occasione di una recente intervista, il ministro Parisi «aveva già sollevato il problema della connessione tra le due missioni che operano contemporaneamente in Afghanistan, guidate da logiche, centri decisionali e catene di comando tra loro distinte».