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Atlantide: il mistero dei continenti scomparsi

di Marco Managò - 04/05/2007

 

Il volume pubblicato da Giunti Editore, corredato da una serie interessante di illustrazioni, in un taglio editoriale davvero affascinante che stimola il lettore, offre un contributo interessante riguardo al mistero di Atlantide e delle altre presunte terre sommerse.
Il nobile intento dell’autore, oltre a quello di fornire informazioni, è il desiderio di risvegliare lo spirito critico troppo spesso narcotizzato dal pensiero e dai dettami della scienza ufficiale.
Scrive << ... come il rifiuto della questione di Atlantide e delle antiche civiltà scomparse da parte dell’establishment scientifico-religioso sia invece assai profondamente connesso alla necessità di mantenimento dei grandi schemi culturali, storici e necessariamente scientifici che costituiscono le colonne portanti della nostra attuale conoscenza... >>
Si tratta di riconsiderare, eventualmente, la stessa data di origine della civiltà e di rivalutare tutte le discipline connesse, basandosi sulla presenza di antiche comunità; società cancellate dalla faccia della Terra a seguito di enormi cataclismi, precedenti al Diluvio universale e, come suggerito da alcune religioni e correnti esoteriche, frutto di una condotta dissennata dei propri appartenenti.
La prima voce autorevole, sulla presenza del misterioso continente di Atlantide, posto nella zona delle attuali Azzorre, è quella di Platone che, nei due dialoghi, Timeo e Crizia, sulla scorta delle testimonianze egizie raccolte da Solone, descrive l’isola governata da Poseidone e, successivamente, dal primo dei suoi figli, Atlante.
Le ipotesi formulate da Platone non debbono esser aprioristicamente poste al bando, bollate come un banale tentativo del filosofo di giustificare il proprio credo politico-sociale. Menti estranee a vacui pregiudizi possono, altresì, apprezzare la menzione del continente americano, posto davanti ad Atlantide, con la quale si anticipano, di gran lunga, successivi e blasonati uomini di mare.
E’ il caso di affrontare i primi misteri.
La notevole erosione subita dalla Sfinge, a esempio, si spiega soltanto retrodatandone l’erezione a più di diecimila anni prima di Cristo, quando le intensissime precipitazioni diedero forma all’ultima glaciazione.
Un’antichissima civiltà sembra aver colonizzato quasi l’intero globo e aver seminato ovunque, tanto che la similitudine tra le piramidi mesopotamiche, egizie e americane (frutto di estrema perizia), sembra tradire un’origine comune.
A tal proposito l’autore ricorda << Dopo il grande Diluvio dovuto allo spostamento dei poli, al conseguente scioglimento dei ghiacci e forse ad altre cause concomitanti, questa civiltà sarebbe scomparsa lasciando tuttavia alcuni nuclei di vita, affidate a ristrettissime cerchie sacerdotali, dispersi per il mondo. >>
Il fenomeno che fa più pensare è la testimonianza in molte culture, distanti fra loro, difficilmente in grado di interagire alcuni millenni fa, di un diluvio di immani dimensioni che avrebbe innalzato di decine di metri il livello dei mari. Tale evento, per tutte le religioni, e i popoli interessati, considerato come espiazione dei mali dell’umanità corrotta, si suole stimare in circa tredicimila anni fa, proprio in prossimità della fine della quarta glaciazione, quella di Würm. Altro dato comune è che la fine delle popolazioni coinvolte riguardi sempre comunità avanzate e non aggregazioni selvagge.
Un elemento fondamentale da valutare è quello della fase precedente allo scioglimento dei ghiacci, in piena glaciazione, quando il passaggio, attraverso lo stretto di Bering, tra Asia e America era agevole e si inseriva in un ampio contesto di naturali “ponti di terra” anche tra Oceano Indiano e Pacifico. Ciò potrebbe spiegare l’universalità di alcune testimonianze e di sconcertanti coincidenze.
Per alcuni studiosi, invece, l’inabissamento di alcune civiltà (tra cui Atlantide) è dovuto alla caduta di un meteorite di notevoli dimensioni, in grado di spostare l’asse terrestre e determinare una serie impressionante di catastrofi naturali.
Gli elementi per introdurre il dubbio sulle versioni della storiografia ufficiale ci sono, a partire da alcuni ritrovamenti archeologici nonché dalle antiche tradizioni e testimonianze perpetrate, per secoli, dalle popolazioni delle Canarie, delle Azzorre e quelle centroamericane. I Guanci delle Canarie, all’arrivo dei conquistatori spagnoli, si sorpresero di altra presenza umana dopo le immani catastrofi di qualche millennio precedente. La suddivisione dell’amministrazione governativa locale ricalcava in gran parte quella dei dialoghi platonici; a far pensare contribuisce anche l’elevata perizia locale nell’eseguire tecniche di trapanazione del cranio.
Gli aztechi facevano derivare il loro nome dal termine Aztlan e il riferimento ad Atlantide sembra piuttosto plausibile.
Zecchini avverte su quale sia stato il vero elemento vincente della conquista spagnola e scrive << La superstizione sul ritorno degli antichi dèi ebbe maggior effetto del terrore per i cannoni, armi da fuoco e cavalli... Non è per loro (gli aztechi ndr) possibile infatti lottare con il destino e con gli dèi ritornati d’oltremare, da Aztlan, la madre stessa della loro civiltà. >>
A minare le nostre certezze consolidate dalla staticità di alcune affermazioni dogmatiche, contribuisce anche la considerazione che l’esoterismo e il pensiero di alcuni studiosi hanno delle costruzioni millenarie, soprattutto quelle megalitiche: non come figurazioni del fiorire della civiltà bensì ultima prova della presenza di antiche comunità evolute.
La presenza di razze animali e vegetali identiche in luoghi tra loro distanti migliaia di chilometri, induce a valutare con più credito la possibilità della presenza di terre intermedie, di “terre di ponte”. A suffragare ciò, anche l’incredibile corrispondenza di alcuni termini fra idiomi e religioni di razze poste a enorme distanza fra loro (a esempio tra lingua pellerossa, etrusca ed egizia).
E’ dunque un assurdità riferirsi a una civiltà originaria precedente alle datazioni ufficiali e posta al centro dell’Atlantico, in balia dei capricci della fossa tettonica della dorsale atlantica?
Alcuni studiosi, fedeli alla teoria della deriva dei continenti, formulata da Wegener, riguardo a un’unica zolla terrestre, la Pangea, poi lentamente frantumata dal movimento di enormi zolle continentali, provano a smontare qualsiasi ipotesi di terre intermedie di recente formazione. Si tratta di uno sforzo vano, in quanto l’orogenesi successiva, dell’innalzamento di alcune terre (e del conseguente sprofondamento), non intacca la sacralità dei dettami della teoria della deriva dei continenti. La teoria della piattaforme tettoniche, inoltre, ne sostituisce i principi: fondando l’origine delle terre su un continuo e alterno movimento verticale di enormi zolle, suffraga ancor più l’eventualità di Atlantide e di altre civiltà scomparse.
La cronaca ci dimostra la possibilità dell’emersione temporanea di isole, dovuta all’incessante attività vulcanica e sismica sottomarina; terre emerse e tosto preda delle ridicole mire territoriali delle nazioni circostanti, a volte sconfessate da successivi sprofondamenti.
Un caso emblematico fu l’emersione, nel 1882, di un’isola a trecento chilometri a sud delle Azzorre, testimone il capitano Robson che, insieme all’equipaggio, notò e prelevò cimeli inconfutabili di antiche civiltà; reperti successivamente e misteriosamente scomparsi dal celeberrimo British Museum.
Alcune terre sommerse presentano segni inequivocabili di un’antica erosione possibile solo in caso di emersione sulla superficie terrestre; vere e proprie vallate sottomarine scavate dall’azione fluviale, corredate da sabbie indubbiamente prodottesi per identico logorio superficiale.
Oltre ad Atlantide, a cui la letteratura e la cinematografia si sono ispirate più volte, occorre ricordare altri grandi continenti, quello di Lemuria e di Mu. Secondo la concezione teosofica, Lemuria, posta nell’attuale zona tra il Madagascar e le Maldive, sarebbe stata proprio la culla progenitrice dell’umanità. Mu, invece, si suppone sia stata posizionata nel Pacifico, a metà tra le Americhe e l’asse Asia/Australia. L’autore del volume ricorda quanto siano fondamentali gli studi correnti su alcuni ritrovamenti di eccezionale fattura (palazzi e piramidi), rinvenuti nel 1997 tra Formosa e il Giappone.
La ricerca, la scoperta, la previsione e lo studio a volte si accompagnano al mito, alla leggenda e all’iperbole, tanto che al riguardo delle presunte civiltà scomparse circolano teorie romanzesche, alcune relative a presunti sconvolgimenti terrestri per opera di avvicinamenti stellari, altre citano immani conflitti con armi tecnologicamente evolute e distruttive, altre, infine, che giurano sulla volontà di una setta di cancellare per sempre qualsiasi informazione o testimonianza sulla storia di Atlantide.
Di là da queste elaborazioni, il libro di Zecchini è un ottimo strumento per ottenere informazioni su argomenti per loro natura affascinanti; il merito più alto, comunque, rimane quello di destare attenzione e critica su assiomi formulati dalla scienza e dalla storiografia ufficiale, al fine di muovere coscienze e intelletti e non accettare aprioristicamente le verità rivelate. Un diverso modus vivendi.