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Il pericolo nel piatto. Mon 863, un caso di organismo premeditatamente autorizzato?

di MarTa - 04/05/2007

 


Il Mon 863 è un mais della prima generazione di organismi geneticamente modificati. Di questi ogm possiamo distinguere due categorie: della prima fanno parte quelli in grado di tollerare un pesticida (circa il 70% è in grado di resistere all'erbicida Roundup), mentre nella seconda troviamo quelli che riescono a produrre un pesticida (per lo più le tossine prodotte in natura dal Bacillus Thuringensis denominate, appunto, Bt con funzione insetticida). Gli organismi geneticamente modificati di seconda generazione, sviluppati dopo il 1998, sono caratterizzati dalla capacità di ottenere entrambi i risultati.
Per quelli che rappresenteranno la terza e la quarta generazione, si prevede la possibilità di renderli resistenti ad uno o due erbicidi ed in grado di sintetizzare un paio d'insetticidi.
L'inserzione del transgene, secondo molti ricercatori, può comunque determinare effetti genetici "invisibili", cioè di cui non sono immediatamente rilevabili le conseguenze. Secondo l'ipotesi riduzionistica dei sostenitori degli ogm, tale rischio non sarebbe maggiore di quello conseguente alle tradizionali tecniche d'ibridizzazione fatto che porta a ritenerli "sostanzialmente equivalenti". Un'ipotesi che, pur non essendo dimostrata, ha permesso di evitare, nel nord America, sia la sperimentazione su tempi lunghi, prima che gli ogm venissero coltivati in pieno campo, sia l'etichettatura dei prodotti derivati, una volta giunti nel circuito commerciale.
Per il Mon863 l'obiettivo era di produrre una variante dell'insetticida, denominato CryBb1, in tutti gli organi della pianta. Questa tossina è specificatamente indirizzata contro la Diabrotica. La Diabrotica virgifera è un coleottero dannoso per diverse piante coltivate, particolarmente per il mais, molto difficile da eliminare con i presidi fitosanitari attualmente a disposizione. La notizia interessante è che questa specie era assente dal continente europeo fino alla fine degli anni '90. Sembra che l'invasione sia partita durante la guerra Balcanica, probabilmente sfruttando un passaggio del ponte aereo militare statunitense…. un altro regalo della missione militare…e, che culo, torna pure utile agli interessi della multinazionale che ha prontamente proposto l'antidoto transgenico.
Il mais MON 863 è uno degli ultimi prodotti geneticamente manipolati valutati sulla base del Regolamento 258/97/CE, poi superato dal Regolamento 1829/2003/CE, in vigore dall'aprile del 2004.
Già dalle prove di laboratorio, commissionate dalla stessa Monsanto, emergevano dati che indicavano significative differenze tra i gruppi di topi alimentati con il mais transgenico e quelli usati come controllo. I parametri anomali riguardavano in particolare il fegato e alcuni valori ematici, con diversi esiti anche correlati al sesso delle povere cavie.
Nella successiva interpretazione dei dati la Monsanto e la maggioranza dei comitati scientifici interpellati non ritenevano biologicamente significative le anomalie riscontrate (da sottolineare che l'accesso ai dati era permesso solo ai tossicologi approvati dalla stessa Monsanto, ufficialmente per garantire il segreto industriale).
Singolare ma vero, nel processo autorizzativo non sono previsti studi indipendenti, l'accesso ai dati delle sperimentazioni eseguite per conto dell'azienda che richiede la commercializzazione dell'ogm è riservato e non pubblico, non ci sono indicazioni precise sulle procedure da seguire in laboratorio. Nel caso in questione la sperimentazione è stata condotta per soli 90 giorni (un tempo troppo breve per accertare effetti a lungo termine). Infine, le sostanze di cui s'induce la produzione tramite ogm dovrebbero essere sottoposte a test in vitro su tessuti umani per valutarne, preventivamente, l'eventuale tossicità. Qualora i dati raccolti nelle prove sperimentali dovessero sollevare dubbi, il minimo sarebbe ripetere i controlli di laboratorio garantendo, per l'interpretazione finale, una sorta di contraddittorio tra enti scientificamente riconosciuti e non legati alle imprese che richiedono le autorizzazioni.
Niente di tutto ciò è previsto dalle norme dell'Unione Europea che in altri settori, invece, spacca il capello in quattro.
Se poi consideriamo che il processo necessario per permettere l'uso di un insetticida tradizionale prevede una fase sperimentale in cui vanno eseguiti test per tre mesi su tre diverse specie animali, per una di queste il trattamento prosegue per un anno mentre per la rimanente dura ben due anni (e non saranno certo questi i procedimenti più restrittivi applicabili visto che si tratta sempre di prodotti sintetizzati dalle solite multinazionali), non si comprende per quale motivo per un insetticida prodotto da un ogm non si debba almeno seguire la stessa procedura.
In realtà lo sappiamo bene, la lobby del transgenico gode di ottime protezioni e rappresenta un'opportunità di profitto troppo sostanziosa per essere rallentata da qualche interesse pubblico come la garanzia della salute o la tutela dell'ambiente.
In questo quadro, dove lo strapotere economico sembra prevalere su ogni atteggiamento di ragionevolezza, uno studio curato da Gilles-Eric Séralini del Criigen (Comitato per la ricerca indipendente sull'ingegneria genetica) in via di pubblicazione su Archives of Environmental Contamination and Toxicology presenta però una nuova interpretazione dei vecchi dati sulla tossicità animale del mais MON863.
La ricerca, che verrà pubblicata sul numero di maggio della rivista, ma i cui risultati sono stati anticipati da Greenpeace, ha riesaminato i dati dello uno studio condotto dalla stessa Monsanto al momento della richiesta di autorizzazione alla messa in commercio, come accennato prima, la ventesima concessa in Europa (13.01.2006 Reg.(EC) No. 258/97Art. 7).
I dati riguardano topi alimentati o con MON863, in diverse proporzioni, o con mais non modificato. Come detto, i dati completi dello studio erano inizialmente rimasti segreti, ma, dopo l'autorizzazione al commercio, un tribunale tedesco aveva imposto la divulgazione dei risultati completi.
Ora Séralini e colleghi li hanno riesaminati utilizzando diversi metodi statistici, e mostrano che nei topi alimentati con il mais modificato si osservano variazioni, piccole ma legate al dosaggio, sulla crescita: i maschi pesavano il 3,3% in meno, le femmine il 3,7 per cento in più. Inoltre diverse misure indirette, come l'aumento dei trigliceridi (dal 24 al 40 per cento in più nei topi femmina) e la minore concentrazione di fosforo e sodio nelle urine (del 31-35 per cento nei topi maschi), indicano la tossicità per il fegato e i reni del mais ogm.
Queste differenze d'interpretazione sono legate al fatto che le analisi statistiche condotte dal centro elaborazioni statistiche della stessa Monsanto è stato condotto con evidenti errori concettuali e di metodo.
Non abbiamo prove per poter lanciare accuse più pesanti, ma in Europa Monsanto ha testato dei mais geneticamente modificati ancora prima dell'invasione dell'inarrestabile Diabrotica, quando apparentemente non ce n'era alcun bisogno. La rapidità di reazione della multinazionale è stata quantomeno sospetta… un'altra strategia per costringere il Vecchio Continente ad abbracciare una volta per tutte la scelta degli organismi geneticamente modificati?