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Il regno che vuole Prodi e’ un tradimento dell’Impero. (Mario Monti e il potere bancario...)

di Claudio Lanti - 05/05/2007

 
Perché l’attacco di Monti: il regno che vuole Prodi e’ un tradimento dell’Impero

Caro Direttore, leggo una notizia evidentemente “disturbante” e seminascosta nei quotidiani. A seguito dell’operazione Telecom, l’ex commissario europeo Mario Monti ha tuonato contro il governo occulto delle banche e la politicizzazione dell'economia. Come mai questo attacco a Prodi e al suo amico il banchiere Bazoli? Che cosa sta accadendo? I poteri forti si sono forse spaccati oppure è soltanto una finzione?

Lettera firmata da Corinaldo (Ancona)


Caro amico, mi sembra che Lei abbia colto una questione centrale. Evidentemente voi di Corinaldo capite le cose più di altri. Come ha anticipato il nostro Italian Outloook la scorsa settimana, il Presidente del consiglio in carica si è creato un vero partito economico e si sospetta che vi sia persino un asse segreto con Zapatero. La cosa era tollerata in certi ambienti fin quando questo partito era limitato alla banda della vecchia sinistra Dc e alla piattaforma di potere creatasi tra Prodi e il banchiere cattolico anti-Vaticano Bazoli (quello che si era ingrassato mangiandosi l’Ambrosiano del povero Roberto Calvi).

Ma l’operazione Telecom ha fatto saltare certi equilibri: ormai la galassia prodiana è cresciuta troppo invadendo il terreno delle banche laiche dei vecchi poteri forti italiani, coinvolgendo innanzitutto Mediobanca e persino Generali (imparentata con Lazard). Così l’ex commissario europeo Mario Monti ha denunciato questa "anomalia": ha segnalato a chi di dovere che in Italia le banche sono sfuggite ai sacri principi del globalismo mettendosi al servizio privato di un certo Prodi. Le banche sono il potere mondiale. Sono loro che guidano la politica degli Stati e non viceversa: non possono mettersi al servizio di un gruppo politico di parte.

In Italia Prodi è stato per 30 anni un autorevole referente della galassia di interessi bancari e industriali in gran parte extra nazionali, facente capo alla fine ai soliti Rothschild. Soltanto perché era il servitore di questi poteri, il Professore di Bologna è stato scelto nel 1996 come leader dell’Ulivo incaricato di le privatizzazioni. Altrimenti perché proprio lui? Perché gli stessi ex comunisti, così bisognosi di comprensione internazionale, avrebbero dovuto cedere il comando a uno sconosciuto manager dello Stato italiano rimasto disoccupato dopo lo scioglimento dell’IRI?

Da quando l'impero invisibile delle oligarchie ha ucciso le nazioni europee il potere reale viene gestito alla corporazione dei mercanti e dei manager e quello virtuale dai politici di fiducia cooptati volta per volta. Ieri il subdolo Tony Blair, oggi il panzer Sarkozi (o l’insopportabile Segolene, c’est la meme chose). Il copione prevede che Prodi continui a fare l'impiegato come sempre, per poi andarsene a casa a fine missione. Come è per Giuliano Amato che è sempre ubbidientissimo ed ecco perché lo hanno richiamato già tre volte. Nella City dicono: “Amato è perfetto, gli dici vieni al governo e lui corre subito. Poi gli dici a cuccia. E lui si mette buono. Un tesoro !”

Romano Prodi invece è ambiziosissimo, vuole forzare il suo destino, vuole di più. Che cosa di più? Capirlo non è difficile. Durante le fasi di caos imperiale, sorgevano di fatto nuove entità territoriali, ducati vassalli, feudi, che domandavano l'alto riconoscimento dell'imperatore. Sappiamo bene come sono nati i regni e le nazioni. Anche Prodi vuole farsi adesso il suo reame: governare le erratiche popolazioni della penisola nello spazio grigio e difficile sospeso tra la Chiesa cattolica e l'Europa di Strasburgo, ai volatili confini dell'Islam, davanti all’affascinante ritorno della Russia zarista di Putin. Questo è il sogno dell’ex impiegato dell’IRI benedetto dal monaco comunista Dossetti.

Si sa che nella storia queste operazioni non andavano mai lisce. I principi concorrenti ordivano complotti, i conti nemici muovevano le truppe. Stavolta si è impuntato il funzionario imperiale Mario Monti, uomo rigido e puntiglioso, probabilmente deluso per il precoce pensionamento ricevuto dopo chissà quali promesse. Il suo giudizio su Telecom costituisce un’aperta denuncia contro Prodi, accusato di aver violato il primo comandamento dell'impero: e cioè che la politica deve servire le banche e mai il contrario. Per giunta l’attuale ampliamento del potere personale del premier di fronte al lento suicidio dell’opposizione berlusconiana rischia di rafforzare il presidente del consiglio, proiettando la durata di questo governo paralitico sull'intera legislatura, e impedendo che un gabinetto di transizione con ampi poteri possa varare le riforme finanziarie già ripetutamente sollecitate dalle centrali dell'Impero.

Comunque Monti ha ora aperto un caso cruciale che toccherà all'Impero stesso dirimere. I vertici delle oligarchie potrebbero negare il regno di Prodi e mandare truppe a riportare l'ordine; oppure potrebbero lasciar correre sull’eresia italiana, forse nel nome di interessi superiori che Monti non sa e non vede.





La Velina Azzurra N. 14 del 4.5. 2007

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