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Anche ONU e UE se ne accorgono: in Somalia un governo criminale

di mazzetta - 06/05/2007

 

Dopo il lungo silenzio che ha avallato l’invasione etiope della Somalia su chiaro mandato americano, nonostante si trattasse di un’operazione assolutamente illegale, l’ONU e la UE cominciano a rendersi conto delle dimensioni del bagno di sangue e abbandonano la linea prudente mantenuta fino ad ora, anche per non correre il rischio di essere considerati complici di crimini contro l’umanità. Le critiche internazionali si addensano soprattutto sul Governo Transitorio somalo, ben sapendo che la dittatura etiope è sorda a qualsiasi richiamo che non provenga da Washington e che, essendo l’Etiopia un paese al quale si rifiutano anche gli aiuti umanitari perché il governo è nella lista nera delle dittature più sanguinarie e meno rispettose dei diritti umani, le buone parole avrebbero un effetto molto relativo.

Il governo somalo per parte sua si difende mentendo ed accusando l’ONU. Secondo il premier Ghedi non sarebbe vero che il suo governo ostacola la distribuzione di aiuti alimentari, ma la questione sarebbe che le ONG internazionali sono contro il governo somalo, perché temono di perdere il potere che hanno guadagnato negli ultimi quindici anni di assenza dell’amministrazione somala.
In una intervista al londinese Times, Ghedi aveva accusato le ONG di “…corruzione, di usare le piste d’atterraggio per la spedizione ed il contrabbando di armi e di guerriglieri ostili al governo, di accordi con i “warlords” (che invece sostengono il Governo Transitorio) e con le Corti Islamiche (nemiche dei “warlord”)” aggiungendo: “ Vogliono operare senza controlli, adesso sanno che non lo possono più fare …adesso c’è un Primo Ministro (lui stesso n.d.r.) che le conosce fin troppo bene”.

A smentire il premier somalo ci sono le lettere con le quali il suo stesso governo ha notificato il nuovo regime alle ONG. A confermare il fatto che tale decisione sia profondamente sbagliata c’è la realtà registrata sul terreno, che vede le ONG consegnare al governo le derrate alimentari che poi spariscono. Dopo una riunione a porte chiuse tra Etiopia, governo Somalo e Programma Alimentare Mondiale, la crisi sembra rientrata e alle ONG ( almeno al PAM) è stata di nuovo resa la libertà operativa.

Ancora peggiori le critiche da parte UE, che cominciano a parlare di crimini di guerra e della necessità di una investigazione internazionale che vedrebbe sul banco degli accusati proprio i governi di Somalia ed Etiopia. Ad attivare l’Unione Europea sarebbero stati gli scontri della scorsa settimana, durante i quali governo ed etiopici (ma anche i peacekeeper ugandesi) avrebbero bombardato indiscriminatamente i quartieri di residenza di uno dei principali clan somali, colpevole di non voler sottostare alle determinazioni del governo Ghedi. La carneficina che ne è risultata e la fuga della popolazione dalla capitale hanno superato l'orrore di Baghdad e qualcuno sembra rendersi conto finalmente che non si può continuare ad accusare i terroristi.

Esemplari in tal senso sono state le dichiarazioni del presidente del parlamento somalo Yusuf, il quale ha detto che i bombardamenti di interi quartieri sono giustificati dalla presenza di guerriglieri ribelli; secondo Yusuf gli abitanti potrebbero evitare i bombardamenti molto semplicemente, cacciando i guerriglieri.

Secondo Yusuf, inoltre, alcuni clan e sottoclan somali dovrebbero essere semplicemente sterminati (testuale). Non ha giovato all'immagine del governo somalo l’aver nominato a capo della polizia nazionale Aideed (alias di Abdi Quaybdiid), uno dei “criminali”ricercando i quali gli USA subirono la sconfitta ricordata in “Black Hawk Down”. Al momento il governo provvisorio sostenuto dalla dittatura etiope e dagli USA rischia di perdere la patente ONU; non solo per i massacri, ma anche perché ha già dimostrato di non rispettare gli accordi di rappresentanza che sono alla base della sua presunta legittimità.

A fronte di contestazioni del genere il rappresentante somalo all'ONU ha detto che si tratterebbe solo di “propaganda Internet” e non di vere dichiarazioni di Yusuf; quando gli hanno fatto presente che si trattava di dichiarazioni pronunciate i microfoni di Voice Of America, questi ha risposto che la filiale somala del network statunitense è di proprietà di un supporter dei ribelli; non ha comunque smentito le contestate dichiarazioni del premier e del presidente somali.

Altra esibizione è toccata Seyoum Mesfin, rappresentante etiope, che prima ha detto “le reni dei terroristi sono state spezzate”, salvo poi aggiungere, come da istruzioni e incurante della contraddizione che “sono pericolosi e godono degli appoggi di un'ampia rete di appoggi”. Atteggiamento mutuato dagli americani: stiamo vincendo, ma dobbiamo sparare ancora perché il nemico è pericoloso. Il che smentisce la vittoria, ma sono dettagli.

Nessuna risposta invece al caso della spinosa fornitura di armi e pezzi di ricambio per carri armati che l'Etiopia ha ricevuto nientemeno che dalla Corea del Nord, stato canaglia sotto embargo, per iniziativa di Washington. Bocche cucite da parte di ONU ed USA che rimandano la palla al Consiglio di sicurezza. Evidentemente un'altra vicenda imbarazzante per Washington che nei giorni pari condanna la Corea del Nord e nei giorni dispari ci fa accordi sottobanco al riparo dalle opinioni pubbliche.

Il terzo fronte aperto dagli USA e dal dittatore etiope riporta gli stessi risultati conseguiti in Afghanistan: massacri di civili, milioni di profughi, distruzione della legalità internazionale attraverso la pratica di un'asimmetria di giudizi che ormai passa del tutto inosservata ed incontestata, grazie alla complicità e all’indifferenza dell'infosfera globalizzata.