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La nuova guerra fredda

di Gian Carlo Caprino - 07/05/2007





 

La questione del sistema antimissile americano da installare in parte nella repubblica cèca (il sistema di rilevamento radar) ed in parte in Polonia (il sistema di intercettazione vero e proprio) rischia di far precipitare i rapporti tra l'Europa e la Russia a livelli di tensione sconosciuti dall'epoca Breznev-Reagan.

Vladimir Putin ha infatti chiaramente detto che, se tale sistema andasse avanti, sarebbe costretto a rivedere il patto di contenimento e riduzione delle armi convenzionali (CFE), firmato nell'ottobre 1990.

Gli americani hanno sempre sostenuto che tale sistema antimissile dovrebbe servire a eliminare la minaccia di lanci da parte dell'Iran; ma è chiaramente una bufala.

Prima di tutto, gli iraniani sono ben lungi dal possedere oggi missili che possano fare migliaia di chilometri, cioè la distanza necessaria per colpire un qualsiasi Paese europeo, eccettuata forse la Grecia.

In secondo luogo, se la minaccia fossero davvero i missili iraniani, le stazioni di rilevamento radar avrebbero dovuto essere installate in Turchia e le batterie antimissile nella Grecia stessa, essendo di primaria importanza (come chiunque può comprendere) scoprire il più presto possibile il lancio di missili ostili ed essendo questi due Paesi (saldamente inglobati nella NATO) quelli più prossimi all'Iran.

Malgrado quindi Condolleza Rice abbia liquidato come "ridicole" le preoccupazioni russe, Putin ha ragione da vendere: il costruendo sistema antimissile è chiaramente destinato a modificare unilateralmente i rapporti di forza con la Russia e a destabilizzare i rapporti tra Europa ed il grande Paese euroasiatico.

Il metodo usato per introdurre questo sistema militare nel cuore dell'Europa è poi emblematico del rispetto che gli USA hanno per gli alleati.

Gli americani infatti, pur interessando tali installazioni tutta la NATO, si sono ben guardati da sottoporne il progetto agli organi consultivi dell'organizzazione militare, per l'evidente paura di vederlo insabbiato dalle mille domande e perplessità che sarebbero giunte dai grandi Paesi continentali membri storici NATO; hanno così preferito trattare segretamente con due ex satelliti dovietici (la Polonia dei gemelli Kakzinski e la repubblica cèca), pronti a vendere fette della loro sovranità nazionale pur di ingraziarsi il nuovo padrone ed ai quali non pare vero di fare qualcosa, qualsiasi cosa, che possa infastidire gli odiati russi.

Ma sia la Polonia che la Cèchia fanno parte sin dal 1999 della NATO, per cui il gli USA si sono presentati con un fatto compiuto agli organi consultivi di quella organizzazione, facendo entrare dalle finestra ciò che dalla porta principale, probabilmente, non sarebbe mai entrato.

I ministri degli esteri della NATO si sono riuniti ad Oslo con all'ordine del giorno la nuova patata bollente USA, cucinata in salsa cèco-polacca.

Avranno i grandi Paesi continentali (Francia, Germania, Italia e Spagna) il coraggio di dire in faccia agli americani "questo sistema antimissile non ci interessa perché nessuno ci minaccia e rischia di scatenare una nuova corsa agli armamenti"?

C'è da dubitarne. Infatti già D'Alema, pur dichiarando che questo scudo antimissile "è partito male", mette le mani avanti, invocando eventuali benefiche ricadute sulla nostra industria militare; l'acquisiazione, cioè, di qualche commessina del tutto marginale, anche ai fini del know-how tecnologico civile.

Ma perché gli americani vogliono provocare i russi e costringerli ad una nuova corsa agli armamenti?

La risposta più probabile è la seguente: La Russia sta nuovamente tornando ad essere una grande Potenza e sta ricominciando a fare una politica da grande Potenza.

La corsa all'acquisizione a prezzi da fallimento degli ex membri del Patto di Varsavia segna infatti il passo; in Ucraina, ad esempio, la cosiddetta "rivoluzione arancione" è fallita miseramente in un mare di scandali e recriminazioni, tanto da costringere Yuschenko ad un mezzo colpo di stato per eliminare il governo Yanukovic; l'Ossezia del nord si è scissa dalla Georgia (il cui governo è ufficialmente stipendiato in dollari da una banca americana) e reclama l'indipendenza, con il pieno appoggio di Mosca; la stessa indipendenza che gli americani vogliono per il Kossovo ma che negano agli osseti.

Sullo sfondo resta poi la qestione energetica, essendo il colosso russo il maggior detentore mondiale di risorse fossili (metano e petrolio) e pronto ad usare tutto il suo potere negoziale a riguardo.

Ce n'è abbastanza, per gli americani, per tentare di dissanguare la Russia, mettendola di fronte al solito dilemma: "burro o cannoni?".

Ricordiamo che con una manovra analoga Reagan, nel 1983, riuscì ad accelerare la fine dell'URSS con il cosiddetto "scudo spaziale", costringendo l'impero sovietico ad ingenti investimenti per contrastare la nuova minaccia.

Insomma, sono passati quasi 25 anni, al posto di Reagan c'è Bush, ma la politica del partitio repubblicano negli USA non è affatto cambiata.