L’Ue ha ucciso le trattative: chiede la tregua per schierare truppe a sostegno di Kiev
di Maurizio Boni - 25/05/2025
Fonte: Il Sussidiario
Il ministro degli Esteri russo Lavrov allontana la possibilità di un negoziato Ucraina-Russia in Vaticano. E Putin, mentre il suo esercito attacca Odessa, annuncia che creerà delle zone cuscinetto per difendersi dalle incursioni nemiche, come quella del Kursk. La trattativa per chiudere la guerra in Ucraina, insomma, non fa segnare nessun progresso.
Anzi, spiega Maurizio Boni, generale di Corpo d’armata e opinionista di Analisi Difesa, è arrivata a un punto tale che, per ora, possiamo attenderci novità solo dal punto di vista militare. E mentre il cardinale Matteo Zuppi invita l’Europa a farsi carico di una soluzione del conflitto, la UE parla solo del nuovo piano di riarmo e dei soldi del programma SAFE, da usare anche per appalti congiunti con l’Ucraina.
Lavrov dice che i negoziati in Vaticano fra due Paesi ortodossi sono irrealistici. Addio confronto Ucraina-Russia a Roma?
Era una proposta stravagante. Non ricordo che il Vaticano sia entrato ufficialmente e visibilmente in negoziati di risoluzione dei conflitti. E, siccome la visibilità è diventata parte integrante di tutti i processi negoziali, questa ipotesi non era assolutamente percorribile. Oltretutto, per giungere nello Stato del Vaticano bisogna transitare per l’Italia: com’è pensabile che la delegazione dei russi possa arrivare transitando per un Paese dichiaratamente contro la Russia e che appoggia una sola parte, l’Ucraina? La Conferenza di Helsinki segnò un passo importante verso la fine della Guerra fredda e si tenne in un Paese neutrale, la Finlandia.
Ora, quindi, bisognerà ripiegare su un’altra località?
La Turchia, in questo contesto, sta svolgendo il ruolo di Paese terzo, membro della NATO ma che dialoga con i russi e ha forti interessi a mantenere le relazioni con loro.
Non è un Paese davvero neutrale: è nella NATO e ha fornito droni agli ucraini. Va bene lo stesso per negoziare?
È difficile trovare qualcuno che non ha preso posizione in qualche modo: anche la Svizzera si è schierata con l’Ucraina. Occorre un Paese credibile dal punto di vista diplomatico e militare, e la Turchia questi requisiti li ha. Istanbul, per i russi, ha anche un valore simbolico: il piano di pace del 2022, fallito per mano britannica e statunitense, si era concretizzato lì.
Putin, intanto, ha annunciato che i russi vogliono creare delle zone cuscinetto tra le due frontiere. Da dove nasce questa idea?
Dopo aver subito l’incursione di Kursk e molti altri tentativi di incursione nell’oblast di Belgorod, poco visibili alla stampa internazionale ma ben presenti agli analisti, i russi hanno un problema di sicurezza da risolvere. Per questo Putin ha dichiarato apertamente che è sua intenzione creare una zona cuscinetto proprio a Sumy, per evitare le sporadiche puntate offensive ucraine nel territorio russo. Probabile, quindi, che ci siano iniziative militari importanti proprio in questo settore. Sono stati notati anche ammassamenti di truppe a Karkhiv.
Quindi non si tratta di una proposta per le trattative, ma di un’iniziativa militare. Le zone cuscinetto se le creerà lui?
Sì. La situazione dell’esercito ucraino è quanto mai disperata: non ci sono più resistenze significative ovunque si vada. Basta concentrare le forze necessarie in un determinato punto per poter proseguire. Non è una proposta per il negoziato: d’altronde, le trattative sono ferme e gli USA si stanno sfilando. Hanno offerto alla Russia la possibilità di accordi commerciali ai quali il Cremlino è molto interessato. Secondo Trump, Mosca tiene molto a sviluppare queste opportunità di cooperazione commerciale con gli Stati Uniti: crede che basti per convincere i russi a fare delle concessioni. In realtà, è tutto da dimostrare.
Cosa fa pensare che Trump, su questo punto, si stia illudendo?
Parliamo di dichiarazioni uscite nello stesso momento in cui Trump diceva che gli Stati Uniti avrebbero abbandonato i negoziati, incoraggiando però ucraini e russi a riprendere le trattative dopo il cessate il fuoco. Il che significa non arrivare a nulla: gli americani sanno benissimo che Putin non ha nessuna intenzione di far tacere le armi prima di aver raggiunto un’intesa.
Hanno troppa paura che una tregua serva solo per favorire gli ucraini?
Il ministro della Difesa belga, Theo Francken, in una recente intervista ha affermato candidamente che il cessate il fuoco permetterebbe alle truppe della NATO di schierarsi in quantità ragguardevole in territorio ucraino, e questo i russi non lo accetteranno mai.
Si parla intanto di un possibile e imminente scambio di mille prigionieri (una parte del quale già attuato). Non può essere letto come un segnale di buona volontà?
Se si analizza chi sono i prigionieri, da una parte e dall’altra, possiamo credere tranquillamente che i russi abbiano mille prigionieri ucraini da scambiare. Il problema è che, tra le persone che gli ucraini vorrebbero liberare, ci sono pochissimi soldati: negli ultimi tempi hanno subito l’iniziativa russa e non hanno fatto prigionieri. Per arrivare a mille, hanno considerato anche i dissidenti filorussi e personale civile presente a vario titolo, persone che sono state arrestate e inserite nell’elenco.
Il cardinale Zuppi ha dichiarato in queste ultime ore che l’Europa deve dimostrare la capacità di chiudere i conflitti. Intanto, però, il commissario UE alla Difesa, Kubilius, ha dichiarato al Guardian che i 150 miliardi di euro del piano SAFE per il riarmo potrebbero essere utilizzati per appalti congiunti con l’Ucraina.
Il ministro delle Finanze ucraino, Serhiy Marchenko, ha dichiarato che i Paesi europei dovrebbero assicurare il riarmo dell’Ucraina e il mantenimento della sicurezza nel Paese. Per i russi, Kiev dovrebbe avere mezzi militari limitatissimi, ma gli ucraini continuano a pensare di riarmarsi. La von der Leyen ha detto che l’Europa deve rendere l’Ucraina un porcospino d’acciaio, naturalmente a spese dei Paesi che fanno capo a Bruxelles. Se si mettono d’accordo, sostiene Marchenko, per loro si tratta di una piccola percentuale di PIL. Tanto più se la possono inserire nel famoso 3-5% di PIL per le spese militari che hanno deciso di assicurare alla NATO. Magari comprando armi americane. Le dichiarazioni di Kubilius vogliono far vedere che la UE è pronta, ma in realtà difficilmente potrà sostenere uno sforzo del genere. Siamo di fronte a dilettanti allo sbaraglio.
Le trattative, in conclusione, a che punto sono?
Siamo in un momento in cui i negoziati sono in un vicolo cieco e, dal punto di vista militare, una parte, quella russa, è preponderante. A breve non credo che ci si debba aspettare qualcosa dalle trattative.
a cura di Paolo Rossetti