Iraq: un altro segnale ostile
di Christian Elia - 11/06/2007
Il parlamento iracheno vota una legge per vincolare al suo volere il prolungamento del mandato delle truppe Usa |
|
![]() |
E' molto probabile che alla fine si risolva in una bolla di sapone, ma quello che è accaduto nel Parlamento di Baghdad il 6 giugno scorso ha dell'incredibile. Un gruppo di deputati, guidati da quelli fedeli all'ayatollah sciita radicale Moqtada al-Sadr, ha presentato un disegno di legge per vincolare il prolungamento del mandato Onu per il contingente militare internazionale, guidato dagli Usa, a un nulla osta dell'assemblea.
![]() Pensata così, salvava la faccia a tutti. Quella del governo iracheno, rispetto a coloro che lo hanno sempre ritenuto uno strumento nelle mani di Washington, che così mostrava di decidere da solo. Quella delle Nazioni Unite, che non venivano messe in un angolo dall'unilateralismo degli Usa, mettendo il cappello sulla missione, e quella degli Stati Uniti e dei loro alleati, che potevano mostrare alle recalcitranti opinioni pubbliche interne di agire solo su richiesta dell'Onu.
Ma il parlamentarismo e la democrazia da esportazione, a volte, hanno le loro controindicazioni. E così, il 6 giugno scorso, approfittando di una seduta alla quale hanno partecipato solo 144 deputati su 275 (valida per il raggiungimento del quorum previsto), un gruppo di deputati ha proposto la legge che incrina il meccanismo 'perfetto', vincolando la richiesta che il premier al-Maliki dovrà presentare al Consiglio di Sicurezza entro il 28 novembre al voto parlamentare. Questo, considerato il crescente dissenso dei parlamentari iracheni verso i militari stranieri in Iraq, metterebbe a rischio il prolungamento del mandato, che al momento scade il 31 dicembre 2007.
![]() “Questa legge è una follia”, ha ribattuto Mahmoud Othman, uno dei deputati più influenti del blocco curdo, “non ha senso parlare di bloccare il rinnovo dei mandati per il contingente internazionale prima che l'addestramento delle forze armate irachene sia completato”.
Al governo guidato dal premier al-Maliki i numeri per bloccare la legge non mancano. Secondo la legge irachena infatti, il governo può porre il veto su tutte le leggi che non abbiano il sostegno di almeno due terzi dei deputati. E i 'ribelli' non arrivano a tutti questi voti.
Il segnale però resta: il parlamento iracheno, frutto delle prime libere elezioni della storia moderna irachena, era il fiore all'occhiello di tutti coloro che hanno appoggiato l'invasione dell'Iraq. Anche dell'amministrazione Bush, che adesso dovrà spiegare all'opinione pubblica Usa, sempre più ostile al conflitto in Iraq, che la presenza statunitense in Mesopotamia è possibile solo grazie al veto di un premier sempre più solo. |