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I signori dello spazio (novità editoriale)

di Gabriele Garibaldi - 02/07/2007

SUPERPOTENZE - I SIGNORI DELLO SPAZIONOVITA' EDITORIALE ARIANNA EDITRICE Luglio 2007

I SIGNORI DELLO SPAZIO

L’ultima frontiera nella competizione strategico-militare delle superpotenze
autore: Gabriele Garibaldi - euro 10,90

L'amministrazione Bush ha approvato il 31 agosto 2006 la nuova "Politica Spaziale Nazionale degli Stati Uniti", che va a sostituire quella varata da Clinton nel 1996. Il nuovo documento è caratterizzato da una linea più dura, in quanto enuncia la volontà di negare agli avversari l'accesso allo spazio, nel caso questi siano ritenuti avere intenzioni "ostili agli interessi degli Stati Uniti". Le dieci pagine declassificate del documento, contenenti le linee guida e gli obiettivi della nuova politica, non proclamano l'armamento dello spazio, ma lasciano aperta la porta all'attuazione delle richieste in tal senso formulate nel corso degli ultimi dieci anni dagli strateghi militari, i quali hanno trovato dal 2001 nel Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld il loro principale sostenitore.

La Cina è al centro delle preoccupazioni di quest'ultimi, quale sfidante più accreditato del monopolio spaziale statunitense. Per impedirne l’ascesa a "minaccia" effettiva della sicurezza degli "assets" spaziali civili e militari – vero architrave della superiorità militare terrestre degli USA, e fondamento dei piani di "Full Spectrum Dominance"- gli Stati Uniti non escludono la possibilità di procedere all'armamento preventivo dello spazio, dando per scontata la stessa volontà da parte della Cina – sebbene Pechino da tempo chieda in sede ONU un trattato internazionale per la messa al bando delle armi nello spazio, al quale Washington si è ripetutamente sottratta.

Se con la nuova "Politica Spaziale Nazionale" gli USA hanno mostrato i muscoli, la Cina ha fatto altrettanto con l'abbattimento di un proprio satellite meteorologico fuori-uso l'undici gennaio 2007. La sfida lanciata dagli USA ai propri "peer competitors" è stata così raccolta dalla Cina, con un'azione che rafforzerà le ragioni dei "falchi" del Pentagono e può molto verosimilmente innescare una corsa all'armamento dello spazio destinata a segnare il nuovo secolo.

Questo libro ha il merito di trattare per primo in Italia – attingendo a documenti strategici e studi di settore statunitensi e cinesi - una problematica che non riguarda solo gli Stati Uniti e la Cina, ma ha implicazioni globali per il rischio di escalation della tensione (anche nucleare) che l'armamento dello spazio porta con sé.

"Alcune persone non vogliono sentirne parlare, e sicuramente non è un argomento alla moda, ma -assolutamente- siamo prossimi a combattere nello spazio. Siamo prossimi a combattere nello spazio e dallo spazio… Un giorno colpiremo obiettivi terrestri -navi, aerei, obiettivi di terra- dallo spazio" [Joseph W. Ashy, "Aviation Week and Space Technology", settembre 1996]

"Lo spazio oggi è analogo all’aviazione prima della Prima Guerra Mondiale. La transizione dell'aviazione da elemento di supporto a strumento bellico in sé e per sé, sarà presto emulata dai sistemi spaziali. Ogni tentativo di impedire questo processo non solo è destinato al fallimento, ma lascerà anche gli Usa vulnerabili agli attacchi da parte di altri Paesi che perseguono aggressivamente la space weaponization" [William Callahan, National War College, 20 aprile 2000]

"In qualità di grande Paese, la Cina dovrebbe procurarsi armi shashoujian nella lotta contro l'egemonia globale" [Jiang Zemin, febbraio 2001]

"I Paesi emergenti competono strategicamente nel 21esimo secolo tramite rivoluzioni negli affari militari. Conformandosi al trend in corso, essi hanno adottato misure per non restare indietro rispetto al cambiamento, al fine di perseguire il dominio negli affari regionali ed ottenere un ruolo più forte nello scenario internazionale. Ciò dà ora inizio ad una nuova corsa agli armamenti" [Yao Youzhi, “PLA Daily”, settembre 2003]

"Gli Stati Uniti preserveranno i propri diritti, capacità e libertà d'azione nello spazio; ... e negheranno, se necessario, agli avversari l'uso di capacità spaziali ostili agli interessi nazionali statunitensi... In questo nuovo secolo, coloro i quali sanno sfruttare pienamente lo spazio godranno di ulteriore prosperità e sicurezza, e deterranno un vantaggio sostanziale su quelli che non sono in questa posizione. La libertà di azione nello spazio è tanto importante per gli Stati Uniti quanto lo è il potere aereo e marittimo" [U.S. National Space Policy, 31 agosto 2006]

Gabriele Garibaldi (1976) laureato in scienze politiche, scrive di politica internazionale come giornalista freelance. I suoi articoli sulla questione dell'armamento dello spazio sono apparsi sulle riviste Aspenia, Giano, Limes, Diario.

INDICE

Prologo

LE MANI SULLO SPAZIO
Lo US Space Command e i piani di "Full Spectrum Dominance"
Il "Transformation Flight Plan"
"L'alba di una seconda era spaziale"
I nuovi compiti dell'US Strategic Command
Il modello marittimo per una teoria strategica dello spazio
La nuova Politica Spaziale Nazionale di Bush

L'ASCESA DEL DRAGONE
Il "Vascello Divino"e il primo "taikonauta" della storia cinese
Pechino, il miglior alleato del progetto Galileo
La percezione statunitense del programma spaziale cinese
… e viceversa. Lo "shashoujian"
I piani spaziali cinesi e lo scenario taiwanese
I piani lunari cinesi e le ansie americane
"Negare lo spazio ad altri", l'ultima carta per arrestare la Cina

APPENDICE
LA NUOVA "POLITICA SPAZIALE NAZIONALE" DI BUSH
Il commento del prof. Cassese alla nuova politica spaziale statunitense
2010, l'altra odissea nello spazio
2010, scenario 1: la vulnearabilità Usa agli ASAT altrui. Il caso nordcoreano
2010, scenario 2: azione preventiva nella crisi dello Stretto di Taiwan
2010, scenario 3: Russia e Cina innalzano i livelli di allerta nucleare
2010, scenario 4: guerra nucleare accidentale
2010, scenario 5: guerra spaziale tra India e Pakistan

 

ESTRATTO

LE MANI SULLO SPAZIO
Dopo il crollo del Muro di Berlino e dell’equilibrio bipolare, gli Stati Uniti, come risaputo, sono rimasti la “lonely Superpower” dello scenario internazionale. E’ una situazione anomala che ha messo in crisi la capacità esplicativa del più accreditato filone di studio delle Relazioni Internazionali, quello (neo)realista, in quanto ormai è passato più di un decennio e l’equilibrio di potenza (“balance of power”) non si è ricostituito: cioè non è ancora sorta una Superpotenza o coalizione di Potenze capaci di controbilanciare il livello di capacità militare degli Stati Uniti. Per i sostenitori della bontà dell’attuale ordine unipolare, questo è preferibile al ritorno a un ordine multipolare (intrinsecamente più incerto e imprevedibile) e la leadership statunitense deve compiere i passi necessari al suo consolidamento nel 21esimo secolo –un “New American Century” nelle loro aspettative, ma che potrebbe esser messo in forse dalla crescita della Cina, già oggi gigante commerciale grazie alla globalizzazione creata dagli Usa (detentrice di un trilione di dollari in valuta di riserva, e principale finanziatrice del debito pubblico americano) e presto Potenza militare di peso come minimo regionale. Dal canto loro, i pianificatori militari statunitensi hanno elaborato nel corso degli anni ’90 diverse visioni strategiche tese proprio al definitivo consolidamento del potere americano, le quali, seppur non del tutto ignorate sotto le due amministrazioni Clinton, hanno trovato ben maggior sostegno sotto le ultime due amministrazioni Bush nella persona del Segretario alla Difesa Donald Rusfeld.

Ai fomentatori di queste “unipolar illusions” gli studiosi (neo)realisti ricordano che la teoria del “balance of power” - suffragata da secoli di storia delle relazioni internazionali- è inequivocabile circa le implicazioni dell’unipolarismo rispetto al comportamento degli altri Stati: la presenza di un’unica Superpotenza stimolerà il sorgere di nuove grandi Potenze, o di coalizioni di medie potenze, determinate a bilanciare lo Stato predominante (“in unipolar systems, states do indeed balance against the hegemon’s unchecked power”[1]). La questione non è quindi “se”, ma “quando” il “balance” si riformerà. La risposta di Cristopher Layne –voce critica della politica neocon dal punto di vista realista, e parte del movimento accademico “Coalition for a Realistic Foreign Policy”- è “fairly quickly” (“molto presto”). Come Kenneth Waltz, egli sostiene che l’unipolarismo sarà trasformato in multipolarismo entro la prima o seconda decade del ventunesimo secolo.

E’ interessante notare come questa previsione sia stata accolta nei documenti di programmazione militare come il limite temporale (“finestra di opportunità”) entro il quale consolidare la posizione degli Usa di unica Superpotenza militare e impedire l’ascesa di un “peer competitor” antagonista: i militari, ed i fautori dell’unipolarismo in generale, partono da un’analisi realista della situazione internazionale per superarne la logica di base, mirando a impedire la realizzazione delle sue previsioni. Tal “Grand Strategy” unipolarista implica la realizzazione di una capacità soverchiante di forza militare, cioè l’implementazione del concetto di “Full Spectrum Dominance”, inteso come insieme di deterrenza, controllo e capacità di proiezione militare in tutti i possibili campi di battaglia su scala planetaria.

In questo quadro s’inserisce l’attività del Project Air Force della Rand Corporation (think-tank partner della U.S. Air Force e legato alle lobbies dell’industria militare) che agli inizi del 2003 ha divulgato lo studio “Mastering the Ultimate High Ground: Next Steps in the Military Uses of Space”.

In ragione del ruolo centrale che il dominio statunitense dello spazio gioca attualmente all’interno della sicurezza del Paese, e in previsione della sua funzione di architrave a sostegno e implementazione delle dottrine militari del prossimo futuro, tale studio offre argomentazioni in favore dello sviluppo rapido delle capacità militari statunitensi nello spazio a tutela di tale predominio, osservando che le Forze armate statunitensi sono dipendenti dai mezzi di comunicazione satellitare, i quali potrebbero subire attacchi tramite bombe nucleari o a impulsione elettromagnetica - da parte di potenziali nemici che però non identifica. Partendo da questi presupposti, lo studio giustifica la necessità di investire massicciamente nella guerra spaziale, al fine non solo di sorvegliare le attività spaziali delle potenze concorrenti, ma anche di “assicurare il nostro accesso continuato allo spazio e negare lo spazio ad altri, se necessario” -“ensure our continued access to space and deny space to others, if necessary”, nelle parole del Luogotenente Generale Edward G. Anderson III[2].

Il documento della Rand - come emerge chiaramente dalle parole del generale Anderson – è espressione della logica pro-unipolare che ha trovato una coerente sponda politica nell’ideologia neoconservatrice. Un po’ come gli scritti di Robert Kagan e William Wohlforth sulle riviste dell’establishment statunitese (rimando al Prologo) lo studio della Rand fa da cassa di risonanza e decisioni già prese dalle alte sfere politiche. Esso fa da eco all’annuncio di Donald Rumsfeld nel maggio 2001 della riorganizzazione dei programmi spaziali del Pentagono: “Alla Air Force sarà assegnata la responsabilità di organizzare, addestrare ed equipaggiare forze per rapide e sostenute operazioni spaziali, di carattere offensivo e difensivo”[3].

L’annuncio di Rumsfeld era sorprendente nella scelta dei tempi -- in quanto andava a esacerbare i timori e le polemiche già suscitate dall’annunciata volontà di denunciare il trattato Anti-Ballistic Missile (ABM) e di voler riprendere il piano di “scudo stellare” di Reagan per costituire un nuovo scudo missilistico (il Theater Missile Defense), avvalorando le tesi di chi considerava quest’ultimo progetto il primo passo per la “weaponization” (“armamento”) dello spazio da parte degli Usa -- ma non era un fulmine a ciel sereno, in quanto poco prima, nel gennaio 2001, subito dopo la sua nomina a Segretario alla Difesa, Rumsfeld aveva pubblicamente annunciato le raccomandazioni della “Congressional Commission to Assess United States National Security Space Management and Organization” da lui presieduta:

“Sappiamo dalla storia che ogni elemento -aria, terra e mare- ha visto dei conflitti […] La realtà indica che lo spazio non sarà differente. Data questa virtuale certezza, gli Usa devono sviluppare i mezzi sia di deterrenza che di difesa contro atti ostili nello e dallo spazio. Ciò richiederà superiori capacità spaziali […] Gli Usa devono avere l’opzione di dispiegare armi nello spazio quale mezzo di deterrenza contro le minacce e, se necessario, di difesa contro attacchi ai propri interessi [...] l’avere tale capacità darebbe agli Usa un deterrente molto più forte e, in un conflitto, uno straordinario vantaggio militare.”

Affermazione, quest’ultima, che lascia aperta la strada ad un uso non esclusivamente difensivo. La conferenza per la stampa dell’8 maggio 2001, quindi, non era che il primo passo della istituzionalizzazione del Rapporto della Commissione, il quale non era che un rimaneggiamento di rapporti già pubblicati negli anni precedenti dallo US Space Command[4].

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[1] Cristopher Layne, The unipolar illusion: why new great power will arise, “International Security”, vol.17, n.4, 1993
[2] Mastering the Ultimate High Ground: Next Steps in the Military Uses of Space, http://www.rand.org/publications/ MR/MR1649/
[3] Donald Rumsfeld, discorso dell’8-5-2001, http://www.defenselink.mil/news/may2001/ b05082001_bt201-01.html
[4] Ruth Rosen, Arming the Heavens, “Peacework”, May 2001


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