Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Hai 3 prodotti nel carrello Carrello
Home / Articoli / "Rivoluzione" alla francese

"Rivoluzione" alla francese

di Alain de Benoist - 10/07/2007

Non è ancora la VI Repubblica,

ma è come se lo fosse. Designato

come capo di Stato da una

elezione presidenziale che ha determinato

un vero capovolgimento del paesaggio

politico francese (apparizione

del MoDem, crollo dei Verdi e del Partito

Comunista, crisi del Partito Socialista,

ricaduta del Fronte Nazionale al

livello di quindici anni fa), Nicolas

Sarkozy ha subito impresso il proprio

stile alla sua funzione. Uno stile decisamente

“postmoderno”, con un Presidente

che fa “jogging”, dice “O.K.”

nelle conferenze stampa ed usa frasi

composte da venticinque parole al

massimo. Uno stile di una straordinaria

volgarità. Il ciclo Chirac-Mitterrand

è proprio finito. Chirac è già la

preistoria!

Sarkozy è l’uomo della fretta. Specchio

della sua epoca, vive solo nell’istante

presente. Ormai forte di una maggioranza

assoluta all’ Assemblea nazionale

(315 seggi), anche se l’“onda blu”

annunciata non ha avuto alla fine

l’ampiezza prevista, con il controllo

della maggior parte dei grandi media

tramite l’ intermediazione dei suoi amici

della lobby militar-industriale francese,

disponendo dei pieni poteri, il

nuovo Presidente della Repubblica

vuole andare di fretta. E vuole controllare

tutto di persona, usando tutto

il proprio potere personale. Sin da

questa estate, saranno messe in atto le

principali riforme che ha annunciato

(nuovo statuto delle Università,

instaurazione di un servizio minimo in

caso di sciopero dei trasporti pubblici,

nuove leggi sulla sicurezza, riforma

fiscale). Ne va della sua credibilità.

In occasione del recente summit a Bruxelles,

gli occorreva almeno l’apparenza

del successo. L’ha avuta, poiché i 27

Stati membri hanno finalmente trovato

l’accordo per convocare una conferenza

intergovernativa incaricata di mettere

a punto da ora fino alla fine dell’anno

la redazione definitiva del suo

famoso progetto di “trattato semplificato”.

I membri dell’Unione europea

hanno in realtà accettato l’idea di questo

trattato, ma non il suo contenuto

che resta, per il momento, molto nebuloso.

Si sa solo che riprenderà il sistema

di voto della

degli Stati membri e

65% della popolazione),

sistema destinato a sostituire

nel 2014 il complesso

meccanismo della ponderazione

dei voti in vigore dal

trattato di Nizza.

Per il resto, tutto è rimandato.

La Turchia? Sarkozy

è in teoria sempre ostile al

suo ingresso nell’Unione

europea. Ma il suo ministro

degli Affari esteri, Bernard

Kouchner, vi è decisamente

favorevole. Michel Barnier,

consigliere di Sarkozy, confessava

qualche giorno fa:

«Come trovare un comun

denominatore tra diciotto

Paesi che, avendo ratificato

una Costituzione, rifiutano

di contraddirsi? Tra di loro

due Paesi, avendola respinta,

non vogliono in alcun

caso ricredersi, e sette Paesi

non hanno ancora deliberato,

ma la pensano allo stesso

modo, poiché condividono

molto spesso le stesse riserve

degli altri».

Nell’immediato, la chance

di Sarkozy è di trovarsi di

fronte una opposizione che

non si è ancora ripresa dal

modo in cui, con un talento

incontestabile, è riuscito a

disarmarla. Nelle elezioni

presidenziali, Sarkozy aveva

già sottratto al Fonte

Nazionale i due terzi del suo

elettorato. Comprendendo

che la destra di governo non

poteva battersi su due fronti,

ce l’aveva fatta infrangendo

la tattica del “cordone

sanitario” che era stata

adottata da Jacques Chirac.

Ricevendo il 20 giugno

Jean-Marie Le Pen all’Eliseo

durante le consultazioni

con tutti i capi di partito,

Sarkozy ha avuto buon gioco

a mostrare che ai suoi

occhi il Fronte Nazionale è

“un partito come gli altri”.

Al tempo stesso, alle legislative

, ha saputo recuperare i

voti di gran parte degli elettori

di François Bayrou (che

disporrà solo di quattro seggi

in Parlamento), dopo

aver annesso la maggioranza

degli ex deputati dell’UDF.

Infine, ha gettato la

sinistra nello scompiglio

riuscendo a far entrare nel

suo governo non soltanto

molte più donne di quante se

ne siano mai avute in un

governo francese, ma anche

personalità di sinistra - Bernard

Kouchner, Martin

Hirsch, Eric Besson, Jean-

Marie Bockel, etc. - e rappresentanti

delle “minoranze

visibili”.

Il Partito Socialista sprofonda

nella crisi di giorno in

giorno. È solo questione di

“rinnovamento”, di “rifondazione”

e di aggiornamento,

ma come giungervi?

Dopo tre sconfitte successive

alle presidenziali, il PS si

ritrova davanti ad un programma

arcaico ed un sistema

di alleanze superato.

Diviso tra sostenitori ed

avversari di Ségolène

Royal, privo di un capo

riconosciuto, parla di giustizia

solo in termini di morale,

perché non è più capace

di darne una definizione in

termini politici. La sinistra

francese non ha più un progetto

politico autonomo dalla

caduta del muro di Berlino

e la scomparsa dell’URSS.

Lottando contro

l’“intolleranza” più che contro

lo sfruttamento, ha la

tendenza a riconvertire i

problemi economici e politici

in problemi “culturali”.

Davanti allo schieramento

planetario del capitale, sa

opporre soltanto geremiadi,

litanie e proposte di regolazione,

proprio nel momento

in cui le evoluzioni socioeconomiche

sono sempre più

foriere di inquietudini. Essa

è una anti-destra che non sa

più cosa sia in senso positivo

essere di sinistra.

Resta il problema della rappresentazione.

Il bipolarismo,

che pare abbia istituzionalizzato

le ultime elezioni,

è solo un’apparenza,

risultato dell’assenza di

ogni rappresentazione proporzionale

nel sistema dello

scrutinio.

Nel maggio 2005, il 55% dei

francesi si era pronunciato

per il “no” al progetto di

trattato costituzionale europeo.

Oggi, il Parlamento è

dominato al 95% dai due

partiti, l’UMP e il Partito

Socialista, che si erano

schierati per il “sì”. Sembra

così che la “Francia reale”

sia stata soffocata dalla

“Francia legale”. Bisognerà

aspettarsi di vederla risorgere

un giorno.