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Arance amare

di Mario Di Mauro - 14/12/2005

Fonte: terraeliberazione.org

 

L’Etna diventa sempre più bella. La Bocca Nuova, dal bosco della Milìa, è una testa d’aquila al centro di due ali immense che si aprono sul Mediterraneo...

In tv impazza lo spot dell’aranciata sanpellegrino: una macchina e un idiota in camice bianco interrogano le arance chiedendo se sono siciliane o clandestine: le prime passano l’esame e finiscono spremute dentro le buatte. Le seconde vengono risucchiate e, diciamo, ributtate a mare.

Non ho mai visto, in 43 anni, niente di più criminale, falso, insultante, spacciato con una tale ovvietà. L’ovvietà di uno spot che viene diffuso nell’aria alla velocità di un gas. Un gas di cinismo alimentato da ignoranza e idiozia inaudite. Marketing della putrefazione del tardoimperialismo straccione. Il “declino” italidiota genera zombies.

Sono nato a Ramacca, nella piana della arance, nel cuore della Sicilia zolfifera e contadina. Nei primi anni Settanta, con le rimesse degli emigrati in Germania e a Malànu, si impiantarono giardini di naraji e si aprirono putìe e si costruirono case per i figli studiati...Poi si viveva in nuvole di moscerini che risalivano col profumo di zagare impazzite dagli agrumeti in crisi e dalle arance scafazzate dai trattori dell’AIMA. Una festa...per le rondini.

Fu una distruzione pianificata. La pillola scaduta che veniva spacciata nell’Orange Belt del Simetu River, come uno spot neocoloniale: “c’è la crisi di sovraproduzione”. Mi sono permesso di smontarla e di dimostrare che la curva della produzione mondiale di arance era in ascesa costante, con tratti esponenziali e picchi che nessuno stava studiando.

Poi dissero che la colpa era delle nostre produzioni tipiche, bisognava riconvertirle “alla spagnola”. Altra pillola scaduta, che “Terra e LiberAzione” smontò nel 1984.

Poi arrivarono i “contributi per la riconversione”, con relative truffe reiterate: ne ricordo una, di una sottospecie di boss ammanigghjiato al Consorzio di Bonifica, che ogni anno estirpava e ripiantava il suo agrumeto. In contrada Palma. Erano tempi difficili per me: minacce e incompresione, ma anche tanta muta solidarietà proletaria.

Ora, dopo il nulla, si raccoglie anche la nemesi di quanto fu seminato. Sul resto sorvoliamo.

I colossi dell’agrobusiness padano comprano arance siciliane a prezzi da AIMA. La filiera agrumicola non esiste (o quasi, c’è Oranfreezer, ma si è radicata solo nel mondo delle Coop. tosco-emiliane, se non ricordo male, e ci sono ristrutturazioni interessanti, come alla Trigona nel lentinese. Ma -per il comparto- forse è troppo tardi; nè vedo alcun futuro per la “fascia trasformata”, da Mazara a Vittoria: l’agrobusiness romano ha appena chiuso un contratto favoloso in Libya: vedrete. Ma la nemesi verrà dal prossimo POR: una abbuffata di carte che figliano carte con l’alibi della...”identità”!).

Ancora non capisco perchè non me ne vado...per quale ragione non riesco a lasciarmi alle spalle la mia Scogliera Nera, questi fiumi secchi, questi scecchi che ci “governano”.

Questa Sicilia è senza testa, senza partiti, senza università, senza sindacati...che ne coltivino l’Identità e il diritto all’Indipendenza.

L’agrobusiness padano si può permettere il crak Parmalat, le riscalate alle nostre ex-banche, e anche gli insulti antisiciliani e antimediterranei dello spot sanpellegrino.

Se fu l’Oro del Sudan, scambiato con la pasta di Trabia e i frutti della Terra, a trasformarsi in kanat, gebbie e giardini di rose e naranj al tempo dell’Emirato di Siqillya, quando Palermo crebbe da tremila a duecentomila abitanti e la Sicilia rinasceva sulle ceneri millenarie della devastazione romano-bizantina, colonia granaria infine delle Chiese di Roma, Milano e Ravenna...oggi, la delizia di un frutto che parlava skallyano, cioè arabo-siciliano, diventa arma mediatica di un razzismo anti-immigrati che non appartiene all’Identità Siciliana, alla nostra Tradizione civile millenaria, al nostro essere figli dell’insularità mediterranea.

La Verità siciliana è spremuta, imbuattata e marchiata altrove. Al peggio non v’ha fine?.

Stasera mi faccio una bella insalata di arance amare, con la cipolletta di Turi, vecchio massaro che travagghjia o ventu...e conosce tante cose.