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L'ennesimo ultimo sforzo. Bush chiederà al Congresso altri 50 miliardi per la guerra in Iraq

di Alessandro Ursic - 01/09/2007

Bush si prepara a chiedere al Congresso altri 50 miliardi per la guerra in Iraq
Indecisi se possono ancora vincerla o meno, della guerra in Iraq gli Stati Uniti possono stare sicuri di una cosa: non hanno finito di pagarla. Mentre si attende il rapporto sulla situazione nel Paese che verrà presentato il 15 settembre dal generale David Petraeus, un ufficiale governativo ha anticipato al Washington Post che l'amministrazione Bush ha intenzione di chiedere al Congresso altri 50 miliardi di dollari per finanziare il conflitto. La somma andrebbe aggiunta ai 147 miliardi già stanziati per l'anno fiscale 2008, che inizia il prossimo ottobre, e ai 460 miliardi destinati al bilancio complessivo del dipartimento della Difesa. Sulla strategia da seguire in Iraq, settembre promette di essere un mese bollente.

George W. Bush con il generale David PetraeusIl finanziamento. La richiesta per ulteriori 50 miliardi, se verrà confermata dai fatti, servirebbe a coprire le spese per la potenziata presenza Usa nel Paese, che dal febbraio scorso è stata aumentata di circa 28.000 uomini. Semplice mantenimento dell'operazione di surge già approvata a inizio anno, insomma: tenere sul terreno 160.000 militari, gran parte dei quali concentrati a Baghdad, sta costando più del previsto. Ma il significato politico potrebbe essere più ampio, segnalando che la Casa Bianca non ha paura di vedersi bloccata da un Congresso in maggioranza ostile. Anche se le conclusioni del rapporto Petraeus rimangono un segreto, gli analisti ritengono probabile che il generale traccerà un bilancio tutto sommato positivo della potenziata missione irachena. Un ragionamento del tipo: i primi risultati si cominciano a vedere, possiamo ancora vincere ma il nostro lavoro non è finito. Che sarebbe anche il succo del discorso pronunciato martedì da Bush a Reno, nel Nevada, di fronte a una platea di veterani: abbiate fiducia, vinceremo.

Un gruppo di soldati statunitensiGli schieramenti. In realtà, a Washington la questione Iraq divide ormai anche i due partiti al loro interno. I repubblicani, una volta granitici dietro le decisioni del presidente, ora esprimono tutti i loro dubbi sulle possibilità di cambiare davvero le cose. L'ultima “diserzione” è venuta dal senatore John Warner, che ha invitato Bush a iniziare un ritiro graduale entro la fine di quest'anno; qualche giorno prima, dopo l'uscita di un rapporto della Cia che riteneva l'esecutivo iracheno “incapace di governare in modo efficace”. E i democratici, che in primavera hanno dovuto soccombere al veto di Bush sulle loro richieste di ritiro, sono meno compatti di qualche mese fa nella loro opposizione al conflitto. I due principali candidati democratici alle presidenziali, Hillary Clinton e Barack Obama, recentemente hanno ammesso che l'escalation militare nella capitale ha avuto alcuni effetti positivi. E per quanto a Washington i democratici che controllano il Congresso premano tuttora per un graduale ritiro delle truppe americane, sanno anche che negare il finanziamento richiesto dal commander in chief Bush in tempo di guerra rischierebbe di etichettarli come anti-patriottici. L'esito più probabile, ritengono gli osservatori, è questo: l'ulteriore finanziamento di 50 miliardi verrà concesso, e in cambio i democratici emenderanno il testo prevedendo nuove voci di spesa anche in patria.

Un gruppo di sfollati iracheniSempre più sfollati. Rimane da stabilire se la surge stia davvero funzionando. Pensato per stabilizzare l'area di Baghdad e di porre un freno alle violenze settarie, l'aumento delle truppe ha portato a una diminuzione degli attentati nella capitale. Ma un rapporto della Mezzaluna Rossa, pubblicato nei giorni scorsi, mostra come il numero degli iracheni che hanno abbandonato le loro case sia aumentato da 500.000 a 1,1 milioni da quando è iniziata l'escalation. In particolare, a Baghdad, il numero di sfollati si è moltiplicato per 20. Il 63 percento sostiene di essere scappato perché temeva per la propria vita, il 25 percento spiega di aver fatto i bagagli sotto la minaccia di uomini armati. E questi sono sono gli sfollati interni: contando anche quelli rifugiatisi all'estero, si calcola che il totale arrivi a 4 milioni. Fino a qualche mese fa, gli Stati Uniti non avevano fatto praticamente niente per accogliere parte di di questi rifugiati. Ora, per mandare a scuola le centinaia di migliaia di bambini iracheni sparsi tra Siria, Giordania, Egitto e Libano, Washington ha appena deciso di stanziare 30 milioni di dollari. Ossia lo 0,0006 percento di quei 50 miliardi.