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Informazione «bombardata» a pagamento

di Manlio Dinucci - 21/12/2005

Fonte: Il Manifesto

 
Le elezioni in Iraq, che segnano «l'inizio della democrazia costituzionale nel cuore del Medio Oriente», permettono agli iracheni di divenire «membri a pieno titolo del mondo libero»: lo ha annunciato il presidente Bush nel discorso televisivo trasmesso domenica dalla Casa bianca. Ma, proprio mentre pronunciava queste parole, uscivano altre prove di come il «mondo libero» rispetti la libertà degli iracheni. «I funzionari militari statunitensi in Iraq - confermava lo stesso giorno The Los Angeles Times (18 dic.) - erano pienamente consapevoli che un contrattista del Pentagono pagava regolarmente giornali iracheni per pubblicare storie positive sulla guerra». L'operazione rientra in quella che The New York Times definisce «la guerra dell'informazione condotta segretamente dai militari». La dirige il Comando Usa per le operazioni speciali (Ussocom) che, nel suo Rapporto 2005, elenca i successi ottenuti in Iraq: dalla uccisione o cattura di nemici, che ha permesso di «generare» informazioni per ulteriori azioni, ai «visibili risultati contro gli insorti di Fallujah» che sono stati bombardati «minimizzando i danni collaterali». Lo Ussocom non parla ovviamente delle numerose operazioni segrete, tra cui rientra quella effettuata nei confronti dei media iracheni ed emersa solo ora grazie a inchieste giornalistiche.

Nel giugno di quest'anno, per preparare le «libere elezioni» in Iraq, lo Ussocom ha stipulato segretamente con tre società statunitensi - Lincoln Group e SYColeman di Washington e Science Applications International Corp. di San Diego - contratti per l'ammontare di 300 milioni di dollari perché diffondessero nei media iracheni slogan, articoli, programmi radiofonici e televisivi favorevoli alla politica statunitense. Il materiale veniva preparato dagli addetti del Lincoln Group e delle altre due società «in stretto contatto con i militari della Information Operations Task Force a Baghdad» e era «sottosposto allo stretto monitoraggio di un alto ufficiale dell'esercito». A novembre era stato lo stesso esercito a commissionare una serie di articoli, tra cui «Gli iracheni devono unirsi contro il terrorismo» e «Soldati iracheni catturano un maggior numero di nemici». A questo punto era compito dei contrattisti far sì che gli articoli e i programmi radiotelevisivi fossero diffusi dai media iracheni.

Il metodo era diretto e semplice: pagare sottobanco giornalisti e responsabili dei media. Come mostrano documenti passati al New York Times da un ex impiegato del Lincoln Group, per far pubblicare un articolo si pagavano da 50 a 2.000 dollari. In tal modo il Lincoln Group è riuscito a far pubblicare oltre mille articoli sulla stampa irachena. Quando sono uscite le prove, il Pentagono ha affermato di non sapere nulla di tale faccenda e, a riprova della sua buona fede, ha costituito una «commissione d'inchiesta». Eppure lo stesso Pentagono, nel 2002, aveva aperto un «Ufficio dell'influenza strategica» con il compito di «fornire notizie, anche false, ai media stranieri». Quando la cosa era venuta alla luce in un'inchiesta del New York Times, il segretario alla difesa Rumsfeld aveva chiuso in gran fretta questo ufficio. Ciò non significa, però, che abbia rinunciato a esercitare una «influenza strategica» sui media. Il testimone è stato quindi passato al Comando Usa per le operazioni speciali, che ha bombardato gli iracheni con bombe vere e notizie false per farne «membri a pieno titolo del mondo libero».