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Il libro della settimana: Fabrizio Marchi, Le donne: una rivoluzione mai nata

di Carlo Gambescia - 25/10/2007

Il libro della settimana: Fabrizio Marchi, Le donne: una rivoluzione mai nata, Mimesis Edizioni, Milano 2007, pp. 144, euro 12,00

Il libro di Fabrizio Marchi (Le donne: una rivoluzione mai nata, postfazione di Lidia Ravera Mimesis Edizioni 2007, pp. 144, euro 12,00) è qualcosa di più di un semplice pamphlet. Ci spieghiamo meglio..
L’autore, di professione giornalista ("bilaureato"), non si limita a registrare una situazione, magari ironizzando in modo elegante, ma si mostra capace di andare oltre gli aspetti superficiali della questione “femminile” (o “femminista” a seconda dell’approccio). Non fa solo del buon giornalismo "di costume", ma offre interessanti spunti di analisi sotto il profilo sociologico. Insomma, si tratta di un piccolo testo che può divertire ma anche istruire, non solo le “femminucce” ma anche i “maschietti”, per dirla con Marchi.
Qual è la tesi generale? Le donne, oggi, avrebbero accettato il modello socioculturale ipercapitalistico dominante, trasformandosi in manager di se stesse. Ci riferiamo, seguendo l’autore, a un modello segnato per un verso dalla mercificazione di uomini e donne, e per l’altro dalla ferrea costrizione, entro rigidi schemi culturali utilitaristi, della stessa attività sessuale.
Qual è invece l’alternativa suggerita? Secondo Marchi uomini e donne dovrebbero lavorare psicologicamente su se stessi per imporsi e imporre, prima sul piano individuale e poi sociale, una visione delle sessualità non mercificata e antiutilitaristica. Per usare una sua espressione: “dionisiaca”. Una sessualità fondata, non tanto sul Marcuse, teorico della liberazione degli istinti, quanto sul sulfureo Nietzsche, profeta della sublimazione dei medesimi: una sessualità come libero dono di se stessi all’altra o all’altro; come dire, al di là del bene e del male. Una sessualità, finalmente svincolata da ogni convenzione sociale, capace di ispirarsi ai ritmi della danza di Zarathustra...
Il libro è interessante perché illumina con tocco leggero ma vivace (soprattutto grazie allo stile agile e brillante dell’autore) i meccanismi psicologici e sociologi che presiedono agli attuali rapporti tra i due sessi. Naturalmente lasciamo al lettore il piacere di scoprirli.
Tuttavia, proprio sul piano sociologico il libro sembra restare come sospeso tra Nietzsche e Pareto. Perché? Per un verso Marchi collega la sessualità alla socialità primaria, come potere liberatorio e creativo (Nietzsche), dall’altro però mostra di essere consapevole della natura "organizzativa" della società: come sorgente di socialità secondaria (Pareto). E perciò della necessità di una qualche “gabbia” istituzionale all’interno della quale ricondurre i “residui” profondi della socialità umana, tra i quali c’ è quello sessuale, che chiede di essere fisiologicamente soddisfatto (ancora Pareto). Per farla breve le società per “durare” devono organizzarsi, piaccia o meno. L’atto sessuale ha sempre necessità di una sanzione sociale. Ecco il dilemma, o peggio, il dramma di un vivere sociale sospeso tra natura e cultura…
Ora, le società moderne si sono “organizzate” - ma non solo - intorno al massimo sviluppo dei diritti individuali, tra i quali spiccano quelli delle donne, oggi in larga parte accolti. Perciò sostenere - prescindendo dai giudizi di merito - il ritorno a una sessualità dionisiaca può mettere a rischio “oggettivamente” un fattore organizzativo determinante, quello dei diritti, che tra l’altro vengono intesi dai moderni in termini quantitativi: più se ne possiedono, più un sistema sociale, politico ed economico è democratico. Il che spiega la freddezza di Lidia Ravera, che nella sua postfazione, da femminista rigorosa, non può non interpretare le critiche di Marchi a una donna oggi portata a interpretare in modo utilitaristico i suoi rapporti con l’uomo, come una specie di attentato alla democrazia dei moderni…
Pertanto l'ipotesi della sessualità dionisiaca, pur filosoficamente affascinante, resta difficile da applicare sul piano concreto: sociologico. Appunto perché le società hanno bisogno di stabilità, di ruoli e di status, e se modernamente intesi, di conseguenti diritti individuali.
Probabilmente, andrebbe fatto un salto di qualità: una sessualità concepita come dono richiederebbe una società postcapitalista e antiutilitarista. Ancora tutta da inventare. Purtroppo. Dove i diritti siano sganciati dalle posizioni di ruolo e di status e dove la divisione del lavoro non implichi più divisioni gerarchiche: una società comunista - come diceva quel “filosofo con la barba” (p. 29), per usare l’ espressione di Marchi - dove la mattina si faccia una cosa, il pomeriggio un’altra e la sera un’altra ancora…
Putroppo, Pareto, che come sociologo noi stimiamo quanto il Marx economista, ha insegnato quanto una società del genere sia irrealistica
Comunque sia, spetta ai lettori la scelta definitiva sulla base delle diverse preferenze ideologiche… O “derivazioni” come le chiamava Pareto. Di qui però il nostro consiglio di leggere l’intrigante pamphlet - ma non solo - di Fabrizio Marchi, "a prescindere". Come avrebbe detto Totò, che a una presunta e bellissima “malafemmena”, quando ancora in Italia non si parlava di diritti della donna, dedicò una dolcissima e malinconica canzone...