Manifesto dei non sottomessi
di autori vari - 25/01/2008
Pubblichiamo il documento conclusivo dell'incontro mondiale dei circoli
di lettura di Ivan Illich, probabilmente il più lucido studioso di
critica allo sviluppo e di decrescita conviviale, incontro che si è
svolto a Cuernavaca, in Messico, in dicembre. Il testo [tradotto da
Elisa Frediani] è stato diffuso in Italia da Aldo Zanchetta che è intervenuto all'incontro.
«Celebrazione del risveglio. Manifesto politico dei non sottomessi»
È tempo di celebrazione. È giunta l'ora del cambiamento e possiamo
celebrare assieme il nostro risveglio e le capacità che tra tutti e
tutte possiamo mettere a disposizione. È tempo di celebrare la nostra
speranza.
Celebriamo il risveglio. Uno dopo l'altro i sogni spezzati sono
diventati incubi. I sogni dell'industrializzazione e
dell'urbanizzazione, della crescita economica, dello sviluppo e del
progresso. I sogni della American way of life e del capitalismo o del
socialismo. Al risveglio l'orrore continuava ad essere lì. Ciascuna
delle calamità naturali che ci colpiscono e che sono in aumento reca
l'impronta di qualche irresponsabilità. Meno di cento persone possiedono
più ricchezze materiali di tutti gli altri abitanti del mondo messi
insieme. E continuano ad accumulare.
Il risveglio parte dal riconoscimento lucido, senza catastrofismi né
riduzione a spettacolo, del fatto che le istituzioni dominanti sono in
crisi.
. I sistemi educativi espellono più gente di quanta ne assorbano,
generano spirito gregario, dipendenza e discriminazione e sminuiscono o
dequalificano la produzione autonoma del sapere. Non preparano né per il
lavoro né per la vita. I giovani "educati" dal sistema non troveranno
certo l'impiego che sognavano: 7 su 10 non potranno mai lavorare nel
settore per cui hanno studiato. E la scuola, sradicandoli e assorbendo
il loro tempo e la loro attenzione, impedisce che imparino i saperi e le
abilità che darebbero loro capacità di esistenza autonoma.
. I sistemi sanitari fanno ammalare e discriminano, castigano la libertà
autonoma di guarire e incrementano assuefazioni e dipendenze che non
possono soddisfare.
. I sistemi di comunicazione isolano, separano, manipolano e puntellano
meccanismi di controllo castranti.
. I sistemi politici sono la negazione della democrazia, avvolgono di
illusioni la struttura di dominazione e stimolano libertà che rendono
schiavi, che generano prigionieri della dipendenza o dell' invidia, e
nello stesso tempo legano mani, piedi e lingue e tappano narici, orecchi
e occhi, per negare la violenza e il caos che in questo modo propiziano
e per impedire iniziative.
Il risveglio ci permette anche di contare le nostre benedizioni. Ci sono
ancora nelle città iniziative che ordiscono un tessuto di reciproco
aiuto. Intere comunità vivono radicate nelle proprie tradizioni
millenarie, nelle quali l'acqua è ancora considerata sacra e tutti hanno
libero accesso ad essa secondo le regole proprie di un ambito
comunitario. Da essi traggono ispirazione coloro che sono fuggiti verso
il futuro, con la modernità. Per rimpiazzare gli spazi pubblici di oggi,
impersonali e astratti, creano ambiti comunitari che raccolgono ed
esprimono lo spirito del luogo. In queste sacche di resistenza le
persone prendono nuovamente nelle proprie mani le decisioni che
influenzano la loro vita e percorrono di nuovo le proprie strade.
Sappiamo che queste e molte altre benedizioni potrebbero scomparire. Ma
è motivo di celebrazione constatare che l'impegno per salvarle sta
crescendo fra i non sottomessi, i ribelli, gli scontenti o fra i
cosiddetti poveri, che sono la maggioranza. Sanno che la guerra
incessante scatenata contro di loro può privarli di sussistenza autonoma
e condannarli alla miseria dipendente. Sanno anche che l'ondata
devastatrice dell'avido sistema annienterà ogni impegno isolato. Per
questo, organizzati per resistere, oggi trasformano la loro resistenza
in lotte di liberazione. Fermi nella dignità dei propri ambiti,
costruiscono catene di fiducia e solidarietà e coalizioni coi molteplici
"noi" delle varie sacche di resistenza. Si costituiscono così reti di
protezione che riflettono l'ampliarsi della dignità di ciascuno e delle
sue relazioni con gli altri e con la natura e si trasformano passo a
passo nel sostegno del mondo che stanno così re-inventando.
Le crisi hanno effetti drammatici sulla vita quotidiana, però
rappresentano anche l'alba di una liberazione rivoluzionaria, che
favorisce l'emancipazione dalle istanze che mutilano le libertà.
Rivelano la natura e le debolezze del sistema dominante. Il capitale, ad
esempio, ha più appetito che mai, ma non lo stomaco per digerire tutti
quelli che vuole controllare.
L'equità e la libertà sono del tutto illusorie se la società si
organizza intorno alle automobili e alle scuole e mantiene al centro
della vita sociale lo sviluppo della sfera economica. Per sottrarsi alle
crisi periodiche, frutto della voracità e dell'incompetenza, e ai danni
causati dalla crescita economica, è giunta l'ora di proporsi la
riduzione calcolata dell'economia ufficiale, ridimensionando la sfera
che cresce come un cancro e favorendo la spansione della sussistenza
autonoma. Nel porre di nuovo la politica e l'etica al centro della vita
sociale, subordinando ad esse l'attività economica, si sostituisce
l'ossessione per la crescita economica con la visione di una società
conviviale che garantisce a ciascuno libero accesso agli strumenti
comunitari, il cui utilizzo vede come unica restrizione il non
danneggiare la libertà di accesso degli altri.
Celebriamo la maturità tecnologica alla quale siamo arrivati. Sulla base
dei mezzi tecnici attualmente disponibili tutti gli abitanti del mondo
possono crearsi una vita buona, nei termini in cui in ogni luogo e in
ogni cultura si definisce la buona vita. Ogni persona potrebbe avere
accesso in misura sufficiente al cibo, al vestiario e all'abitazione,
se quei mezzi, alla portata di tutti e tutte, vengono impiegati in forma
economicamente fattibile, socialmente giusta ed ecologicamente sensata,
al di là delle ideologie fallimentari che hanno dominato il secolo
XXesimo e del sistema la cui agonia semina ancora instabilità e caos.
L'espansione della dignità è una sfida radicale ai sistemi esistenti,
poiché l'autonomia creatrice scalza alla radice le strutture su cui è
basata la dominazione. Le reazioni tendono ad essere violente e
distruttrici e la trasformazione stessa impone sacrifici e sforzi
Sappiamo, inoltre, che rinunciare a miraggi e illusioni che offrono
sicurezza e comodità e resistere alla pressione castrante del sistema
non è facile. Però le difficoltà che intravediamo non ci fanno
arretrare. Svegliarsi vuol dire anche recuperare la condizione umana e
l'arte di soffrire, godere e morire di cui facciamo tesoro, trasformando
il nostro scontento in affermazione dell'arte di vivere con dignità.
Le crisi attuali sono tutte crisi di grandi dimensioni, perché le
attività economiche e politiche hanno oltrepassato la scala umana. Sono
prodotto dell'arroganza e attirano il loro stesso castigo. Con la piena
coscienza dei limiti naturali e sociali, al fine di combattere contro la
scala oceanica delle grandi potenze nazionali e dei mercati comuni, si
può costruire una rete di argini vernacolari fra loro interconnessi,
entro i quali operino forme di scambio locale molto autosufficienti. In
essi non potranno aver luogo le ondate devastatrici che caratterizzano
gli avvenimenti odierni.
Questi argini cominciano a riflettere la misura in cui si recupera il
senso della proporzione, il senso che si ha della comunità, il che rende
possibile l'autonomia creatrice e la libertà e può dare alla democrazia
un senso di realtà. La democrazia non può stare se non nel luogo in cui
la gente sta.
La vivono e la esprimono uomini e donne comuni che definiscono
liberamente, nelle loro assemblee autonome, i problemi che li riguardano.
Nominare l'intollerabile, in un mondo che comincia a mostrarsi
disperato, è già in sé la speranza. Se consideriamo qualcosa
intollerabile, si deve fare qualcosa. Per questo la speranza è l'essenza
dei movimenti popolari. Nel riscoprirla come forza sociale si dischiude
la possibilità del cambiamento.
La speranza non deve essere vista come la convinzione che accadrà ciò
che concepiamo, alla maniera delle predizioni convenzionali che generano
attese illusorie. È la convinzione che qualcosa ha senso,
indipendentemente da ciò che accadrà. Per questo la pura speranza
risiede come prima cosa, in forma misteriosa, nella capacità di nominare
l'intollerabile, una capacità che viene da lontano e rende inevitabili
la politica e il coraggio che proteggono le nostre benedizioni, le
coltivano e le fanno fiorire. Invece di restare in attesa o riporre la
speranza in miraggi, siamo in movimento, sganciandoci a poco a poco da
ciascuno dei sistemi che ci rendono schiavi e ci sminuiscono per
costruire in libertà un mondo nuovo, in cui siano contenuti i molti
mondi che noi siamo.
Non accettiamo di venire ridotti ad atomi di categorie astratte, pure
particelle omogeneizzate che ballano al ritmo dei sistemi nei quali si
vuole integrare quegli individui ossessionati dal possesso in cui il
capitale cerca di trasformare tutti e tutte. Nelle nostre sacche di
resistenza ci consolidiamo nell'amicizia, come malta che forma nuovi
ambiti comunitari. In essi è possibile prendere le distanze dagli
strumenti materiali e sociali che rendono schiavi, per organizzare in
allegria la società che immaginiamo, al di là di ogni ingegneria sociale
e di ogni impegno pianificatore capitalista o socialista.
È giunta l'ora di celebrare la capacità di dare alla nostra realtà di
oggi la forma del domani, ben ancorata in un passato che continua ad
essere fonte di ispirazione.
Sottoscritto il 5 dicembre 2007 dai partecipanti all'incontro "La
convivialità nell'era dei sistemi", organizzato in omaggio a Ivan Illich
nel quinto anniversario della morte. È un manifesto aperto ad altri ed
altre che condividano queste idee, comportamenti e speranze e la
decisione di promuovere i cambiamenti e le proposte in esso auspicate.
****************************************