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Il libro della settimana: Alain de Benoist, Comunità e decrescita

di Carlo Gambescia - 12/01/2006

Fonte: carlo gambescia

 
Il libro della settimana: Alain de Benoist, Comunità e decrescita. Critica della ragione mercantile, Arianna Editrice 2006, pp.224, Euro 12,95


Va dato atto a Eduardo Zarelli, fondatore dell'Arianna Editrice (www.ariannaeditrice.it), di saper ben scegliere i libri che pubblica. Il suo catalogo, pur non ampio, può vantare tra gli altri, autori come Etzioni, Goldsmith, Sale, Sorokin, Charbonneau, Bonesio e appunto Alain de Benoist.
In particolare, quest'ultimo volume che raccoglie il meglio della più recente produzione teorica debenoistiana, si presenta di grande interesse oltre che di piacevole lettura (grazie anche all'ottimo, come sempre, lavoro dei traduttori).

I temi affrontati dal pensatore francese sono tutti di grande rilievo: la "terza età" del capitalismo; il borghese; la società depressiva"; libertà, eguaglianza, identità; il mito del progresso; ecologia e partecipazione; federalismo. Va però segnalato in particolare un saggio, che senza togliere nulla agli altri, vale l'acquisto dell'intera raccolta (tra l'altro ben prefata dallo stesso Zarelli): quello intitolato "Obiettivo decrescita!". Qui de Benoist, oltre a mostrare come sempre un'ottima conoscenza critica e bibliografica della materia, riesce a focalizzare gli aspetti filosofici e politici della questione.

Per un verso infatti, secondo de Benoist, l'idea di crescita economica permanente, non può non condurre all'autodistruzione del mondo in cui tutti viviamo ; per l'altro verso non si nasconde però due problemi: il primo consiste nella difficoltà intellettuale, se non impossibilità, di far accettare l'idea di decrescita a una cultura politica (a destra e sinistra) restia a criticare, in nome dei sacri valori dell'illuminismo e del progresso infinito, il mito della crescita economica a ogni costo ; il secondo problema consiste nella difficoltà sociologica, se non impossibilità , di mettere in pratica l'idea di decrescita, in una società, che col consenso interessato dei politici, ha trasformato i suoi membri in bambini viziati e annoiati.

De Benoist pone qui un problema fondamentale, prepolitico, evidenziato a suo tempo, da Rousseau: se l'uomo deve essere educato alla libertà. La libertà è qualcosa che si apprende o è innata nell'uomo? E comunque sia c'è la libertà dell'uomo solitario, estraneo all'altro, che vive nella giungla, e la libertà dell' l'uomo, essere sociale e politico, che non può estraniarsi, perché vive in società...

In questo senso: deve l'uomo essere educato alla "decrescita" (se questa appunto è una forma di libertà)? E se sì, da chi? E come?
E rispondere, come ammette lo stesso de Benoist, non è facile. Il quale si limita a indicare nella democrazia partecipativa e nel federalismo due preziosi strumenti di trasformazione sociale. Dando però così una risposta politica a un problema prepolitico. A meno che, e su questo sarebbe interessante un suo commento, il pensatore francese non consideri la democrazia partecipativa e il federalismo, strumenti "prepolitici": una specie di patrimonio antropologico, che l'uomo può riscoprire, senza necessariamente sottoporsi a un "processo educativo" alle "libertà partecipative e federali", imposto dall'esterno...