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Provisional IRA: radici di una guerra di liberazione

di Eugenio Roscini Vitali - 19/03/2008

 
 

Quando si parla di Ulster non si può non parlare della Provisional Irish Republican Army (PIRA), un binomio indivisibile che ha caratterizzato la storia nord-irlandese e le cui radici vanno ricercate nello scontro tra il movimento indipendentista cattolico di ispirazione repubblicana e le truppe di occupazione britanniche. Uno conflitto che molti hanno voluto etichettare come scontro inter-religioso tra cattolici e protestanti, nel quale i Provos avrebbero avuto il solo ruolo di gruppo terroristico, ma che rappresenta invece la lotta di liberazione del popolo gaelico dall’occupazione britannica. Un radicato spirito anticoloniale che nel tempo è entrato a far parte dello spirito stesso del popolo irlandese, iniziato nel XVI secolo con la guerra dei Tudor ed esploso nuovamente nel 1969 con gli scontri di Belfast e Derry e le sanguinose repressioni messe in atto dall’esercito inglese; alimentato dalla rabbia scaturita da secoli di abusi, soprusi e prevaricazioni sociali, dalla negazioni dei fondamentali diritti civili e dall’esasperante sordità delle autorità britanniche.

Impadronirsi dell’isola è sempre stata una mania per i monarchi inglesi che hanno vissuto a lungo con la paura di un’invasione spagnola o francese. L’occupazione e la colonizzazione è stata così un modo cruento per creare un cuscinetto tra il mondo cattolico e quello anglicano, che nei secoli ha però dato vita ad una velenosa miscela di razzismo, di odio e di paura e a una lunga serie di conflitti. L’ultima guerra anglo-irlandese, scoppiata nel 1919, si è conclusa l’11 luglio 1921 con la firma di un trattato di pace che ha dato a 26 delle 32 contee lo status di “dominiom”, ma che ha di fatto diviso l’Irlanda; un accordo artificioso che ha trasformato l’Ulster in un’entità geneticamente instabile dove due comunità cariche di odio, vendetta e paura avrebbero dovuto convivere all’ombra della Union Jack.

In realtà, tra il 1921 e il 1969 gli inglesi non hanno mai lasciato l’Irlanda. I loro interessi sono stati sempre garantiti dalla Royal Ulster Constabulary, il corpo di polizia irlandese formato prevalentemente da lealisti, al quale si sono affiancati i gruppi di “autodifesa” protestante, organizzazioni paramilitari che si sono rese responsabili di vere e proprie barbarie. In questi anni i nativi hanno subito repressioni fisiche, morali e sociali di ogni sorta. Leggi emanate dal governo unionista con il sostegno e in favore dei protestanti e degli interessi dei conservatori inglesi: ordinamenti che garantivano affitti sicuri e aiuti economici ai contadini lealisti (Ulster Customer); normative che impedivano ai figli degli operai di accedere alle scuole superiori (soppressa dai Laburisti solo dopo la fine della seconda guerra mondiale con la legge “Eleven Plus”); diritto di voto riservato ai soli proprietari di immobili e in proporzione alle case possedute (abolito solo dopo il 1967). Tutte azioni che con il tempo hanno relegato i gaelici nelle sei contee dell’Ulster a vivere in veri e propri ghetti.

Per avere una chiara visione della situazione della situazione è sufficiente riportare il pensiero espresso da uno dei premier nord-irlandesi più riformisti, il capitano Terence O’Neill, unionista in carica nel periodo in cui scoppiarono i tumulti del 1968-69: “E’ davvero arduo spiegare ai protestanti che se si dà a un cattolico romano un buon lavoro e una buona casa egli vivrà come un protestante con auto e televisione. Non vorrà avere diciotto bambini, ma se un cattolico romano è senza lavoro e vive nel peggiore dei tuguri egli farà carico di diciotto bambini l’assistenza nazionale….. Se voi trattate i cattolici romani con la dovuta considerazione e gentilezza essi vivranno come protestanti a dispetto della natura autoritaria della Chiesa” (discorso estratto dal libro “La storia segreta dell’IRA” di Ed Moloney ndr). Ed è proprio in questo contesto che, a differenza di quei movimenti ideologici che tra il XIX e il XX secolo hanno utilizzato la lotta armata come mezzo per sovvertire i regimi, la PIRA e i combattenti dell’Ulster hanno sviluppato un’azione rivolta a cacciare dalla propria terra le truppe di occupazione britanniche intervenute a favore di chi gli aveva negato il diritto all’unità e alla sovranità nazionale.

La nascita della Repubblica d’Irlanda, avvenuta nel 1949 con la dichiarazione di indipendenza e il definitivo distacco dal Regno Unito e dal Commonwealth, fu solo una vittoria parziale: erano sei le contee l’Ulster rimaste sotto il controllo britannico e con loro 500 mila cattolici diventati ostaggio di un milione di unionisti. E’ stato così che il nord repubblicano, sentitosi tradito ed abbandonato al proprio destino, ha deciso di combattere la sua guerra; un conflitto che non ha certo prodotto gli effetti del terrorismo internazionale o di quello Mediorientale ma che per la sua durata e per lo scenario in cui si è svolto ha segnato la vita di intere generazioni e ha sconvolto un tipo di società a noi più prossima. Il filo conduttore di queste due diverse fasi della storia irlandese è stato senza dubbio l’Irish Republican Army (IRA), l’esercito repubblicano che con diverse sigle ha combattuto contro le autorità britanniche per l’indipendenza e la riunificazione dell’Irlanda; l’organizzazione che per prima sfidò gli inglesi in casa loro e che chiuse con una difficile pace una delle più complesse guerre civili del Vecchio continente.

L’IRA che la maggior parte di noi conosce non è quella che tra il 1919 al 1921 ha combattuto il conflitto anglo-irlandese e che subito dopo ha dato vita ad una sanguinosa guerra civile ma è l’organizzazione paramilitare che attraverso le sue azioni ha riempito le pagine dei giornali per più di un quarto di secolo. Un’organizzazione la cui fama non è legata solo agli attentati di Warrenpoint e Brighton o ai rapporti con la Libia di Gheddafi ma è anche ricordata per i personaggi che ne hanno scritto la storia come Bobby Sands, il militante di Belfast che dopo 66 giorni di sciopero della fame morì nel carcere di Long Kesh, o a padre Alec Reid, il sacerdote che ha sempre lavorato nell’ombra e che può essere considerato il vero eroe del processo di pace.

Il Trattato firmato nel 1921 aveva diviso i cattolici in due grosse fazioni: quelli fedeli a Eamon de Valera, eroe dell’insurrezione del giorno di Pasqua del 1916 e contrario a qualsiasi giuramento di fedeltà alla Corona britannica, e Michael Collins, capo del servizio segreto dell’IRA e sostenitore della politica del compromesso con Londra. Lo scontro ideologico portò ben presto ad una violenta guerra civile terminata nel 1923 con la sconfitta della corrente de Valera. Sarà proprio il futuro presidente dell’Eire a voltare le spalle all’Esercito repubblicano: alcuni anni dopo lascia il Sinn Féin, ala politica del movimento, e sale al governo con il partito del Fiann Fàil . Nel 1932 decide di voltare pagina, abbandona la lotta armata e dichiara l’IRA un’organizzazione fuori legge.

Perso il consenso delle autorità di Dublino, nel 1939 il movimento repubblicano decide di concentrare i suoi sforzi per riunificate l’isola e lancia un’operazione militare anti-britannica lungo tutto il confine con l’Ulster. La campagna degli anni Quaranta, come venne denominato il conflitto, si conclude con una nuova sconfitta le cui cause vanno soprattutto ricercate nelle divisioni interne all’organizzazione: da una parte coloro che sono pronti ad accettare il sostegno della Germania di Hitler, dall’altra quelli che restano comunque fedeli ad una politica anti-nazista. Nel 1945 l’IRA non è più attiva; il reclutamento riprende due anni più tardi e nel 1955 viene dato il via all’Operazione Mietitura. Le ostilità si aprono con una serie di attacchi contro le istallazioni militari inglesi dell’Ulster occidentale e terminano cinque anni dopo con una tregua e con l’ennesimo fallimento irlandese.

Nel 1962 l’IRA è ormai arrivata ad un bivio. Sconfitta sul terreno e senza un chiaro obbiettivo politico deve scegliere se abbracciare l’ideologia marxista o continuare a difendere la minoranza cattolica dell’Ulster. Sono gli anni sessanta e i movimenti culturali di sinistra sono arrivati anche in Irlanda. Il capo del Consiglio direttivo, Cathal Goulding, aveva già sposato il programma socialista sviluppato da Roy Johston, personaggio di spicco dell’Association Connolly, un gruppo comunista di discussione con base in Inghilterra, e Anthony Coughlan, ricercatore del Trinity College di Dublino. La maggior parte dei membri dell’organizzazione non condivide un’avventura che di fatto avrebbero rinnegato la causa cattolica. La frattura è inevitabile: l’ala più critica accusa la leadership dell’Esercito Repubblicano di non essere in grado di difendere i quartieri cattolici di Belfast, soprattutto dopo l’agosto del 1969 quando la polizia dell’Ulster, la Royal Ulster Constabulary (RUC), e alcuni gruppi di protestanti attaccano le famiglie cattoliche incendiando centinaia di case. Il muro contro muro prepara le basi per la nascita del Provisional IRA.

Nel 1970 i Provisional danno inizio ad una offensiva militare che durerà più di tre anni: quotidianamente vengono colpite le installazioni militari britanniche e a Belfast la rete di strade che collega la cattolica Falls Road alla protestante Shankill Road diventa teatro di continui attentati. A Derry e nelle zone rurali di East Tyrone e South Armagh vengono attaccati i pubs, i ristoranti, le fabbriche e le catene commerciali, tutto ciò che insomma può rappresentare l’Inghilterra e i suoi interessi economici. Sull’altro fronte i volontari dell’Ulster Volunteer Force (UVF) e dell’Ulster Defence Association (UDA) minacciano la minoranza cattolica. Il 27 agosto 1979, al largo di Mullaghmore (Eire), l’esplosione della barca di Lord Louis Mountbatten, cugino della regina d'Inghilterra, causa la morte di tre persone mentre. Poche ore dopo, a Warrenpoint, nella contea di Down, due deflagrazioni ravvicinate uccidono 18 soldati inglesi. A Belfast, lungo i muri della Falls Road compare una scritta “13 gone and not forgotten, we got 18 and Mountbatten”.

A quegli avvenimenti seguono altre bombe ed altri attentati, una routine di morte che quasi sembra non interessare più nessuno; ma il 3 ottobre del 1981 la PIRA torna all'attenzione dei media. Bobby Sands, uno dei prigionieri rinchiusi nel carcere di Long Kesh che avevano deciso di intraprendere lo sciopero della fame, muore. Erano passati 66 giorni dall’inizio della protesta, una forma di rivolta non violenta inscenata per riottenere lo status di "prigionieri politici", condizione che il governo britannico aveva abolito nel 1976. Al funerale di Sands, eletto al Parlamento britannico poco prima di morire, sono presenti 100 mila persone: una grande occasione di propaganda per la situazione politica nord irlandese che i Provosional e il Sinn Féin utilizzano per muovere l’opinione pubblica internazionale. Gli appelli indirizzati al premier britannico Margaret Thatcher affinché venga trovato un compromesso che metta fine allo sciopero cadono nel vuoto e al sacrificio di Sands si aggiunge quello di altri nove detenuti.

La PIRA decide allora di vendicare l’assurda morte dei suoi compagni e il 12 ottobre 1984 quasi riesce ad ucciderla la Thatcher in un attentato portato al Grand Hotel di Brighton, dove si sta svolgendo il congresso del Partito Conservatore; muoiono cinque persone, compresa la moglie del ministro John Wakeham. Grazie al sostegno libico la potenza di fuoco dell’organizzazione sta aumentando vertiginosamente. Diversi milioni di dollari e centinaia di tonnellate di armi raggiungono le coste irlandesi: AK-47, lanciarazzi RPG-7, granate, missili SAM-7, mitragliatrici pesanti russe DHSK e il micidiale esplosivo al plastico di fabbricazione cecoslovacca Semtex, oltre a fucili, pistole e munizioni. La situazione è ormai in una fase di stallo con l’esercito britannico e i reparti paramilitari unionisti che non hanno la meglio sui repubblicani e con la PIRA che non riesce ad organizzare l’offensiva che gli avrebbe permesso di ricacciare gli inglesi oltre il Canale del Nord. Il 1 novembre 1987 le autorità francesi fermano un’imbarcazione proveniente da Tripoli, il peschereccio Eksund; a largo delle coste bretoni vengono confiscate 150 tonnellate di armi. La PIRA, tradita probabilmente dall’interno, è costretta a cambiare i suoi piani.

Nel 1991, dopo le dimissioni della Thatcher, vengono aperte le prime trattative di pace con i lealisti. John Hume, capo ideologico del Social Democratic and Labur Party, principale avversario dei Provisional, e Gerry Adams, leader del PIRA e del Sinn Féin, abbozzano una dichiarazione di governo condiviso. Il tavolo delle trattative continua anche dopo l’attentato di Shankill nel quale perdono la nove protestanti e un militante dell’esercito repubblicano. La reazione lealista provoca 16 vittime ma il 31 agosto 1994 la PIRA annuncia comunque la fine delle operazioni militari, cosa confermata dai protestanti alcuni mesi dopo. I colloqui di pace, che si basano sulla Dichiarazione di Downing Street , un documento negoziato tra il premier irlandese Reynolds e il governo inglese, non vengono però accettati dall’ala più oltranzista dell’organizzazione armata e il 9 febbraio 1996 riprendono le ostilità. Ad essere colpita è la capitale britannica con un attentato a Canary Wharf, nella zona dei Docks. L’anno successivo è la vittoria elettorale dei Laburisti e la nomina a Primo ministro di Tony Blair a riaprire le porte a nuove speranze di pace e il 19 luglio 1997 la PIRA annuncia un'altra tregua.

La strada che avrebbe portato al definitivo cessate il fuoco è lastricata di documenti ed impegni, promossi dal Sinn Féin per cercare di sostenere un processo di pace duraturo senza comunque negare i principali dogmi repubblicani. Per Adams, fautore di questa politica, non è facile tenere insieme il gruppo e malgrado l’impegno a perseguire una trattativa che porti al ritiro definitivo delle truppe britanniche dall’isola, non riesce ad evitare l’ennesima scissione. Ad uscire dalla PIRA è l’ala che fa capo a Micky McKevitt, principale organizzatore del traffico di armi con Tripoli, Frank McGuinness, direttore del Genio dei Provisional, e Brian Gillen, comandante dei Provos di Belfast. I tre fondano la Real IRA ma nonostante le loro credenziali di combattenti restano ben presto isolati. Il rifiuto per la violenza è ormai un fatto radicato nella dirigenza della PIRA e dopo mesi di colloqui con il governo britannico il punto di non ritorno è ormai raggiunto.

Il 10 aprile 1998 i delegati dei partiti nord irlandesi firmano l'Accordo del Venerdì Santo. La Real IRA risponde subito con un attentato: il 15 agosto un automobile con 500 libre di esplosivo salta in aria nel centro di Omagh, contea di Tyrone. I morti sono 29: 14 donne, di cui una incinta di due gemelli, sei uomini e nove bambini, centinaia i feriti. I vertici della PIRA condannano la strage e sotto l’abile guida di Gerry Adams e padre Alec Reid le trattative di pace continuano. L’accordo prevede la costituzione di un governo misto tra protestanti e cattolici, formato in proporzione ai risultati elettorali, e la liberazione entro 3 anni di tutti i detenuti appartenenti alle organizzazioni che hanno sottoscritto la pace. La PIRA non ha mai consegnato le armi ma a partire dal 2001 una commissione internazionale è stata autorizzata ad ispezionare i depositi. Nel 2005 i Provisional hanno iniziato a distruggere il proprio arsenale ed hanno annunciato la fine definitiva della lotta armata.

Sono stati migliaia gli irlandesi coinvolti nei tumulti di Belfast e Derry, membri del Provisional IRA da una parte e dell’Ulster Vollonteer Force e dell’Ulster Defence Associationio dall’altra. Inglesi contro irlandesi, cattolici contro protestanti, repubblicani contro unionisti; volontari che durante 30 anni di conflitto hanno ucciso, ferito, fatto esplodere bombe, che sono stati arrestati e sono morti: 3700 vittime, 30 mila feriti. Quello irlandese è stato senza dubbio il primo movimento terroristico urbano in vasta scala, un’organizzazione che ha saputo integrare i gruppi combattenti alla popolazione civile senza mai comunque piegarsi alle ideologie politiche.