I difensori di un sistema perverso e i vermi della putrefazione
di Eugenio Orso - 08/10/2008
Con la perturbazione finanziaria che sconvolge da giorni i mercati, quale aspetto per ora più rilevante della crisi sistemica in atto, ecco che escono allo scoperto coloro che sono pagati dai poteri forti per diffondere quella ideologia neo-liberista che sta portando il mondo sulla soglia del disastro e per difenderla – anche se il suo fallimento è cosa ben tangibile ed è sotto i nostri occhi – senza alcun risparmio di retorica, utilizzando ogni genere di artifizio, fino a deformare completamente la realtà perché contano sulla supposta dabbenaggine della “opinione pubblica” tutta, lanciandosi in generiche quanto pelose esaltazioni della “libertà”, nonché nella difesa di una non ben definita e definibile democrazia liberale, e non mancando mai di enumerare le virtù del libero mercato globalizzato e della “società aperta”, che ci è stata imposta assieme al mercato dai Signori della mondializzazione e che con lui va a braccetto.
In tale contesto si inserisce “Se si rinuncia alla libertà” di Piero Ostellino, comparso oggi, 8 ottobre 2008 e posto in bella evidenza sulla prima pagina Corriere della Sera, in cui il suddetto lega maliziosamente la difesa dell’ultra-liberismo mercatista e degli interessi di coloro che ci stanno letteralmente spolpando vivi, alla difesa della sacra democrazia liberale – massimo risultato politico e di civiltà raggiunto in tutto l’arco della storia umana, assieme all’invenzione del mercato naturalmente, e verrebbe da dire “dogma” irrinunciabile – ricordandoci, furbescamente e quale monito terribile, l’assassinio avvenuto due anni fa di una giornalista della Novaja Gazeta di Mosca, misteriosamente uccisa nell’ascensore condominiale perché “scomoda” per il potere politico locale.
Sembra dirci Ostellino: “Ecco, tutti voi impoveriti e impauriti, qui in Italia e nel vasto occidente, che temete di essere travolti dalla crisi, di perdere lavoro e reddito, oltre che i sempre più ridotti risparmi in banca, voi che sareste persino disposti a tradire i sacri principi della “libertà”, della democrazia, del liberalismo, del mercato che regola in modo così efficiente – non lo vedete? – la vostra stessa vita, a rinunciare alla benefica società aperta, in cambio di un po’ di sicurezza, di stabilità e [aggiungiamo pure] di giustizia sociale e di giustizia tout court … ecco, cosa potrà accadere nel caso ci sia troppo poca “libertà”! I poveri intellettuali e i poveri addetti al sistema informativo [quale è lo stesso Ostellino, non dimentichiamolo] potrebbero subire questa sorte, in un sistema chiuso, retto da un regime dispotico!”
In sostanza, il pregevole ed ascoltato giornalista si appella a quella liberté de la presse che era la maggiore preoccupazione degli alto borghesi, dei liberali ottocenteschi quando ancora il liberalismo non andava a braccetto con la democrazia, come accade oggi, mentre vasti strati della popolazione languivano, preda di un super sfruttamento capitalista appena agli albori, nelle periferie degradate e già inquinate delle prime “città industriali” d’Europa …
Giunto a questo punto, non posso esimermi dal far presente allo stimato giornalista e presunto difensore della nostra libertà, alcune cosette semplici semplici:
1) La prima libertà per l’uomo comune – persino nel favoloso occidente democratico e liberal-liberista, oggi un po’meno fiabesco e ricco, a causa della crisi – è e rimane quella dal bisogno economico, dall’indigenza e dalla prospettiva futura dell’indigenza, dallo spettro della perdita del lavoro, e da vere e proprie minacce che possono, se si concretizzano, distruggere la sua esistenza e quella dei suoi figli, e soltanto dopo viene la borghesissima liberté de la presse, cioè la libertà di informare [e di essere informati adeguatamente, mi sento di aggiungere …] che peraltro è da tempo in forte discussione, a partire dai media mainstream e dai giornali come lo stesso Corriere, sul quale con tutta evidenza scrivono i “pubblicisti” del neo-liberismo e del mercato globale, al servizio dei potenti che a tale scopo li foraggiano principescamente.
2) L’accostamento fra l’omicidio di Anna Politkovskaya e il rigetto della democrazia, del favoloso liberalismo, della “libertà” chiaramente fittizia che questo sistema garantisce e – orrore! Eresia! – del libero mercato che globalmente ci accoglie fra le sue braccia, è chiaramente un penoso espediente di chi deve arrampicarsi sugli specchi per difendere – perché, è da supporre, “ingaggiato” proprio per questo – l’indifendibile, facendoci credere che se rinunciamo alle piacevolezze del mercato, e di questa democrazia che lo supporta, finiremo inevitabilmente nelle mani di regimi dispotici, dei “mangiafuoco” antidemocratici, che ci faranno ballare come burattini bendati, magari senza poter leggere le illuminanti parole del nostro … Ostellino poteva trovare qualcosa di meglio, in effetti, per difendere l’idea di “libertà” sua e dei suoi mèntori, piuttosto che ricorrere alla penosa minaccia del babaù che dovrebbe spaventare e dissuadere il “pubblico indistinto” dal disobbedire agli ordini.
3) Se in questi giorni i nemici del capitalismo e del libero mercato – fra i quali mi onoro d’essere – accusano i poveri liberal-liberisti di commettere lo stesso errore dei comunisti [quelli sovietici, credo] di fronte al fallimento del comunismo [sovietico, ritengo] attribuendo la responsabilità della crisi agli uomini [cioè ai “banchieri” e, aggiungo, ai potentati finanziari che servono, come del resto fanno certi giornalisti e certa stampa, gli interessi privatissimi dei Signori della mondializzazione] e non al sistema in quanto tale, al mercato e, sul versante politico, al liberalismo, ciò accade perché i tanto temuti “nemici del capitalismo” – lungi dal non sapere di cosa stanno parlando, come insinua Ostellino – comprendono che il problema è squisitamente sistemico e che tutti i nodi della finanziarizzazione selvaggia dell’economia, della deregulation a tappeto, della caduta di tutte le barriere, anche e soprattutto di quelle etiche, stanno venendo drammaticamente al pettine.
4) Non basta, in tal caso, una “metodologia empirica della conoscenza”, come definisce pomposamente Ostellino il tanto caro liberalismo, per ridurre questa crisi epocale ad una perturbazione dovuta a certi comportamenti individuali – un pochino scorretti, possiamo almeno riconoscerlo? – cercando il capro espiatorio nei vertici della fallimentare Lehman Brothers, tanto per fare un esempio eclatante, liquidati per altro con qualche miliardo di dollari di premio, perché, se è vero che le responsabilità alla fin fine camminano su due gambe ed hanno nomi e cognomi, tali “comportamenti” sono stati resi possibili proprio dall’affermarsi del sistema che Piero Ostellino difende, pur in modo così poco convincente, il quale non solo non sembra punire i colpevoli, per quanto facilmente identificabili, ma addirittura li premia con liquidazioni da capogiro, nel più assoluto disprezzo di qualsivoglia etica, senso di giustizia ed equità … che il noto giornalista non osi parlare, quindi, di responsabilità concettualmente associata alla “libertà” e di senso di responsabilità, in tragedie collettive come queste, che rischiano di colpire materialmente centinaia di milioni di innocenti, non soltanto in occidente, in cui i responsabili la fanno sempre franca e, non di rado, fuggono con ciò che rimane in cassa.
5) Questa crisi prelude non ad una semplice “riforma” del sistema, non ad una mutazione dei soggetti collettivi [come li chiama Ostellino] conseguente alla crisi stessa, ma alla putrefazione del gran corpo del liberal-capitalismo finanziarizzato e globalizzato, dal quale stanno già spuntando numerosi e grassi vermi, che di questa putrefazione si nutrono, come ricordato con altre parole al precedente punto 4.
Ho finito, non ritengo opportuno andar oltre, ben sapendo che ci sarà sempre qualcuno, come Piero Ostellino, che si ostinerà ridicolmente a difendere e a conservare gelosamente – senza uno straccio di valide argomentazioni – i sacri simulacri del capitalismo, del liberalismo, del mercato e del neo-liberismo anche con i venti della crisi e del default ululanti fra le macerie …
Scusate lo sfogo.