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Manipolazione spietata di cose, vegetali ed animali nella «Nuova Atlantide» di Francesco Bacone

di Francesco Lamendola - 31/10/2008


Nella «Nuova Atlantide» di Francesco Bacone (1561-1626) vediamo la concezione meccanicistica e utilitaristica della natura portata fino alle estreme conseguenze, con la celebrazione di una illimitata facoltà di manipolazione sulle cose e sugli esseri viventi.
Bacone è stato definito il profeta della tecnica, ma, in realtà, è stato molto di più: è stato il profeta di una casta di tecnoscienziati i quali organizzano a loro discrezione l'intera società; modificano geneticamente piante e animali; ottengono la maturazione di frutta fuori stagione; compiono esperimenti ripugnanti per vedere fino a che punto degli animali possono vivere, dopo essere stati  mutilati delle loro parti vitali; costruiscono robot capaci di ogni genere di movimento; conducono mostruose operazioni per creare delle razze animali nane o gigantesche, influendo sullo sviluppo delle cavie; fabbricano armi sempre più potenti e micidiali; realizzano navi sommergibili e studiano la possibilità di realizzare il volo.
In breve, manipolano ogni cosa e ogni essere vivente, con la più completa libertà e con la più totale mancanza di scrupoli; anzi, senza neanche porsi minimamente un problema etico nei confronti delle loro scoperte e delle relative applicazioni.
Più che il paradiso degli scienziati e dei tecnici, la «Nuova Atlantide», deforme caricatura dell'Atlantide di Platone e stravolgimento di ogni legame di armonia e di rispetto fra uomo e natura,  è il delirio di una mente assetata di dominio, di potenza, d successo: una proiezione dell'Inghilterra di Elisabetta che, dopo la vittoria sull'Invincibile Armada di Filippo II di Spagna, si avviava a diventare la prima potenza marittima d'Europa e a gettare le basi del suo impero coloniale e della sua potenza mercantile e finanziaria.

Hanno scritto di lui e della sua visione filosofica Nicola Abbagnano e Giovanni Fornero (in «Filosofi e filosofie nella storia», Torino, Paravia, 1986, 1992, vol. 2, p. 143):

«Se Galilei ha chiarito il metodo della ricerca scientifica, Bacone ha intravisto per primo il potere che la scienza offre all'uomo sul mondo. Bacone ha concepito la scienza essenzialmente diretta a realizzare il dominio dell'uomo sulla natura, il "regnun hominis":ha visto la fecondità delle sue applicazioni pratiche, sicché può dirsi il filosofo e il profeta della tecnica. (…)
«La carriera politica di Bacone fu quella di un cortigiano abile e senza scrupolo. Ma quest'uomo ambizioso ed amante del denaro e del fasto ebbe un'idea altissima del valore e dell'utilità della scienza al servizio dell'uomo. Tutte le sue pere tendono ad illustrare tendono ad illustrare il progetto di una ricerca scientifica che portando il metodo sperimentale in tutti i campi della realtà faccia della realtà stessa il dominio dell'uomo. Egli voleva rendere la scienza attiva e operante al servizio dell'uomo e la concepì diretta alla costituzione di una tecnica che doveva  dare all'uomo il dominio di ogni parte del mondo naturale. Quando nella "Nuova Atlantide" volle dare l'immagine di una città ideale, ricorrendo al pretesto, già adoperato da Tommaso Moro nella "Utopia" della descrizione di un'isola sconosciuta, non si fermò a vagheggiare forme di vita sociali o politiche perfette, ma immaginò un paradosso della tecnica dove fossero portati a compimento le invenzioni ed i ritrovati di tutto il mondo. E difatti in questo scritto (rimasto incompiuto) l'isola della Nuova Atlantide è descritta come un enorme laboratorio sperimentale, nel quale gli abitanti cercano di conoscere tutte le forze nascoste della natura "per estendere i confini dell'impero umano ad ogni cosa possibile". I numi tutelari dell'isola sono i grandi inventori di tutti i paesi; e le sacre reliquie sono gli esemplari di tutte le più rare e grandi invenzioni.»

Si noti, in questo sintetico ritratto,  il valore dell'avversativa: «ma quest'uomo…», che vorrebbe mettere in risalto come Bacone, pur essendo un arrivista avido e senza scrupoli, fu però un cultore disinteressato dell'ideale scientifico. Pare che gli Autori citati non siano neanche sfiorati dal sospetto che, forse, quell'idea "altissima" del valore e dell'utilità della scienza al servizio dell'uomo fu, appunto, forse un po' troppo alta: talmente alta da diventare ferocemente tirannica; e talmente presuntuosa da infliggere ogni sorta di sofferenza agli altri esseri viventi, senza mai domandarsi se l'uomo abbia il diritto di agire in tal modo.
Fra l'altro, l'organizzazione della società di Nuova Atlantide è esposta da un governatore che non imbastisce un colloquio con i suoi ospiti, ma che ne riceve uno solo per comunicargli, vantandosene, tutte le conquiste e le realizzazioni scientifiche e tecniche realizzate sull'isola, in un lunghissimo monologo che evidenzia la mentalità autoritaria, dogmatica e intollerante di questi sacerdoti della nuova scienza.
Ma, perché il lettore possa farsi da se stesso un'idea del tipo di società che Bacone profetizza,  descrivendo le caratteristiche della Nuova Atlantide, ne riportiamo qui di seguito una pagina significativa.

Dice il Padre della Casa di Salomone a un rappresentante della nave europea capitata presso la sua isola, nella «Nuova Atlantide» di Francesco Bacone (in: Bacone, «Saggi, ecc.», traduzione a cura di Claudio Ascari, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1966, pp. 518-19, 523):

«… Abbiamo anche vasti e diversi frutteti e orti, nei quali non badiamo tanto alla bellezza, quanto alla varietà del terreno e del concime, adatto alle diverse piante ed erbe, e alcuni assai spaziosi, nei sono piantati alberi e bacche dai quali ricaviamo varie specie di bevande, oltre che dalle vigne., In esse pratichiamo anche ogni genere di innesto e di inoculazione, tanto di alberi selvatici quanto di alberi da frutto, e questo dà molti risultati. E artificialmente facciamo in modo che, in questi stessi frutteti e orti, gli alberi e i fiori vengano prima o dopo rispetto alla loro stagione, e che crescano e diano frutto più speditamente di quanto non facciano secondo il loro processo naturale. Artificialmente li rendiamo anche più grandi di quanto non siano in natura, e i loro frutti più grossi e più gustosi, e di sapore, di odore, di colore e di forma diversi dalla loro natura. E molti d'essi li modifichiamo in modo tale che diventano di uso medicinale.
«Abbiamo anche mezzi per far crescere diverse piante mescolando terreni diversi senza semi, e parimente di produrre diverse piante nuove, differenti da quelle comuni, e di trasformare un albero o una pianta in un'altra.
«Abbiamo ancora parchi e recinti con ogni sorta di animali e di uccelli, dei quali non ci serviamo soltanto per mostra di rarità, ma anche per dissezioni ed esperimenti, e con ciò siamo in grado di trarre lumi su ciò che si può operare sul corpo dell'uomo. E in questo riscontriamo molti singolari fenomeni: per esempio la continuazione della vita in quegli animali, anche se diverse parti che voi considerate vitali sono morte e asportate; la risuscitazione di altri che in apparenza sembrano morti, e simili. Sperimentiamo anche su di essi ogni sporta di veleni e di farmaci, sia nella chirurgia sia nella medicina. Ancora li rendiamo artificialmente li rendiamo più grandi o più alti della loro specie, o per contro li rimpiccioliamo e arrestiamo la loro crescita; li rendiamo più fecondi e produttivi di quanto non lo sia la loro specie, e per contro sterili e improduttivi. Li facciamo anche mutare colore, forma e attività in molti modi. Abbiamo trovato il modo di fare incroci e accoppiamenti fra specie diverse, e queste hanno prodotto molte nuove specie non sterili come generalmente si pensa. Produciamo un gran numero di serpenti, di vermi di mosche, di pesci, per mezzo della putrefazione, delle quali poi alcune sono fatte progredire sino a essere creature perfette, come animali e uccelli, e hanno sesso e si moltiplicano E non facciamo questo a caso, ma sappiamo in precedenza da quale materia e composizione usciranno questa o quella specie di creature.
«Abbiamo anche piscine speciali nelle quali facciamo esperimenti sui pesci, come abbiamo detto prima per gli animali e per gli uccelli. (…)
Abbiamo ancora fabbriche di macchine, nelle quali vengono costruite macchine e strumenti adatti a qualsiasi genere di movimento. Ivi conduciamo esperienze per imitare movimenti più veloci di quanto non possiate fare voi sia con i vostri moschetti sia con qualsiasi altra macchina che possederete; e ottenerli e moltiplicarli più facilmente e con poca energia, con ingranaggi e altri mezzi, e renderli più forti e più violenti di quanto non siano  i vostri, superando i vostri più grandi cannoni e basilischi. Fabbrichiamo anche materiale bellico e strumenti di guerra e macchine d'ogni sorta; e anche nuove miscele e combinazioni di polvere da sparo, fuoco greco che arde nell'acqua ed è inestinguibile, e ancora fuochi d'artificio di ogni varietà, sia per divertimento, sia per utilità. Imitiamo ancora il volo degli uccelli, e abbiamo qualche possibilità di volare nell'aria. Abbiamo navi e imbarcazioni per andare sott'acqua e per sfruttare i mari, e ancora cinture e sostegni per nuotare. Abbiamo diversi orologi singolari, e altri simili meccanismi di reazione, e anche moti perpetui. Riproduciamo anche i movimenti delle creature vive con modelli di uomini, animali, uccelli, pesci e serpenti; abbiamo ancora un grande numero di altri vari movimenti, singolari per regolarità, precisione e minuzia.»

Crediamo che sarebbe lietamente sorpreso, Francesco Bacone (che fu contemporaneo di William Shakespeare), se potesse vedere fino a che punto la sua profezia tecnocratica e antropocentrica è stata tradotta in realtà dagli uomini del XX e del XXI secolo.
Le sue più rosee previsioni si sono tradotte in realtà.
Noi possiamo davvero coltivare le fragole al Polo Nord o vendemmiare nel colmo dell'inverno; possiamo modificare geneticamente le piante alimentari, per ricavarne un raccolto più abbondante; possiamo clonare gli animali da allevamento, per ottenere più lana o più carne; possiamo togliere pezzi di cervello a una scimmietta di laboratorio, per vedere in quanti giorni, ore o minuti si decide a morire; possiamo costruire sommergibili atomici in grado di navigare fin sotto la banchisa polare e aerei da bombardamento capaci di distruggere intere città. Possiamo…
Quante cose possiamo! E tutte quelle che possiamo fare, con l'aiuto della tecnoscienza, immancabilmente le facciamo: senza porci seriamente il problema se ciò sia un bene, oltre che un successo dal punto di vista scientifico.
Sembra che nessuno si domandi più se sia giusto realizzare tutto ciò che è fattibile teoricamente; né se i costi, in termini di sofferenza dei viventi - e, indirettamente, anche dell'uomo - giustifichino qualunque tipo di esperimento e qualunque forma di dominio della tecnica.
Ecco, oltre che un profeta della tecnica, Bacone è stato anche, e soprattutto, un grande araldo del dominio: del dominio sulle cose e sui viventi come forma di piacere intellettuale, oltre che come ricerca di utilità pratica.
Un piacere demoniaco da parte della creatura che non riconosce più un progetto amorevole e provvidenziale nel mondo, così come lo ha ricevuto; ma che vuole creare una seconda natura, totalmente artificiale, perché solo nel dominio della scienza sul mondo può realizzare pienamente se medesima: in altre parole, farsi Dio ella stessa di un mondo che non è più opera del Creatore, ma delle sue mani.
E, oltre che un araldo del dominio, Bacone è stato anche il sacerdote di una nuova religione: la religione della macchina. Una religione basata non solo sulla costruzione di nuove e sempre più potenti macchine, ma anche sulla interpretazione meccanicistica della natura, spogliata di ogni residua dimensione spirituale e trascendente. La natura è, per Bacone, una realtà totalmente desacralizzata e radicalmente inerte, sulla quale è legittimo abbandonarsi a ogni genere di manipolazione. Il mondo non ha più un'anima: esso non è che una cava da cui prelevare i materiali utili, e una discarica in cui gettare quelli che non servono più.
Infine, il mondo è diventato lo strumento di uno sfruttamento sistematico che ha anche e, forse, soprattutto, una ragione economica. È il profitto la molla di questo enorme laboratorio a cielo aperto che è l'isola di Nuova Atlantide: è per il profitto che si compiono tutti quegli esperimenti sulle piante e sugli animali.

Sì, crediamo che Francesco Bacone, oggi, potrebbe essere veramente soddisfatto di come i suoi discendenti hanno saputo raccogliere la sua eredità culturale e hanno tradotto in pratica i suoi insegnamenti.
Dell'effetto serra, del buco nell'ozono e dello scioglimento dei ghiacciai non si darebbe - probabilmente - troppo pensiero; né dei rischi legati ai cibi transgenici; e neppure degli esperimenti di ingegneria genetica che, in un domani sempre più verosimile, potrebbero realizzare l'isola del dottor Moreau immaginata da Herbert George Wells, innestando parti di animali diversi su degli esseri umani addetti a particolari mansioni o, semplicemente, destinati a rifornire di organi da trapianto i frigoriferi degli ospedali.
Non si preoccuperebbe, perché direbbe che questi sono i costi del progresso, ma che i rischi valgono il risultato.
Bisognerebbe che venisse entro breve tempo, però, per poter dire una cosa del genere.
Se venisse fra qualche altro decennio, rischierebbe di non aver più nulla da dire, in un mondo ormai desolatamente vuoto e avvelenato.
Rischierebbe di non poter dire più nulla: a meno di mettersi a parlare con le ombre dei defunti., divenuto ombra egli stesso.