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E' possibile nutrire fiducia?

di Gianfranco La Grassa - 02/11/2008

 

 

Qualche giorno fa, Almunia (socialista spagnolo e commissario europeo per gli affari economici e monetari) ha dichiarato che la recessione durerà un altro anno, dunque fin verso lo scadere del 2009. Circa un paio di giorni dopo, sentendo parlare di recessione, Tremonti ha affermato che si tratta di un termine eufemistico e che bisogna rendersi conto di trovarsi di fronte ad una “discontinuità storica”. Ieri, Draghi ha sostenuto che la stagnazione – non la recessione, termine per Tremonti eufemistico, ma una semplice stagnazione – durerà fin verso la metà del prossimo anno.

Sto citando solo le ultime “coerenti” e “concordanti” affermazioni e previsioni di certi personaggi “ufficiali”. Se potessimo rivedere tutto quanto è stato detto anche soltanto nell’ultimo anno, resteremmo allibiti dal cumulo di contraddizioni in cui le “autorità” sono incorse. Non ci scordiamo, ad esempio, che ormai si parlava tranquillamente di un prezzo del petrolio oltre i 200 dollari al barile entro pochi mesi; e alcuni “sparavano” i 250 o anche i 300 nel 2009, annunciando una catastrofe generale di portata biblica. Oppure ancora, ricordiamoci del cambio euro-dollaro che sarebbe dovuto divenire sempre più favorevole al primo con gravi sciagure per le nostre esportazioni e quindi i nostri sistemi economici. E non dimentichiamo le speranze suscitate – e tramontate nell’espace d’un matin – da ogni misura o “piano” approntato per ridare fiato alle Borse o all’economia reale, ecc.

Non ho mai voluto darmi le arie di essere un “tecnico ed esperto”; è evidente che chi ha dedicato studi, ma soprattutto anni e anni, a seguire certi processi e fenomeni, non può non aver acquisito rispetto a questi ultimi molte conoscenze e soprattutto una dimestichezza pratica che personalmente non ho, perché mi interessano altre questioni decisamente più teoriche, d’ordine generale e poco “tecnico”. Inoltre, chi ricopre cariche in organismi destinati a seguire questi processi e fenomeni, e a intervenire nelle più diverse contingenze, ha a disposizione uffici studi e apparati di intervento dotati di innumerevoli mezzi e personale per la rilevazione di una montagna di dati; con l’apprestamento di molteplici indici, schemi statistici, formule varie, ecc. per seguire e valutare gli andamenti delle congiunture.

Provo in genere fastidio quando leggo certi siti e blog in cui molti si improvvisano…… “mosche cocchiere” per fare critiche proprio “tecniche” alle varie “autorità” (nazionali e internazionali), dando loro consigli su che cosa si dovrebbe fare. Non parliamo degli “economisti critici” che magari scrivono su giornaletti tipo Manifesto o Liberazione o altri foglietti della “sinistra alternativa”, la cui sparizione non sarebbe affatto una limitazione della libertà di stampa, ma la liberazione da fastidiosi “grilli parlanti”, come quello contro cui Pinocchio lanciò il martello (o simile) senza tuttavia – e quanto ci rimasi male da bambino! – riuscire a schiacciarlo (il “maledetto” Collodi, per qualche decina di pagine, ci lascia però la speranza).

Per questi motivi non leggo mai questi “critici critici” – faccio una modesta e parziale eccezione solo per Brancaccio e Bellofiore; e basta – e preferisco semmai farmi venire il mal di fegato arrivando persino a leggere, ed è veramente tutto dire, un Giavazzi o un Salvati sul Corriere. Chiarito tutto questo al fine di dimostrare che non credo di essere in definitiva troppo fazioso o prevenuto verso certi personaggi, non posso tuttavia non rilevare che la nostra pazienza è messa a dura prova da questa continua, imperterrita, e anche un po’ offensiva, dimostrazione di arrogante improntitudine. Non è lecito, con quel po’ po’ di faccia di tolla, fare certe affermazioni che si contraddicono l’un l’altra; e poi sono smentite dai fatti dalla mattina alla sera.

Ho sentito più d’una volta meteorologi seri ammettere che le previsioni dotate di un minimo di affidabilità sono quelle a breve termine. Chi si mette a farle sulla prossima stagione – nemmeno si parla del prossimo anno – non è ritenuto molto serio. Ma anche nel brevissimo periodo, possono verificarsi improvvisi cambiamenti dei dati (si tratta in realtà di un numero indefinito di “variabili in gioco”) che rovesciano le previsioni all’improvviso, e che dunque “prendono in contropiede”. Penso che i “tecnici ed esperti” dovrebbero imparare da questo genere di meteorologi, non da quelli che straparlano, con esattezza deterministica, dei mutamenti climatici nei prossimi 50 o più anni. Lasciamo perdere il movimento dei pianeti intorno al Sole; è una traiettoria certa che non siamo in grado di mimare per certi accadimenti in corso su questa nostra disgraziata Terra.

Cari “tecnici ed esperti”, siamo ben consci delle vostre difficoltà; non siamo così “ghiozzi” da non renderci conto che non si è in grado di fare previsioni troppo dettagliate sugli andamenti finanziari e reali, e soprattutto sui tempi della loro evoluzione e durata. Vi vorremo bene quando ammetterete la vostra debolezza e anche impotenza di fronte a fenomeni che vi sovrastano come terremoti disastrosi e tsunami, o incendi di proporzioni enormi, sovrastano le umane capacità di contrastarli. Si è sempre teneri e comprensivi con chi ammette la propria debolezza; mentre si è portati all’aggressività verso gli arroganti e prepotenti, che credono di comandare ad eventi superiori alle loro forze. Soprattutto quando le loro “certezze” e le balle che raccontano incidono poi sulla nostra sicurezza, preparandoci un avvenire molto incerto.

Nello stesso tempo, cari “critici critici” (catastrofisti e anticapitalisti “della domenica”), smettetela di giocare alle “mosche cocchiere”. Portate avanti una critica culturale di tipo generale, diffondete un clima di problematicità e di approfondimento dello sfondo complessivo, nel cui ambito intervengono i “tecnici ed esperti” con misure particolari che non tengono sufficiente conto dello sfondo stesso; non cercate invece di sostituirvi ad essi, perché fate pena o suscitate il riso a seconda dei casi. Lasciateli lavorare e riprendeteli con toni forti – quando è giusto farlo; e mai è stato tanto giusto quanto adesso – invitandoli a smettere di dire oggi il contrario di ieri oppure di dire, fra tutti, mille “verità” differenti.

Un po’ di sobrietà, e di riconoscimento di quanto ognuno di noi è in grado di fare utilmente a seconda delle proprie capacità (e possibilità, tenuto anche conto della posizione reale in cui si trova ad operare), è un atteggiamento utile in una fase storica come quella che si è già aperta. Perché, in fondo, è in buona parte vero che ci si trova di fronte ad una “discontinuità storica”; basta, anche in tal caso, non fare di una frase simile il cavallo di battaglia per fumose interpretazioni e del tutto improbabili inviti all’etica in economia (e ancor meno in politica). Sobrietà e testa sulle spalle per tutti.