«Contro i diritti umani» di Slavoj Zizek. Dal militarismo umanitario all'esportazione armata della democrazia Simmetrie Occidente e Islam sono uniti dallo stesso sospetto verso l'altro Prossimità Il primo lo tiene a distanza, il secondo lo nega
Non hanno perso tempo i neoconservatori europei. Il conflitto provocato dalle «vignette sataniche» è stato presentato come l'espressione di uno scontro di civiltà tra l'occidente liberale e l'Islam che rifiuta la libertà di espressione. Tutti coloro che hanno difeso in nome di Voltaire la volontà del quotidiano danese Jyllands Posten di pubblicare le vignette satiriche di dubbio gusto sul Profeta Maometto considerano i diritti umani, nei quali s'inserisce anche la libertà di espressione, una difesa dell'individuo contro il dispotismo culturale del fondamentalismo islamico. Dal campione della teoria dell'esportazione della democrazia in nome dei diritti umani André Gluksmann a molti altri intellettuali e scrittori è venuto l'input, propagato poi come un virus dai media: cedere oggi alle violente proteste dei gruppi fondamentalisti (strumentalizzati da quei regimi arabi che hanno dei conti in sospeso con gli europei) significa arrendersi al potere dispotico delle culture «arretrate» e, in fondo, instaurare la sharìa - la legge islamica - in Europa.
Per il filosofo e psicoanalista sloveno Slavoj Zizek, invece, il dibattito sulla libertà di espressione e sulla misura in cui la legge dello stato deve difendere la sfera del sacro dalle offese gratuite o dal negazionismo, non contrappone l'occidente all'Islam, ma è l'espressione di un conflitto all'interno dello stesso occidente. Nel suo recentissimo Contro i diritti umani (Il Saggiatore, pp. 96, ? 9), Zizek afferma che i diritti umani sono una categoria da ridiscutere oggi più che mai. Non per dire che la libertà di stampa e di opinione, che in quei diritti fondamentali si iscrive, deve fare un passo indietro davanti a quella che Le Monde, in un recente editoriale, ha definito «la polizia dell'opinione pubblica», ma perché i diritti umani sono portatori di un paradosso costitutivo. Annunciando infatti l'eguaglianza di tutti gli uomini e le donne, i diritti umani denunciano un implicito divieto di elaborare un progetto collettivo concreto di trasformazione sociale e politica.
Zizek attacca la falsità della concezione universalista dei diritti umani diffusa in occidente, la stessa che affligge - sia pur in modo rovesciato - il discorso dell'Islam fondamentalista. Consideriamo allora quella che passa, almeno dalla guerra contro i talebani in Afghanistan in poi, come la principale opposizione tra l'occidente liberale e tollerante e l'Islam fondamentalista: da una parte c'è il diritto delle donne a una sessualità che prevede la libertà di mostrarsi allo sguardo maschile e, dall'altro, l'obbligo del burqa.
E lo psicoanalista lancia qui la sua provocazione. Questi due poli, scrive Zizek, hanno in comune un approccio disciplinare, seppure con orientamenti diversi: i fondamentalisti, infatti, disciplinano il modo in cui le donne devono apparire per prevenire la provocazione sessuale agli occhi degli uomini. Mentre il femminismo liberale politicamente corretto impone una non meno severa regolamentazione del comportamento tesa a limitare le molestie da parte dei maschi.
Per Zizek entrambi gli atteggiamenti nei confronti dell'altro (in questo caso della donna) sono caratterizzati dall'apertura verso di esso e da una paura ossessiva delle molestie. In altre parole, per gli occidentali l'altro è benvenuto finché la sua presenza non è intrusiva. Mentre per i fondamentalisti l'altro è sempre intrusivo e quindi deve essere cancellato. Per entrambi è importante tenere l'altro alla giusta distanza di sicurezza. Se allora tra i fondamentalisti sembra che tale rapporto con l'altro si esprima attraverso un gesto di pura e semplice negazione del suo corpo, tra gli occidentali invece sta emergendo il diritto di non essere molestato, cioè di rimanere a distanza di sicurezza dagli altri.
Le antinomie che affliggono i diritti umani portano a questo paradosso: quando la tolleranza coincide con il suo opposto, e diventa repressiva, il dovere affermato da Voltaire di essere tollerante nei confronti dell'altro in realtà significa che non bisogna avvicinarsi troppo a lui. Salvo poi obbligarlo con la violenza a riconoscere che anche lui deve essere tollerante nella stessa misura in cui io riesco a reprimere il mio desiderio di introdurmi nel corpo dell'altro.
La piega provocatoria del libro giunge così al finale: la logica emergente del militarismo umanitario che ha rapito una parte significativa della sinistra europea ha fatto stragi di cuori anche tra coloro che difendono diritti umani come la libertà di espressione. L'apparente antipoliticità dei diritti umani, e la loro manifesta impotenza di giustificare l'uso della violenza in nome di un bene universale, rivela uno dei meccanismi fondamentali della democrazia occidentale: i diritti umani rivelano uno scenario inquietante che include le torture di Guantanamo o lo stato di eccezione permanente preteso da George Bush davanti al Congresso. Per le vittime di ogni conflitto e di tutte le repressioni, il bene evocato dai volenterosi apologeti delle libertà fondamentali è talvolta più pericoloso del male a cui si desidera rimediare.
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