Stiamo crescendo una generazione di italiani che uscendo dall’infanzia si dà all’alcool, canne, e amfetamine. Ragazzi, dunque, che secondo tutte le più autorevoli ricerche psichiatriche rischiano di sviluppare, anche prima dei vent’anni, disturbi mentali assai gravi. Eppure, malgrado la psichiatria italiana abbia lanciato l’allarme fin dall’inizio del nuovo millennio, i media continuano a buttarla sul costume. Come se si trattasse di intemperanze, e non di malattia, e futuri handicap.
Per questo è molto importante l’ultima rilevazione sugli adolescenti italiani della «Società italiana di pediatria». Fonte assai competente perché i comportamenti rischiosi che da sempre hanno reso complesso, e anche pericoloso, il passaggio nell’adolescenza, adesso cominciano fin dall’infanzia. Un’età che ha ancora meno strumenti dell’adolescenza per resistere ai comportamenti autodistruttivi, se accompagnati da promesse di piacere e dai lustrini della moda.

Il bambino, infatti, vuole godere: è questo uno dei lati più affascinanti, e in sé anche sani, dell’infanzia, ancora immune dai rovelli problematici del resto della vita, su cui più facilmente si impiantano le nevrosi. Se però le proposte di piacere e di godimento che il bambino incontra sono anche portatrici di malattia e distruzione, egli rischia più facilmente di cadervi, proprio perché il suo principale orientamento è, a livello istintivo, il principio di piacere.
Nella ricerca della Società italiana di pediatria infatti, condotta su un campione significativo di studenti delle scuole medie inferiori, di età compresa fra i 12 e 14 anni, vediamo che i fumatori di derivati della cannabis (marijuana e hashish) sono passati dal 2007 al 2008 dal 34,9% al 41,7%, con un aumento del 19%. Un aumento che, quando confermato anche dalle statistiche istituzionali, varrà all’Italia nuove deplorazioni internazionali, come quella incassata qualche mese fa dall’Osservatorio europeo sulle droghe, preoccupato per il continuo aumento, in Italia, delle varie tossicodipendenze, a cominciare da quella da cannabis.
Come mai le Organizzazioni internazionali, e gli Istituti nazionali della sanità (anche quello italiano fin dal 2003 lanciò un documento inquietante intitolato «La cannabis non è una droga leggera»), sono così preoccupate, al contrario della maggioranza dei nostri politici e media, della diffusione di questa droga (la più consumata nel mondo e quella con cui inizia oltre l’80% dei futuri dipendenti da cocaina ed eroina)?
Uno dei motivi principali è che, come lo studio dei pediatri conferma, in tutto il mondo l’inizio del consumo di spinelli avviene in età sempre più precoce. Ormai però neuroscienze e psichiatria hanno dimostrato che, data la maggiore plasticità del cervello al di sotto dei 15 anni, l’abitudine precoce alla cannabis aumenta molto il rischio che nei cinque anni successivi si sviluppino psicosi (malattie psichiatriche), e schizofrenie. Questo ha fatto sì che Paesi in passato molto liberali verso l’uso di cannabis, come la Spagna, l’Inghilterra, la stessa Olanda, lanciassero grandi campagne di informazione sui danni che il Thc, il principio attivo in essa presente, reca ai principali organi del corpo, dal cervello, ai polmoni, all’apparato riproduttivo.
Inoltre, l’osservazione scientifica mondiale ha ormai mostrato che la cannabis, con l’abitudine allo «sballo», al distacco dalla realtà che produce, apre la strada alle altre sostanze che alterano la personalità, a cominciare dall’alcol, in forte crescita, sempre in Italia.
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