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"Un crimine di guerra"

di padre Manuel Musallam - 17/01/2009


 
 
 

La guerra di Natale a Gaza. Una testimonianza dalla terra di Hamas.

Parla padre Manuel Musallam, l'unico sacerdote cattolico di rito latino presente nella striscia di Gaza.


La rivista "Trenta Giorni" ci ha inviato questa testimonianza da Gaza, raccolta da Giovanni Cubeddu. Ve la proponiamo nella sua integralità. Padre Manuel Musallam, è nato a Birzeit nel 1938, vicino a Gerusalemme, ed è cresciuto al seminario di Beit Jalla, fino a diventare sacerdote nel 1963. E’ stato in parrocchia in Giordania, poi a Jenin e infine, dal 1993 è a Gaza, dove c’è un’unica parrocchia, che
risale al 1747, The Holy Family Church, la Sacra Famiglia. Padre Manuel è lì con le Rosary Sisters, le Piccole Sorelle di Gesù, e le suorine di Madre Teresa. E è l’unico sacerdote cattolico, di rito latino, in tutta
la striscia di Gaza.
Padre Manuel, il parroco della Santa Famiglia a Gaza, pensa che la fuga in Egitto fu molto più umana. Giuseppe riuscì a fuggire di notte, per portare in salvo la vita del piccolo Gesù. Adesso no, il valico con
l’Egitto è stato chiuso fino a che, dicono le autorità del Cairo, Hamas governerà la striscia. E la notte di Gaza è l’inferno: le pale minacciose degli elicotteri israeliani, luci e boati dei missili
sganciate dall’aviazione, i droni che dall’alto spiano ogni movimento dei giusti e degli ingiusti, infine l’esercito, che è entrato a Gaza per fare pulizia casa per casa. E nessun aiuto per chi è innocente.

Padre Manuel, Gaza è sotto assedio.

MANUEL MUSALLAM: E’ un’altra guerra, e noi stavamo già vivendo sotto un embargo, in croce.

Adesso?

MUSALLAM: Gaza ha già sofferto troppo. Non abbiamo cibo a sufficienza, né acqua o corrente elettrica. Passiamo le notti sotto bombardamenti pesanti. Un milione e mezzo di persone sopravvivono solo
grazie agli aiuti dell’Unrwa, e chi non riceve questi aiuti o non ha lavoro vive di elemosina: questo va detto chiaramente. Solo poliziotti, soldati o insegnanti ricevono un piccolo salario, perché sono
funzionari pubblici, divisi in due gruppi, quelli pagati da Hamas equelli pagati dal governo di Ramallah. Ma capita che i soldi per due o tre mesi non arrivino, e non si può far altro che attendere.

Non è la sola divisione in atto.

MUSALLAM: il popolo è diviso in se stesso, perché ci spingono a non parlare l’uno con l’altro, è proibito! La gente di Hamas non rivolge parola a quella di Al Fatah, e viceversa. Ci è stato detto di non avere
contatti con Hamas e così giorno per giorno per giorno siamo diventati tra noi più distanti, costretti al silenzio. E’ il tempo dell’odio, ci viene richiesto di odiarci, separarci, considerarci nemici l’un l’
altro. Così a Gaza il popolo è diviso, come se ci fossero due nazioni, due razze, due entità.

La guerra ha reso assoluto il blocco.

MUSALLAM: Avremmo bisogno di settecento tir che ogni giorno portino a Gaza i beni necessari alla vita quotidiana, ma ultimamente ne venivano ammessi meno di venti. I Palestinesi avevano aperto i tunnel per
arrivare a Rafah, in Egitto! E poi tutto è diventato inaccessibile, e ciò che valeva pochi penny ora costa dieci dollari. I bambini, e qui a Gaza sono tanti, non ricevono più gli alimenti necessari alla loro età.
Non possono più neanche comprarsi un pezzo di cioccolata alla mensa scolastica. Vivono per la maggior parte del tempo con un senso di nausea, a scuola cadono a terra, sono malati, li vedi piagnucolare e se
gli chiedi perché rispondono “sono stanco, ho fame, non riesco a stare in classe”, devono andare ogni momento al bagno. Vivono sotto stress, a casa dovrebbero studiare ma non possono, perché manca la corrente, che viene fornita un paio d’ore al giorno, di notte o durante l’orario di
scuola. Sono traumatizzati, di notte hanno paura di tutto, s’ indeboliscono. E poi manca l’acqua, per cucinare, per pulire, quella potabile a Gaza non esiste, dobbiamo comprarla da Israele o dall’
Egitto.
Perché Hamas ha rotto la tregua? Non poteva certo immaginare di migliorare la situazione.

MUSALLAM: Ma questa è una grande tortura per il nostro popolo! Manca l’energia elettrica, l’acqua, il cibo, il lavoro. Viviamo perennemente sotto una nube di tensione, ci consideriamo sottoposti a un assedio e a
un crimine di guerra, ad atti contro l’umanità. Perché la maggioranza della gente qui è innocente! Se Hamas attacca Israele e se Israele intende affrontare Hamas, beh, Hamas non comprende un milione e mezzo
di persone, è una minoranza! Ciononostante siamo oggi testimoni della punizione collettiva contro un popolo. E’ un crimine di guerra.

Parliamo delle responsabilità.

MUSALLAM: Lo sappiamo che i palestinesi hanno tirato i razzi contro Israele, è vero, e sappiamo che Israele ha risposto attaccando in modo brutale. Ma non sarà questa la soluzione della questione della
Palestina! E se giudichiamo i fatti?. Se vedessimo i palestinesi lanciare i razzi gli diremmo no!, gli diremmo di fermarsi. Perché non è questa la sola pagina di questo libro, che invece pieno di capitoli a
favore e contro ciascuno dei due duellanti. E se su un foglio sta scritto l’errore di uno, sul successivo troviamo le colpe dell’altro, in una spirale di sbagli e di reazioni sbilanciate che non ci sta
portando da nessuna parte, di sicuro non alla pace. Al contrario, attrae e prepara più violenza, liti, odio, rifiuto dell’altro. Guerra.

Lei a Gaza è l’unico sacerdote cattolico di rito latino.

MUSALLAM: Perdono e riconciliazione sono parole che appartengono al paradiso e che ora vengono pronunciate solo in chiesa dai preti, e da nessun altro. Sembrano imprigionate nelle chiese e nelle omelie dei
preti. Eppure esse non sono altro che la sostanza stessa della vita dei cristiani e dei musulmani! Tutto il giorno non facciamo che sentire appelli di guerra da parte di Israele e dei palestinesi, chi parla di
resistenza e chi di omicidio.

Invece?

MUSALLAM: Invece i palestinesi rifiutano questa situazione, come rifiutano di sottomettersi a Israele. Abbiamo bisogno di fermare i razzi e di risolvere la questione palestinese - anche se nei sei mesi
di tregua gli israeliani hanno ucciso più di venti persone e ferito quaranta. Sia chiaro che il nostro proposito non è “razzi e odio contro Israele”, no! Noi stiamo solo cercando la nostra liberazione e la
nostra dignità, non l’umiliazione continua e il trattamento che si riserva agli abitanti dello zoo, che puoi visitare quando vuoi, tanto basta dargli un po’ da mangiare una volta al giorno. Reclamiamo la
nostra libertà. Il mondo dovrebbe oramai capirlo: oggi abbiamo l’ alternativa tra la schiavitù e la morte, e il popolo accetterà di provare tutto fuorché la schiavitù.

La vita della Chiesa a Gaza, padre Manuel.

MUSALLAM: I cristiani qui appartengono al popolo palestinese, non possono essere divisi dalla loro gente, che essi desiderano difendere, sono obbligati a farlo... D’altro canto i cristiani vengono impediti
dagli israeliani di parlare liberamente al proprio popolo, Israele tratta i preti come fossero terroristi, inclusi il Patriarca latino e il delegato apostolico.

In che senso “come terroristi”?

MUSALLAM: Ai sacerdoti a Gaza e nel West Bank non vengono concessi i visti, è impedito loro di viaggiare, dire messa e il servizio divino, non possono recarsi a Gerusalemme e Betlemme.

Episodi?

MUSALLAM: Lo scorso Natale abbiamo chiesto più di settecento permess per poterci recare a Betlemme e ne abbiamo ottenuti meno di duecento e la maggior parte delle nostro richieste si riferivano a bambini con i
loro genitori... Io ho avuto un visto per soli tre mesi grazie agli sforzi di un amico ambasciatore, e così ho potuto far visita alla mia famiglia a Birzeit. Durante questo periodo monsignor Antonio Franco, il
delegato apostolico, e il cancelliere del Patriarcato Latino hanno provato ad accordarsi con gli israeliani, ma alla fine non sono stati autorizzati ad entrare a Gaza e i cristiani sono rimasti senza chi gli
dicesse la messa. La domenica prima di Natale sua eccellenza Fouad Twal, il nuovo Patriarca latino di Gerusalemme, sarebbe dovuto venire in visita alla chiesa di Gaza, ma è stato bloccato al check point di
Erez e a una delle sue autovetture è stato impedito il transito. Dentro c’era solo un regalo per il parroco di Gaza, per festeggiare dopo la messa: un po’ di cioccolata. Il Patriarca è stato tenuto fermo per un’
ora, e così pure la gente che lo aspettava dall’altro lato del check point. Non solo. Gli è stato richiesto di lasciare Gaza alle tre del pomeriggio invece che tra le sei e le sette di sera, come previsto,
così che i festeggiamenti fossero di fatto cancellati, e nonostante questo, al suo rientro il patriarca è stato trattenuto nuovamente al check point per più di dure ore prima di essere riammesso in Israele,
per tornare a Gerusalemme. Ecco la realtà. Qui anche il Patriarca e il delegato apostolico qui non hanno libertà di movimento, per non dire dei preti. Nella mia parrocchia avevamo due suore del Rosario, ma quest’
anno non sono state autorizzate ad entrare a Gaza per svolgere il loro servizio. Sono obbligate a rimanere nel West bank per diniego di visto.

E questo Natale, la guerra.

MUSALLAM: In Avvento e a Natale noi eravamo soliti fare festeggiamenti, marce, suonare tamburi, cantare, mettere le luci all’ albero, con l’aiuto della municipalità e del governatore di Gaza. Quest’
anno comunque tutto era già stato cancellato. Non abbiamo avuto neanche i biglietti per mandare gli auguri agli amici, i bambini non hanno potuto decorare nulla nelle scuole perché non c’erano alberi, luci,
festoni, e per loro il Natale è stato triste. In passato abbiamo sempre condiviso tra noi il cibo, ognuno invitava l’altro a casa propria o addirittura al ristorante, si addobbavano gli alberi di natale che è
sempre stata un’usanza in comune tra cristiani e musulmani che qui ha tradizionalmente unito tutte le famiglie. Quest’anno nulla di tutto questo. Non c’è gioia, e senza gioia come possiamo concepire la pace?
Predicarla, insegnarla, praticarla? La gioia è stata soffocata tra le lacrime e la paura.

Troppi anni e speranze infrante, attendendo la Palestina.

MUSALLAM: E a noi pare che il mondo intero ci guardi come se fossimo dei nemici, perché ci considera nemici di Israele, e per questo motivo nessun aiuto può entrare a Gaza, neanche quello portata dalla Caritas,
dato che Gaza è una “zona nemica”. Che cosa significa allora “amare i nostri nemici”? Il mondo potrebbe almeno darci una testimonianza, un esempio di amore siffatto: potreste per una volta amare noi, i
palestinesi, prima di volerci insegnare come si amano i propri nemici? Provate a considerarci per favore vostri fratelli, anche se non siamo come vi piace.

Sabato 3 gennaio l’esercito israeliano ha iniziato le operazioni via terra. Che cosa succede?

MUSALLAM: E’ la guerra, che vuole le sue vittime. Centinaia di persone, la maggior pare sono poliziotti, impiegati pubblici al lavoro per portare ordine negli scontri dentro Gaza. Sono morti anche tanti
bambini, tanti sono stati feriti. Sabato è morta anche la prima ragazza cristiana, di sedici anni, che frequentava la mia scuola della Santa Famiglia, è morta di paura e di freddo. Si chiamava Cristina Wadi Turk.
Gli ospedali sono sovraffollati, pieni di gente trattata come animali, raggruppata nei corridoi, senza neanche ricevere il primo soccorso.
Ecco come stanno. Il rispetto dei diritti delle persone è il segno che qualcuno è realmente impegnato a cercare la pace, vorrei dirlo agli israeliani. Molti innocenti sono stati sacrificati solo perché le loro
case erano vicine a quelle degli uffici di Hamas.

Padre Manuel, ora nessuno sa dire quando tutto questo finirà.

MUSALLAM: la notte non dormiamo a causa dei bombardamenti. Preghiamo tantissimo. Ho scritto tante volte a tutti i cristiani della mia parrocchia e mandato messaggi sms, chiedendo loro di pregare all’inizio
di ogni ora del giorno. E’ il tempo di dire questa preghiera. L’ascolti anche lei per favore, è giusto l’ora di cantarla, gliela facciamo sentire, con le consorelle che sono qui con me, perché il Signore Dio
doni la pace nei nostri cuori e nelle nostre terre. (Padre Manuel e le suore iniziano a cantano in arabo, ndr). “Signore della Pace, piova su di noi la pace. Signore della pace, da pace al nostro Paese, pace. Abbi
pietà, o Signore, del tuo popolo. Ti preghiamo, fa che la tua eredità non venga derisa”.