Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / «I nuovi poteri? Monopoli privati e grandi banche»

«I nuovi poteri? Monopoli privati e grandi banche»

di Bruno Perini - 25/02/2006

Fonte: Il Manifesto

 

 

Francesco Giavazzi professore alla Bocconi e al Mit di Boston, ex consigliere del governo D'Alema, analizza il passaggio dai monopoli pubblici a quelli privati, come è accaduto per le Autostrade e Telecom. «I monopoli privati sono i veri rantiers, uno dei fattori del declino». «Il governo di Silvio Berlusconi? Ha la grave responsabilità di aver fatto di tutto per togliere potere alle Authority»


«Le responsabilità del governo Berlusconi in materia di poteri? La più grave è quella di aver fatto di tutto per togliere potere alle Authority; un tentativo che a volte è riuscito e che ha creato non pochi danni. E' una responsabilità grave, che in un certo senso fa il gioco dei monopoli privati». Professore di Economia Politica all'Università Bocconi di Milano, visiting professor al Mit di Boston, dirigente generale del Tesoro dal 1991 al 1995, consigliere di palazzo Chigi durante il governo D'Alema, Francesco Giavazzi è diventato noto ai più grazie ai suoi severissimi editoriali sul Corriere della Sera. Anche l'altro ieri ne ha firmato uno sulle drammatiche cifre dell'economia italiana. Iniziamo con lui a parlare della trasformazione dei poteri economici in Italia

Che cosa è cambiato nella geografia dei poteri economici italiani. L'epoca dell'Iri e del capitalismo di Stato sembra preistoria. Enrico Cuccia è morto pochi anni fa ma sembrano passati decenni. Che cosa sta accadendo nel gotha dei poteri in Italia?

Mi permetta di fare un passo indietro. Per tutti gli anni `50, `60 e in parte anche `70, l'Italia è cresciuta per imitazione: importavamo tecnologia dagli Stati Uniti in settori come l'auto, gli elettrodomestici e altri comparti chiave dell'economia e quei settori in Italia si sviluppavano rapidamente. Un processo simile l'ha vissuto il Giappone e non a caso dopo una crescita che sembrava infinita anche il Giappone si è fermato. Perchè a un certo punto un paese non può più crescere imitando, deve imparare ad innovare. Quella fase di crescita, comunque, si è esaurita, e l'Italia ha cominciato ad annaspare e tutto è cambiato

E questo che c'entra con la trasformazione dei poteri?

Io penso che c'entri molto e cercherò di spiegare perché. Durante quella fase di crescita le istituzioni che rappresentavano l'ossatura di quel fenomeno che lei ha definito capitalismo di Stato andavano bene, erano funzionali a quel tipo di crescita e a un'economia sostanzialmente protetta. A cosa mi riferisco? Al sistema bancocentrico e allo Stato imprenditore che allora era dotato di organismi come ad esempio l'Iri. In fondo a quell'epoca gestire la crescita era semplice, bastava che lo Stato facesse qualche investimento a Taranto o, indirettamente, a Melfi per creare un volano allo sviluppo ma a un certo punto è accaduto che quella struttura di potere non andava più bene, non funzionava più. L'apertura dei mercati internazionali e la velocità della loro trasformazione hanno cambiato tutto la geografia del potere

E' in questo quadro che lei legge la più recente crisi del ruolo di Mediobanca dopo la morte di Enrico Cuccia?

Direi di sì. Mediobanca era il punto di congiunzione tra l'Iri, le banche di interesse nazionale e il capitalismo privato. Conclusa quella fase è entrato in crisi anche il ruolo di Mediobanca. E' qui il punto più delicato della nostra storia recente

Perché, che cosa è successo?

E' successo che ai monopoli pubblici si sono sostituiti i monopoli privati. Un evento che ha creato un grosso shock per la nostra economia perché ha impedito sia l'innovazione sia la crescita economica. I monopoli privati hanno attratto risorse ma non hanno trasformato queste risorse in processi innovativi e così la crescita si è fermata. Come le dicevo un processo simile è avvenuto in Giappone che non a caso non cresce da 15 anni. Un caso simbolico di monopolio privato? Il gruppo Benetton. Un'impresa che nei primi anni della sua esistenza era riuscita ad innovare e a creare prodotti innovativi oggi si è ridotta a incassare i pedaggi delle autostrade. In questa ottica è evidente che per il gruppo Benetton la cosa più importante non è innovare ma mantenere buoni rapporti con il governo che fissa le tariffe autostradali

Lei sa bene che nessuno dei gruppi che lei ha in mente accetta di essere classificato come monopolista privato. Telecom, l'Eni e lo stesso sistema bancario sono convinti di vivere in un mondo concorrenziale. Di recente Corrado Passera, dopo i sommovimenti bancari che hanno visto l'ingresso di colossi stranieri, ha detto che non vuole più che si dica che nel sistema bancario non c'è concorrenza
Ho ascoltato, ho letto, ma nessuna delle argomentazioni mi convince fino in fondo. Constato che Telecom, come mostra la multa dell'antitrust, confermata dalla recente sentenza del consiglio di Stato, impedisce ad altri di entrare nel mercato. Quanto All'Eni, si è parlato tanto di tassa sul tubo e di cessione del tubo ma poi il governo ha prorogato l'obbligo alla cessione del tubo dal 2007 al 2012. Lei poi citava Corrado Passera. E' vero che c'è concorrenza tra le banche ma stiamo parlando di quattro gatti che si assomigliano molto in quanto a costo dei servizi. Vorrei vedere se sul mercato italiano comparisse un player come Hsbc, LA Honk Kong & Shangai Bank. L'assenza di concorrenza ha distorto le scelte di alcuni imprenditori trasformandoli in monopolisti che hanno poco interesse a innovare perché vivono di rendita

Mi sta dicendo che i nuovi rantiers non sono Ricucci e company ma i nuovi monopolisti privati? Non saranno contenti di questa definizione imprenditori come Alessandro Benetton, Marco Tronchetti Provera e altri esponenti dei gruppi industriali più protetti

Una differenza importante evidentemente c'è. Quelli pare abbiano violato delle leggi, i monopolisti privati invece hanno semplicemente approfittato delle condizioni favorevoli che offriva loro lo Stato. Sia chiaro, non intendo dire che non si dovevano fare le privatizzazioni. E' bene che lo stato abbia venduto banche, aziende di tlc, autostrade ma è mancato un ruolo di contrappeso delle authority e non per colpa degli imprenditori , questo deve essere chiaro

E di chi è la colpa allora?

Uno dei guai maggiori provocati da questo governo, come ho già detto, è la limitazione dei poteri delle authority. E la cosa non mi meraviglia: Silvio Berlusconi è un'imprenditore nato sotto la protezione pubblica e cresciuto nel comodo duopolio del mass media. E poi uno degli alleati di governo di Berlusconi, Alleanza Nazionale, ha una tradizione di radicamento nell'amministrazione dello Stato. Le authority sono viste come il fumo negli occhi dai funzionari pubblici, ad esempio da quelli del ministero dell'Industria perché una volta era quel ministero a controllare i produttori di energia

Quando Silvio Berlusconi leggerà queste parole si arrabbierà molto: lui ha sempre sostenuto di aver creato il suo impero grazie alla sua capacità di rompere il monopolio Rai

E' vero, Berlusconi ha aperto il mercato televisivo ma per ricostituire subito dopo un duopolio. Ma anche questo, almeno sin quando non entrò in politica, non fu colpa sua. La responsabilità fu dei governi che non privatizzandoi la Rai vendendo separatamente i 3 canali consentirono che si stabilizzasse il duopolio

Mi par di capire che per lei i fattori del declino sono questi. E'così?

Sì, sono questi. Monopoli privati e banche non sono in grado, e non sono neppure interessati più di tanto all'innovazione, mentre è l'innovazione che, finita la fase della crescita per imitazione, consente all'economia di crescere. E' inevitabile che le aziende industriali delocalizzino spostando le produzioni nel sud est asiatico. Fortunatamente in alcune aziende medio grandi italiane l'innovazione è ancora presente, anzi è la molla di alcuni successi imprenditoriali ma i casi singoli non bastano
La Gran Bretagna ha risolto il problema cedendo le principali aziende e banche inglesi a gruppi stranieri e concentrando la sua attività sui servizi.

Un grosso peso ce l'hanno i servizi finanziari. Un modello possibile?

La Gran Bretagna ha fatto la scelta di combinare servizi ad alta remunerazione con servizi a bassissima remunerazione svolti prevalentemente da lavoratori immigrati. Un divario drammatico. Non mi sembra una bellissima società, se noi volessimo imboccare quel modello dovremmo smantellare totalmente l'industria, accompagnando i lavoratori del settore industriale verso la pensione, perché quel tipo di lavoratore non avrebbe alcuna possibilità di essere riconvertito. E poi dubito che saremmo in grado di fornire servizi efficienti. Io penso piuttosto al modello finlandese e alla Nokia, un gruppo tallonato dalla concorrenza dei gruppi asiatici ma sempre in grado di tener loro testa. In Italia ci sono parecchie aziende medio grandi che potrebbero essere la spina dorsale dell'economia. Se non sapremo vincere questa sfida il declino sarà inevitabile.