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Liberismo e mafie: facce di una stessa medaglia

di Carmelo R. Viola - 29/01/2009

 

La tragicommedia senza fine della lotta alle mafie

 E’ possibile, anche se molto poco probabile, che qualche politico od economista, digiuno della materia, che dovrebbe essere il suo vademecum professionale – intendo dire di scienza sociale – ma soprattutto irrimediabilmente tonto – non sappia (sia pure per intuizione) che la cosiddetta mafia è un’entità policèfala complementare del sistema capitalistico, con cui non ha soluzione di continuità (ovvero con cui collide naturalmente). La constatazione non è più veritiera, ma soltanto più evidente, in presenza di un liberismo, che è il capitalismo portato alle sue estreme conseguenze.Questa ignoranza ipotetica si riferisce, per l’appunto, a qualcuno: che ne è di tutti gli altri? Tutti gli altri mentiscono sapendo di mentire perché, a titolo diverso, lucrano il capitalismo: non si tratta soltanto dei famigerati politici ed economisti, specie se parlamentari, ma anche degli scienziati del sociale e, in modo speciale, degli psicologi, sempre del sociale, che avallano il sistema, sia pure solo tacendo.Stando così le cose, non posso non pensare ad una tacita complicità tra soggetti che hanno interesse di coprirsi a vicenda, situazione psicologica che ci riporta proprio alla nota “omertà” della mafia, che diventa “omertà del sistema” a “collusione bifacciale”. Il che conferma che distinguere il sistema vigente in liberismo e in mafie è già una configurazione analitica di una realtà che può essere compresa solo se còlta nella sua globalità sintetica.I finti ignoranti vogliono far credere – e purtroppo spesso ci riescono – che la mafia possa essere debellata per ottenere un capitalismo-liberismo “pulito” in una società compatibile umana ed ecologica, a sviluppo compatibile e al riparo da esperimenti utopistici, e quindi nocivi e fuorvianti, divenuti per conseguenza antistorici e di cui non è più nemmeno il caso di parlare, come ci assicura un certo Berlusconi, che possiede mezzo mondo guadagnato con il sudore di una fronte dalle dimensioni ipermultiple.I bugiardi di mestiere del sistema ci garantiscono che ciò è perfettamente legittimo esattamente come l’indigenza totale di un barbone! Ciò che non sanno spiegarci è come mai la lotta alla mafia non abbia mai fine se è vero che ci ripetono da sempre di essere alle ultime battute, anzi, ultimamente, alle ultime “decapitazioni” delle cosche tanto che l’azienda antimafia starebbe (aggiungiamo noi) per chiudere i battenti per missione compiuta. Quest’articolo risponde a tale perché.Evidentemente la psicologia, che si insegna nelle università, non tocca il sociale né tanto meno la genesi del crimine in rapporto e ai diritti naturali dell’uomo e al cosiddetto “ordine costituito” e meno che mai ai “diritti della Terra”, di cui siamo ospiti. Seguono le tracce di una lettura “fisiologica” – per certi versi anche “clinica” – del comportamento dell’uomo alle prese con i propri “imperativi biologici”.1 - Il soggetto-uomo non è un’entità a sé stante, come sospesa per aria, ma è anche espressione dell’ambiente in cui vive.2 - Il soggetto-uomo vive in quanto dotato di potere vitale, ovvero capace di rispondere ai propri imperativi biologici.3 - Gli “imperativi biologici” – che la biologia del sociale indica convenzionalmente in cinque pulsioni analitiche essenziali – si possono indicare anche – per meglio intenderci -  con una semiretta, che parta dalla risposta alla fame di  nutrimento per sussistere (“potere di sussistenza”), per estendersi verso una crescita, senza limite, del “potere di esistenza”: della coscienza critica ed etica per coloro che si evolvono anche come specie, o insistendo solo sulla salute, il benessere e la comodità per coloro che restano a mezza strada (antropozoi).4 - Il capitalismo, comunque modellato, è un gioco con le sue regole, che i fautori chiamano leggi, un gioco che, come tutti i giochi, produce vinti e vincitori. Vincitori sono coloro che possono realizzare pienamente il potere di sussistenza e curare, senza limite, salute, benessere e comodità (immobiliare, voluttuaria e così via), trascurando scienza e coscienza. Vinti sono coloro che, talora, non possono nemmeno soddisfare l’imperativo categorico della fame, arrivando a gesti sconsiderati, come il suicidio. I fautori del capitalismo chiamano legalità l’insieme delle (loro) regole-leggi, sostengono che lo Stato, per il solo fatto di essere fondato su regole scritte sia “di diritto”, ritengono la legalità sinonimo di legittimità, perseguitano come illecito o crimine ogni trasgressione delle (loro) regole-leggi.5 - Per contro, l’inconscio del soggetto-uomo recepisce come leciti non solo i costumi del sistema ma soprattutto l’essenza, che essi contengono. L’essenza delle regole del gioco del capitalismo è la predazione, eredità genetica della foresta, che permane finché non viene sostituita da modalità dettate dalla coscienza critica ed etica (come dire dalla scienza e dalla coscienza). Ne consegue che si equivalgono tutte le regole che realizzano, sia pure in maniera surrettizia, la predazione. 6 - Tutti i capitalisti convinti sono i primi trasgressori potenziali delle proprie stesse regole, dal momento che sentono di poterle sostituire con altre essenzialmente equivalenti. Questo spiega intanto la diffusissima “criminalità intralegale” (si pensi ad una “tangentopoli” o “criminopoli” senza fine…).7 - La psicologia sociale ci dice che il modo di rispondere al primo bisogno essenziale – che è quello del nutrirsi per sussistere -  si estende in tutta la vita di relazione: se quel modo è la predazione, sia pure surrettizia, ecco la spiegazione del comportamento predatorio (stupratorio) nella ricerca della risposta al bisogno sessuale, di giovani anche perbene o di adulti che vivono la vita sociale come abbandonati a sé stessi.8 - Le mafie sono organizzazioni gerarchiche di predatori che coniugano le proprie regole con quelle ufficiali, dando luogo alla “paralegalità”.9 - Quanto alla cosiddetta delinquenza comune, è evidente che non “si delinque” – se così dobbiamo dire – solo per fame (cioè per il potere di sussistenza) ma anche per il potere di esistenza, quindi “per emulazione¨: perché si vuole “essere – e a buon diritto – come chi sta meglio”!10 - Lo Stato capitalista si prende gioco dei diritti naturali dell’uomo, anche quando li scrive su una carta costituzionale, proprio perché l’essenza della sua dinamica è la predazione (la corsa a che preda di più): non è pertanto uno Stato di diritto. Per la stessa ragione trasgredisce i diritti della Terra, che è un organismo vivente sui generis, cioè ne distrugge gli equilibri: l’esito della doppia trasgressione è il suicidio socio-ecologico di cui viviamo i prodromi climatici.11  Stando così le cose, la lotta alla mafia – cioè al “capitalismo paralegale”  è destituita di ogni fondamento logico e scientifico come lo sarebbe il tentativo di avere una “guerra nonviolenta”! 12 - L’economia, come gioco “affaristico” a chi depreda di più – ovvero come predonomia – totalmente incurante dei diritti della specie e di madre-natura, induce i soggetti più ricettivi e passivi, per età o per insufficienza morale, a comportarsi come predatori in ogni circostanza della vita di relazione, quindi con amoralità ed ipocrisia. Non vi è soluzione di continuità fra ogni forma di aggressione, anche omicida, perfino tra consanguinei, (sociopatia) e patologie di competenza della psichiatria.13 - Volere rimediare a tutto questo con interventi polizieschi, repressivi e carcerari ed aumentando (risum teneatis, amici!) la presenza dei militari (magari per ogni ragazza desiderabile – parola di Berlusconi!) senza eliminarne la causa, cioè il capitalismo, trasposizione antropomorfa della giungla, è esso stesso un crimine nella misura in cui si finge di crederci. In ogni caso, a parte la tragicommedia senza fine, della lotta alla mafia, è una cosa ridicola come un cane che giri intorno a sé stesso nel tentativo di mordersi la coda!