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Il Dhammapada: cuore dell'insegnamento del Buddha

di Manuel Zanarini - 12/03/2009

 

Il Dhammapada, conosciuto anche in sanscrito col nome di Dharmapada o di Udanavarga, è un libro contenuto nel canone buddhista in lingua Pali, l’antica lingua dei popoli indo-europei, il Suttapitaka, nella sezione del Khuddakanikaya . Il suo titolo, spesso, viene tradotto in italiano come “Il cammino del Dhamma”. In esso, sono contenute frasi che lo stesso Buddha ha pronunciato in diversi discorsi, e raccolte da monaci suoi contemporanei. E’ diviso per temi, e nella stesura viene data particolare importanza all’aspetto mistico del linguaggio, visto che è impostato su coppie di frasi antitetiche. Questo testo è centrale nel Buddhismo delle origini, quello Theravada, ma ricopre comunque un ruolo di rilievo anche nelle tradizioni successive, come quella Mahayana e Tibetana.
Le parole del Buddha riguardano tutti gli aspetti principali dei suoi insegnamenti, e quella che emerge è una dottrina che ha moltissimi punti di contatto con tutte le tradizioni indo-europee successive, come giustamente sottolineato da Evola in “La Dottrina del Risveglio”. Vediamone alcuni aspetti centrali.

Particolare importanza viene data alla mente umana e al suo controllo attraverso la “meditazione”. La mente è fondamentale per l’uomo, ne guida ogni aspetto della vita, e di conseguenza ad essa va riservata la massima attenzione; infatti, “come nella casa mal rivestita penetra la pioggia, nella mente non coltivata penetra l’attaccamento”. L’uomo deve sempre sforzarsi di controllarla, perché diversamente si espone ai pericoli del mondo esterno fatto di apparenza e sofferenza; come è scritto: “la mente tremante, in continuo movimento, è difficile da proteggere”; “è bene soggiogare la mente, la mente domata porta gioia”; “ciò che un nemico può fare a un nemico, chi odia a uno che odia, è poca cosa rispetto al danno che può arrecare una mente mal orientata”.
Lo strumento che il Buddha indica per controllare la propria mente è la meditazione. A differenza di quello che comunemente si pensa, la meditazione non è un modo per trovare la calma e allontanarsi dallo stress quotidiano; invece, rappresenta una tecnica per acquisire una maggiore consapevolezza interiore e per aumentare il controllo sulla propria mente, come le recenti scoperte scientifiche in tema di neurotrasmettitori confermano. Anche in questo caso alcune frasi del testo sono esplicative: “Non c'è meditazione senza profonda percezione, non c'è profonda percezione senza meditazione”; “Questi sono i primi passi del cammino: padronanza dei sensi, semplicità, pratica degli insegnamenti,coltivare amicizie pure, virtuose, attive”;  “Colui che medita, è libero dalle passioni, è centrato, assolve i suoi compiti, è senza macchia e ha raggiunto il bene più alto, questi è un bramino”.

Il controllo della mente attraverso la meditazione è necessario per sconfiggere la causa prima della sofferenza dell’uomo: l’ignoranza (in Pali, avidyā), o mancanza di consapevolezza. L’uomo inconsapevole non si rende conto che “ogni cosa esistente è impermanente” e che “l’esistenza è sofferenza”; quindi vive nell’ attaccamento, tanto delle cose materiali quanto di quelle immateriali: “è roso dall'ansia per i suoi figli, per i suoi beni. Ma come possono i figli o i beni appartenergli?  Lui stesso non si appartiene”; “è il peggior nemico di se stesso: le sue azioni cieche producono frutti amari”; “vuole essere ammirato per le sue opere, vuole dettare agli altri ciò che devono e non devono fare. In questo modo coltiva in sé l'attaccamento e l'orgoglio”; in lui “la bramosia cresce come un rampicante. Egli salta di vita in vita, come una scimmia alla ricerca di frutti nella foresta salta di albero in albero”. Per questo è fondamentale praticare la meditazione; perché “l’inconsapevole che sa di essere tale è in parte saggio. Ma l'inconsapevole che si crede saggio è uno sciocco incurabile”.

Come detto, uno dei tratti tipici dell’inconsapevole è l’attaccamento, che guarda caso è alla base della moderna società consumista. Già oltre 2500 anni fa, il Buddha aveva capito le cause dei mali che si sarebbero affacciati nel Kaly-yuga, l’ attuale “Età oscura” dell’umanità; infatti diceva “L’avidità è il massimo dei mali, il desiderio è la massima sofferenza”; oppure “come un'alluvione trascina via un villaggio addormentato, la morte lo (l’uomo che soffre di attaccamento) rapisce”. Per porre fine alla sofferenza causata dall’attaccamento, l’uomo deve adottare una forte disciplina interiore e uno stile di vita umile-.

Il Buddhismo, specialmente nella tradizione Theravada, è una via di crescita interiore( usando un termine successivo, caro a Nietzsche, di “continuo divenire”), che invita l’uomo a non cercare rifugio in idee celesti, o in ritiri in eremi dispersi. Il Buddha insegna a guardare dentro sé stessi (“Tu sei il tuo maestro. Tu sei il tuo rifugio”; “Non c'è alcuna via nel cielo, la via è dentro di te”). L’uomo, o per restare in tema il “superuomo”, deve essere “Padrone del proprio corpo, delle proprie parole, dei propri pensieri”; perchè “il saggio è padrone di sé”; perché è “Meglio vincere te stesso che vincere mille battaglie contro mille uomini. La padronanza di sé è la vittoria più grande. Né gli dei, né i demoni, né il cielo, né l'inferno possono toglierti una simile vittoria”.
 
Come ha sottolineato Evola, il Buddhsimo offre anche una “via” per il mondo esterno, quella del “guerriero”. L’aspetto centrale di tale percorso è l’ umiltà, oltre ovviamente al già citato “non attaccamento”. Riporto alcune frasi del testo, più eloquenti di mille parole: “il discepolo del Buddha non cerca gli onori, ma solo la saggezza”; “Come una rupe non è scossa dal vento, egli non è scosso dall'elogio o dal biasimo degli uomini. Non desidera nulla e non parla a vuoto. Qualsiasi cosa gli accada, nella fortuna e nella disgrazia,va per la sua strada senza attaccarsi a nulla”; “Vivi semplicemente, mangia con moderazione, coltiva la solitudine, purifica la tua mente”; “Il desiderio di piacere non è saziato neppure da una pioggia d'oro. Il saggio sa che per ogni goccia di piacere esso porta con sé un bagno di dolore”; “Facendo del male, tu stesso ti corrompi. Ma facendo del bene, tu stesso ti purifichi. Tu sei la fonte di ogni purezza e di ogni impurità. Nessuno può purificare un'altra persona”.

Moltissimi sono ancora gli spunti che questo testo offre, ma penso sia eccessivo elencarli tutti ora. Quello che è importante sottolineare è che il Dhammapada è un testo fondamentale per chiunque voglia avvicinarsi al mondo della Tradizione indo-europea e per chi cerca una via interiore per la propria crescita spirituale.