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Tributo a Sergej Aleksandrovic Esenin

di Romano Guatta Caldini - 16/03/2009


 

 

Pietrogrado,ventotto dicembre 1925. Ore 11:00, Stanza n° 5  dell’hotel Angleterre.

Il primo a rendersi conto che c’era qualcosa che non andava, era stato Erlich. Nella tasca della  giacca aveva trovato un biglietto con  parole vergate col sangue:

Arrivederci, amico mio, senza mano, senza parola.
Nessun dolore e nessuna tristezza dei sopraccigli.
In questa vita, morire non è una novità,
ma di certo, non lo è nemmeno vivere

Insospettito, sfondò la porta della camera dove risiedeva l’amico. Trovò il corpo penzoloni, impiccato al tubo di riscaldamento.

Nato a Konstantinovo il 3 ottobre 1895, Sergej Aleksandrovič Esenin [nella foto sotto] era divenuto in pochi anni il più grande cantore della Rus’. Quella arcaica dal profumo eurasiatico e quella  moderna dei sobborghi industriali.

sergej_esenin_fondo-magazineNelle recensioni ai  testi del poeta di Konstantinovo, capita spesso che si sottolinei esclusivamente l’aspetto del poeta contadino a discapito di quello inurbato e viceversa. Spesso i critici si divertono nell’affibiare etichette agli artisti, ma con Esenin il gioco non funziona.Come ha scritto giustamente Vittorio Strada, Esenin è stato: poeta “contadino” tanto quanto poeta “urbano”, poeta di un passato senza ritorno tanto quanto di un presente senza avvenire, poeta di un’angelica purezza tanto quanto di una diabolica viziosita’, poeta della nostalgia,della disperazione e dello spazio tra questi due poli prima che una lacerazione lo annienti, annientando la vita del poeta libero.

Cresciuto nella campagna sterminata della Russia zarista, si trasferisce giovanissimo a Pietrogrado dove comincia a frequentare i circoli letterari che daranno vita all’immaginismo. Corrente che Ezra Pound porterà in auge nel continente Europeo, seppur con toni e modalità completamente differenti. Sarebbe comunque errato limitare l’operato di Esenin alla cerchia immaginista. Si può infatti parlare di un Esenin immaginista quanto surrealista e acmeista. Tratti questi che se  in un momento hanno parvenze messianiche nell’altro mutano in  veri e propri sussulti pagani. Vedi  Le Chiavi di Maria e il canto all’ Yggdrasil dei germani.

Esenin è stato tra i più ferventi sostenitori del bolscevismo, in esso vide la rinascita della plebe e la sua liberazione dalla schiavitù feudale. Per molti il bolscevismo fu un sogno, che a causa di pochi si trasformò in un incubo. Il poeta, accortosi in breve che la rivoluzione avrebbe avuto un carattere prettamente urbano e che il popolo della campagna non avrebbe tratto vantaggi,controcconte, mentre tutti gli artisti rendevano omaggio a Marx, Esenin scriveva inni sacri alla Mucca, unica vera beneffattrice del mondo contadino.

Il poeta, conscio di aver appoggiato una rivoluzione non sua, scrive: «ho cessato di capire a quale rivoluzione abbia preso parte. Né quella di febbraio né quella di ottobre. E’chiaro che in noi si nasconde un non so quale novembre».

Caratteristici del periodo leninista sono “I poemetti rivoluzionari” e “Il Pugacev”. Quest’ultimo è la storia in atti della rivolta guidata dal  cosacco Emeljan Ivanovic Pugacev, contro le truppe imperiali di Caterina II.

Dall’esperienza makhnovista prima e dei kulaki poi il regime dei soviet si rivelerà in tutta la sua essenza anti contadina. A pesare su ciò oltre a motivi prettamente economici, influì notevolmente l’aspetto culturale. Le tradizioni e le credenze delle sette religiose dei vecchi erano in evidente contrasto con i nuovi dogmi comunisti. Un intero mondo verrà spazzato via, ed Esenin senza più un posto da chiamare casa si ritroverà orfano in un mondo di padri della patria. Lo sradicamento nel poeta avrà effetti devastanti. Esenin si troverà di fronte al bivio di una scelta necessaria; accettare il corso degli eventi o scegliere il cammino di una lotta personalissima contro il sistema. L’indole più incline alla rivolta che al compromesso lo porterà a intraprendere una strada senza uscita.

Ad alleviare i dolori del poeta ci pensarono le donne, numerose, dalla nipote di Tolstoj a Isidora Duncan. Quella con la ballerina statunitense  sarà la relazione più duratura ma al contempo più burrascosa. Più grande di lui di una decina d’anni, sopporterà le stranezze del poeta e i suoi repentini cambi d’umore che spesso sfociavano in attacchi d’ira e violenza gratuita che vedevano nella Duncan il bersaglio predestinato. Nonostante ciò sarà sempre lei a proteggerlo e soccorrerlo durante le angoscianti notti metropolitane.

La consacrazione alla schiera dei maudits, la otterrà grazie alla raccolta di poesie “Mosca delle bettole”. Ciclo che aprirà inesorabilmente la strada all’esistenzialismo russo.

Ma sotto qualsiasi regime la vita per un cane sciolto non è mai stata facile, tanto meno tra gli artigli della CEKA. Numerose furono le motivazioni che portarono Esenin verso la damnatio aeterna. Le accuse di filofascismo e  antisemitismo saranno quelle letali. Imputazioni  queste che condividerà con tutti gli “scrittori contadini”: Ganin, Klyckov ed Oresin. Il primo verrà freddato con un colpo di rivoltella alla nuca, gli altri moriranno nei gulag.

Esenin, avversato dal regime, senza protezioni politiche alle spalle, si troverà isolato e sotto attacco della critica, che non cessserà d’inveire contro i suoi versi neppure dopo la morte.Certo, salire in piedi sul tavolo, durante una serata di gala, urlando di voler riempire la stanza di urina del proprio cavallo, perché nauseato dai presenti, di certo non aiutava. Con  simili gesta si fece una coorte di nemici: politicanti, letterati  e critici. Ma spietato più  di tutti fu lo specchio della sua stanza d’albergo. Di fronte ad esso, ubriaco come al solito, dovette ammettere che il mondo per questa volta aveva vinto.

La luna è morta
Azzurreggia alla finestra l’alba.
Ah tu, notte!
Che m’hai combinato, notte?
Me ne sto in piedi qui col mio cilindro.
Non c’è nessuno con me.
Sono solo
Con uno specchio in frantumi…

Come scrisse Drieu la Rochelle per il suo commiato: j’ai perdu, je réclame la mort.

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