L'inizio della fine
di Giancarlo Chetoni - 31/03/2009
Fonte: cpeurasia
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L’ultimo documento emesso dal Dipartimento della Difesa USA, partendo da un pomposo e autocelebrativo “… the US military, the strongest and most capable in the word…“ e da un grafico di fondi erogati a Navy, Air Force, Army, Marines, Guard Coast, National Guard e US National Veterans con rispettivamente 534.5, 600.9, 646.0, 654.7 miliardi di dollari dal 2006 al 2009 e di altri 671.1 trilioni nel 2010, parla chiaro: gli Stati Uniti d’America continuano a incrementare, di anno in anno, gli stanziamenti per le loro Forze Armate.
Un segnale che non parla certo di pace o di epocali cambiamenti di rotta nella politica estera di Washington.
Stanziamenti che hanno raggiunto e superato l’intero ammontare del resto del mondo, comprese Inghilterra, Francia, Cina e Russia, al di là della progressiva paralisi che investe la ricerca applicata aerospaziale e la struttura militare degli USA.
Salgono alle stelle gli stanziamenti per personale e materiali impiegati sui fronti di guerra e decrescono a rotta di collo le produzioni “record“ dei comparti militari ad alta tecnologia che hanno consentito agli Stati Uniti d’America dagli anni 50 ai 90 di essere un’indiscussa potenza planetaria, sia in campo convenzionale che nucleare.
La guerra ai ribelli “straccioni“ impoverisce la ricerca avanzata, assorbe risorse colossali alla tecnologia navale e aerea militare di punta, mentre Russia, Cina e India la incrementano senza soste.
Un processo di “deperimento“ in qualità e quantità che si manifesta sulle catene di montaggio della Boeing, della Lookheed-Martin e del complessi di “eccellenza“ a partire dalla NASA.
Con un sistema finanziario, bancario, assicurativo, industriale e sociale che si sta letteralmente spappolando dal 3° quadrimestre del 2008, con un debito pubblico devastante che non verrà mai né ammortizzato né restituito ai creditori internazionali - tra i principali, Cina, Giappone, Emirati del Golfo e Arabia Saudita -, in presenza di dati macroeconomici che porteranno alla bancarotta l’Unione degli Stati Americani, il democratico Barack Obama a quanto pare continuerà a spendere e spandere nel segmento militare a bassi contenuti di tecnologia il 4.2 % in più nel 2010 sul 2009, per gestire le “guerre permanenti“ lasciategli in eredità dal suo predecessore, il repubblicano George W. Bush.
Dopo essersi rimangiato alla svelta le promesse fatte agli elettori americani di sganciarsi “immediatamente“ dall’ Iraq, per vedere col nuovo inquilino della Casa Bianca una sostanziale diminuzione a 35.000-50.000 uomini su quel terreno occorrerà aspettare, salvo allungamenti che non possono certo essere esclusi per la permanenza in quel Paese di enormi tensioni etniche, culturali e religiose, almeno l’Agosto-Dicembre del 2010, mentre aumenteranno nello stesso periodo di 14.500 nell’anno in corso e di altre 19.000 il successivo le truppe da “allocare“ in Afghanistan con Enduring Freedom.
I militari USA (fonte Ria Novosti–Interfax) per quella data raggiungeranno le 65.000 unità schierate sul campo.
Rimandata al 2010 dal nuovo Zio Sam anche la chiusura del carcere di Guantanamo che da “immediata“ è diventata un “obbiettivo a tempo“, con la prevista dispersione negli Stati dell’Unione Europea (Italia compresa, rapidamente accodatasi con Frattini ai diktat del nuovo Ministro della Giustizia USA Eric Holder) dei detenuti sottoposti ad anni di torture e una dura segregazione senza processo e che li riconosce “combattenti nemici“ in base alle “leggi di guerra“.
Un capitolo, meritevole di grande attenzione, che solleva, da solo, enormi interrogativi a livello di diritto internazionale e che amplierebbe, una volta attuato, il coinvolgimento del Governo Berlusconi in pratiche illecite di detenzione, condannate anche da Amnesty International.
Prodi, da parte sua, ha reso possibile la carcerazione con il 42 bis nei penitenziari di massima sicurezza del Bel Paese di militari e civili di nazionalità serba condannati a pesanti pene detentive o all’ergastolo dal TPI dell’Aja.
Un segreto rimasto nascosto con la complicità dell’intera categoria dei trombettieri della carta stampata, di Rai e Mediaset, al servizio del “governo“ e della “opposizione“.
La partita di giro Iraq-Afghanistan - perché di questo si tratta, anche se non ce lo dicono - comporterà per quella data un aumento pressoché analogo di militari NATO inquadrati in ISAF per una sorta di operante già da tempo “fifthy-fifthy“ tra USA e UE, Canada e Australia per una “equa condivisione delle risorse finanziarie e militari e degli obbiettivi di stabilizzazione“ contro la asserita traboccante guerriglia pashtun del mullah Omar e delle formazioni “terroriste” di al-Qa’ida guidate dal sempre più evanescente Osama bin Laden.
È quindi prevedibile già da ora il contingente ITALFOR sia destinato a raddoppiare dai 3.200 (attualmente fluttuanti) ai 6.000 militari entro 36- 48 mesi con un analogo aumento di mezzi nel supporto aereo-terrestre, di ricognizione, attacco e perlustrazione.
La lievitazione di costi a carico del nostro (?) ultrasfiatato erario per la “pace“ in Afghanistan a partire dal 2010 aumenterà di altri 0.5 miliardi di euro a semestre.
Per la parziale uscita dall’Iraq la Segretaria di Stato Hillary Clinton intanto ha già intavolato il 23 Febbraio 2009 con la Turchia colloqui preliminari per far transitare le truppe USA utilizzando il territorio di Ankara.
Secondo il quotidiano “Hurriyet”, 800 Ranger del Genio sarebbero già impegnati a consolidare i ponti e gli attraversamenti stradali della Turchia per permettere il transito di tutto il materiale logistico pesante, dei blindati e dei carri armati Bradley e Abraham M 1 scampati al massacro degli IED e degli RGP delle milizie del Ba‘th.
I convogli USA utilizzeranno la viabilità del Kurdistan sotto la protezione peshmerga per attraversare la frontiera dirigendosi verso le città portuali di Iskenderun e Mersin sulla costa occidentale turca. Le tappe intermedie per il rientro negli Usa, Via Gibilterra, dei convogli navali prevedono soste tecniche negli approdi NATO sul territorio nazionale.
Dal 1 Maggio 2003, quando Bush atterrò sulla portaerei nucleare A. Lincoln accolto da un gigantesco striscione di “mission accomplished“ sono passati 7 anni.
Cosa si lascino dietro, gli Usa, tagliando la corda dalla parte opposta da cui erano arrivati per evitare l’umiliazione di colossali lanci di scarpe e di sberleffi da Baghdad a Bassora è ormai conosciuto e condannato a livello planetario, al di là della vergognosa accondiscendenza espressa dall’ONU alle Amministrazioni di Washington dal 1991 al 2010-2011 (?).
Rinnovate inoltre da Barack Obama le sanzioni all’Iran per il programma nucleare civile portato avanti da Teheran nonostante la totale liceità della messa in opera sotto controllo AIEA del primo NPP da 1000 Megawatt di Bushher, compresi i contenitori a barre sigillati per 82 tonnellate fatti transitare su pontoni in 4 successive spedizioni dalla Russia via Mar Caspio in Iran.
Lo ha reso noto il portavoce della Casa Bianca il 13 Marzo con la motivazione che il Paese del Golfo Persico continua a rappresentare “una minaccia di straordinaria importanza per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America“.
Sanzioni che sono state rinnovate di anno in anno dal 1995 dalle Amministrazioni USA e dall’ Unione Europea a partire dal 23 Giugno 2008, di cui il Governatore della Banca d’Italia Draghi si è fatto sollecito interprete per inibire l’attività della Banca Melli di proprietà dell’Iran, mentre il Ministro degli Interni Maroni ha bloccato il visto d’ingresso in Italia per funzionari e personale diplomatico compreso nella lista di Bruxelles. Dal canto loro D’Alema e Frattini nel frattempo si sono dati da fare a deprimere l’import-export Roma-Teheran come risulta dai dati ICE con decrementi annuali che hanno sfiorato il 18-20%.
Il portavoce di Teheran Ali Zabihi ha inoltre denunciato il complotto ordito a Roma il 3 Giugno 2008 contro il Presidente Ahmadinejad in visita alla Conferenza FAO e l’Ambasciatore dell’ Iran Abolfaz Zehrehvand mediante una massiccia irradiazione di raggi X da attuarsi durante un controllo “metal detector“ nei saloni FAO e il posizionamento all’esterno dell’Ambasciata dell’Iran, in prossimità dei varchi carrabili, di materiale emanante altissimi livelli di radioattività.
Spargimento né semplice né facile, che l’Agenzia Fars ha individuato come effettuato da agenti nemici per conto USA in territorio italiano. Un territorio sottoposto al controllo dell’Agenzia Italiana Sicurezza Interna.
Per un focolaio di guerra in Medio Oriente che potrebbe, forse, far regredire le Amministrazioni USA, per una sorta di maledizione alimentano sempre nuovi incendi. Uno tra i più pericolosi per la vastità del retroterra coinvolto (l’Eurasia) e degli equilibri politici e militari che compromette è quello attizzato con un crescendo di dichiarazioni, di espresse intenzioni e di contatti preliminari avviati dall’allora Segretario di Stato Rice nel Giugno 2007 con i Presidenti di Repubblica Ceca e Polonia per la collocazione in questi due Paesi, rispettivamente, di un apparato radar e di silos per il lancio per missili intercettori USA che fanno parte integrante del sistema (schermo) spaziale USA voluto dai neocon del Pentagono e dal Presidente Reagan, portato segretamente avanti da Clinton, esploso poi nei suoi effetti più dirompenti nei rapporti con la Russia nell’anno 2008 con l’approssimarsi dell’uscita di scena dell’Amministrazione Bush .
Argomento su cui il “presidente abbronzato” non ha ancora espresso mezza parola.
Vedremo successivamente con un breve dettaglio tecnico di cosa si tratta, dal momento che l’argomento, per qualche misteriosissima ragione, è rimasto un grosso buco nero non solo in televisione e sui giornali ma anche sulle più accreditate riviste specializzate del settore militare.
Intanto, dopo Grecia e Turchia, saltano altri punti focali della NATO e dell’Europa Occidentale nell’ex cortina di ferro. Il Presidente di turno dell’Unione Europea, il premier Topolanek, un falco dell’Alleanza Atlantica, è stato sfiduciato dal Parlamento Ceco appena pochi giorni fa, mentre la Spagna ha ritirato unilateralmente il suo contingente di 800 militari dalla Kfor in Kosovo suscitando sdegnate reazioni di condanna al Comando Generale di Bruxelles e del Segretario Generale De Hoop Sheffer.
In Bosnia, sia l’Italia che la NATO si apprestano a una riduzione dei contingenti militari sotto la spinta di priorità di “sicurezza“ più immediate in Ciad, in Darfur, nel Somaliland, a Gibuti e nel Golfo Persico. Le rivoluzioni gialle e arancioni in giro per il mondo boccheggiano.
Che sia l’inizio della fine per i nemici della Nostra Europa?