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Pierre Verluise, 20 ans après la chute de Mur. L’Europe recomposée

di Catherine Durandin* - 14/04/2009

 


Recensione del libro di Pierre Verluise, 20 ans après la chute de Mur. L’Europe recomposée, Paris : Choiseul, 2009, 264 p. 20 euro. ISBN : 978-2-916722-39-9.


Con « 20 ans après la Chute du Mur, l’Europe recomposée », (Choiseul, 2009) Pierre Verluise ci offre un’opera che presenta tre principali qualità : la conoscenza dell’esperto, il rigore della scrittura ed una relazione affettiva di simpatia sia con l’oggetto di studio sia con il lettore. Eppure, dei sessant’anni di storia recente su cui si è applicato relativamente alle due Europe nonché agli Stati Uniti e alla Russia, P. Verluise ci propone una saga. La prefazione dà il tono : sul filo dei tempi di piena guerra fredda, poi del 1989, poi di post-guerra fredda nel 2004 e nel 2006, sul filo di un percorso che va dall’URSS alla repubblica socialista d’Armenia, poi a Cracovia per ritornare all’URSS, in Siberia, l’autore evoca dei punti fondamentali di memoria che gettano luce su atmosfere di mutamento radicale. Che salto dall’URSS chiusa a catenaccio e sotto controllo del 1985 ad un’intervista a Cracovia con un’intellettuale liberale che crede nell’avvenire europeo dell’Ucraina ! Un tale percorso sfocia nelle seguenti domande : quali sono state le strategie, quali sono i « vincenti » e i « perdenti » ? L’autore intende rispondere in tre tempi : i giochi dei due Grandi, gli interventi dei tradizionali grandi attori europei Francia e Germania per, infine, interrogarsi sulle nuove sfide con le quali l’Europa è a confronto.

Seguiamo Pierre Verluise sul suo primo tema : il momento americano, epoca di fine guerra fredda. È vero, scrive, che non fu « facile sul momento coglierne tutta l’ampiezza». Senza dubbio, si potrebbe aggiungere che, visto da Parigi, quel momento americano fu in parte temuto, se non negato. Basta rileggere le note di Jacques Attali nel suo Verbatim per cogliere il brivido dell’inquieta vertigine della presidenza francese di fronte alla connivenza tra Bonn e Washington nelle ultime settimane del 1989 : François Mitterrand crede di sapere che mai M. Gorbachev si piegherà davanti alla riunificazione della Germania nella NATO. P. Verluise non entra nel ricordo quotidiano delle negazioni francesi e sceglie di seguire le fasi a domino del fallimento russo che, nonostante i tentativi di risanamento, hanno contrassegnato una vittoria americana. Le pagine dedicate a « L’America asfissia la Russia » sono molto convincenti. Le affermazioni del generale Walters, in un’intervista con l’autore, i richiami ai diari di Colin Powell, impressionato dall’aumento dei bilanci militari voluto da R. Reagan, giungono in sostegno di questa dimostrazione della volontà reaganiana di andare al di là del « contenimento » del 1947. Giustamente, l’autore afferma, ricordando gli obiettivi annunciati da Bush nel maggio 1989, che « l’amministrazione americana era ben preparata agli avvenimenti che sarebbero sopraggiunti ». Fatto essenziale da ricordare : quando G. Bush (padre) sostiene la riunificazione della Germania, lo fa evitando assolutamente la sua neutralizzazione nella quale sperava Gorbachev. Pierre Verluise non pretende – e chi oggi potrebbe dimostrarlo ? – che Washington abbia controllato tutti i processi dei mutamenti da Praga a Bucarest ; ma lascia intendere, e i casi ungherese, polacco, ceco e rumeno ne sono stati la prova, che Washington non sia stata lontana dalla scena, dietro le quinte, armata di quel « soft power » che è stata la pesca alle future elite per il tempo dell’immediata post-transizione. A Budapest, dal 1988, l’ambasciatore degli Stati Uniti aveva sostenuto la creazione di un istituto di management che preparasse alla gestione liberale dell’economia. Hanno avuto il fiuto di invitare da Bucarest dei futuri quadri dirigenti al Kennan Center o all’istituto di studi Est / Ovest a New York. L’autore prosegue su tempi più prolungati inscrivendo, in questo capitolo dedicato alla vittoria americana, l’estensione della NATO: à posteriori, questa estensione può essere letta come una consacrazione della potenza americana. Ma, senza dubbio, qui si dovrebbe mostrare che oggi manca un concetto strategico per questa NATO allargata, dove alcuni partner est-europei, profondamente atlantisti ma a confronto con opinioni pubbliche pacifiste, come la Repubblica Ceca e la Romania, si manifestano come elementi di distorsione piuttosto che di coesione in seno all’Alleanza. Alla lunga, il « tutto NATO » equivale ad « una tutta espansione » della potenza per gli Stati Uniti ? Il dibattito potrebbe essere aperto.

Con la seconda parte di questo libro, Pierre Verluise torna sul difficile argomento delle relazioni franco-tedesche al centro dell’Europa. Argomento difficile perché toccare la coppia Francia-Germanua è diventato un tabù, in quanto ogni approccio dubitativo circa il suo funzionamento è quasi sospettato di introdurre una deficit di fede nella costruzione europea. A ragione, Pierre Verluise scrive : « Prima ancora della caduta del Muro di Berlino, le relazioni tra Parigi e Bonn non sono dunque così semplici come le commemorazioni del trattato dell’Eliseo vogliono far credere ». P. Verluise torna con precisione sui decaloghi franco-tedeschi nel momento stesso della firma del trattato del 1963, un trattato agli occhi di Parigi contraddetto dal preambolo atlantista imposto dal Bundestag… alla lunga, le ambiguità rimarranno conservando, Parigi come Bonn, la specificità sovrana della loro relazione con Washington e con Mosca. La caduta del Muro, il timore di Parigi di vedere la potente Germania estendere a sua misura un’Europa verso Est non mettono certo a posto le cose. Si può pensare che il rilancio di una riconciliazione fondata sul doppio rifiuto della politica dell’amministrazione Bush verso l’Iraq, che cade nel 2003 sul bell’anniversario dei 40 anni del trattato del !963, duri molto ? P. Verluise non lo crede : in effetti, è quando non sono in linea con gli altri partner europei che Parigi e Bonn si riavvicinano… Che sia fondato parlare, assieme all’autore, della fine di un’illusione ?

È su questa posizione dubitativa che spesso si aprono le pagine dedicate alle sfide europee. La rivista dei candidati di nuova integrazione, Romania e Bulgaria, dei candidati potenziali (qui, ad esempio, l’autore in poche pagine delinea la situazione della Turchia e dell’Ucraina), porta inevitabilmente alla domanda : fino a dove ? Fino alle frontiere dell’Europa ? Pierre Verluise propone una stimolante riflessione sui due paesi/potenze, la Turchia e la Russia. Il paragone è interessante : esso permette di ritornare sulla declinazione dei fattori/componenti dell’identità europea. Qui, l’autore non arriva a delle conclusioni, sollecita la valutazione di esperti, alimenta il dibattito.

Costruita con forza fin dalle prime pagine sui due Grandi, prima di tuffarsi nel centro franco-tedesco per andare verso le periferie, l’opera chiude il cerchio parlando dell’Europa di fronte ai « Grandi ». Chiude il cerchio perché si tratta, in prospettiva, di rimettere gli elementi positivi e quelli spiacevoli nella relazione con Washington come con Mosca, perché è in arrivo una nuova e ben reale questione : quali relazioni con la Cina ?

Quest’opera si legge d’un fiato, su un tracciato/sospeso. L’autore si esprime direttamente. Inoltre, egli sa far parlare, al momento giusto per rendere la sua cadenza più serrata, attori e testimoni le cui affermazioni sono spesso nuove, tratte da interviste recenti da lui condotte. È sia un saggio per il grande pubblico colto che un prezioso strumento di lavoro per ogni storico od analista a confronto con le riflessioni che il testo suggerisce.

* Dottore in Lettere e in Storia, professore ordinario di Storia. Direttore di ricerca all’IRIS.