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Ascari afgani

di Enrico Piovesana - 23/04/2009




Operative le prime milizie tribali filo-Usa. Ma i volontari sono tutti non pashtun

In Iraq si chiamavano ‘Consigli del Risveglio'. In Afghanistan si chiamano ‘Forze Afgane di Protezione Pubblica' (Appf). Sono le milizie tribali che, nelle intenzioni del Pentagono, dovranno combattere i talebani per conto delle truppe d'occupazione statunitensi.

Si parte da Wardak. I primi 240 miliziani delle Appf, in uniformi verdi senza stemmi - tranne un cartellino identificativo appeso al taschino - sono entrati in servizio attivo all'inizio di aprile nella provincia di Wardak, alle porte di Kabul, dopo tre settimane di addestramento ricevuto dalle forze speciali Usa nel distretto di Jalrez. Se l'esperimento avrà buon esito, il programma verrà esteso a tutto l'Afghanistan.
Il problema è che le reclute che si sono presentate volontarie per il programma ‘pilota' di Jalrez erano tutti tagichi e hazara. Di pashtun, l'etnia maggioritaria da cui provengono anche i talebani, ce n'erano veramente pochi. La ragione è che i capi tribali pahtun del distretto di Jalrez non hanno ancora deciso da che parte stare.

Le resistenze dei pashtun. A Maidan Shahr, capoluogo della provincia di Wardak - ormai quasi completamente sotto il controllo dei talebani - si susseguono da settimane riunioni, sempre più tese, tra gli ufficiali statunitensi e gli anziani pashtun. A ogni incontro, i capi tribali hanno detto ai militari Usa che la loro gente non ama i talebani, che con le loro operazioni di guerriglia rendono impossibile una vita normale nella zona, ma teme le loro rappresaglie in caso di adesione al programma Appf. Quindi hanno chiesto ogni volta più tempo per decidere. Alla quinta riunione, una settimana fa, gli anziani pashtun hanno detto di non aver ancora preso una decisione e hanno mostrato i messaggi minatori che i talebani lasciano di notte sotto le porte dei villaggi: "Rifiutate il piano americano. State con noi".

"O con noi, o contro di noi". Gli ufficiali statunitensi hanno perso la pazienza. "Noi capiamo i timori della vostra gente, ma è arrivato il momento di avere coraggio", ha detto il tenete colonnello Kimo Gallahue, delle forze speciali Usa. "Abbiamo appena dislocato in questa provincia 1.600 soldati americani, ma anche gli afgani devono rischiare la propria vita. Avevamo deciso di rivederci oggi per prendere una decisione finale. Il tempo sta scadendo". Una velata minaccia, subito esplicitata dal generale Razik, comandante locale dei servizi segreti afgani. "Vi diamo un ultima possibilità, dopodiché se non accetterete di aderire al programma, vi considereremo dalla parte dei talebani".