I colpiti dal virus dell’influenza messicana sono pochi, ma quelli che si ammalano del timore di prenderla sono molti di più. Questa particolare forma di paura ossessiva si nutre, come quasi tutti i disagi psichici, di fatti reali, presenti nella vita quotidiana di ogni persona. Il primo è la ri-scoperta, con l’epidemia, che il controllo che possiamo esercitare sulla nostra vita è limitato, tanto che un elemento invisibile come un virus può metterla a rischio: non tutti lo accettano.
Le personalità ossessive non sopportano di non essere i «padroni» della propria vita. Che viene così spesa nello sforzo titanico di diventarlo, evitando ogni «variabile autonoma» dell’esistenza. Cioè quasi tutto, e molte cose piacevoli: passioni, sorprese, avventure.

Dietro il timore delle epidemie globali però ci sono anche altri fatti, magari non conosciuti lucidamente, che l’inconscio collettivo però percepisce, generando paure. Uno dei più importanti, in questo campo, è che la scienza medica ha perso da tempo la guerra contro batteri, virus e parassiti. La sconfitta fu riconosciuta ufficialmente in un articolo di Laurie Garrett, massima esperta delle «epidemie prossime venture», sulla rivista Foreign Affairs, vicina al Dipartimento di Stato americano. La guerra s’era proposta di distruggere le malattie infettive entro la fine del secolo scorso. Armati di vaccini, antibiotici, e antimalarici si credeva di far scomparire le malattie infettive entro la fine del millennio. Non si riuscì, perché si supponeva che il nemico (batteri, virus e parassiti), rimanesse fermo, e che lo si potesse «sequestrare» geograficamente. Invece i microbi sono in costante evoluzione biologica.
Il massiccio uso di antibiotici ha «selezionato» germi capaci di resistervi. Molti agenti patogeni sono «intelligenti», dotati di un corredo che in condizioni di pericolo li fa mutare, e consente loro di perlustrare il territorio in cui si trovano alla ricerca del materiale genetico necessario per resistere ai farmaci e ai disinfettanti. Questi microbi sapienti ormai «crescono sul sapone, nuotano nella candeggina, e se ne infischiano di cannonate di penicillina». Non solo i microbi cambiano, ma nel mondo globale non si può chiuderli dentro un confine.
La globalizzazione produce, oltre a continui movimenti di merci e denaro, anche spostamenti quotidiani di milioni di persone che vanno da un paese all’altro, dalla campagna alla città, dal sud al nord, dai paesi poveri a quelli ricchi. Assieme agli uomini viaggia un esercito impressionante, ancora in gran parte sconosciuto, di microbi, batteri e virus.
Negli Stati Uniti ogni anno decine di migliaia di persone muoiono per infezioni sconosciute. I nuovi microbi, ha spiegato la dottoressa Ruth Berkelmann del C.d.c. di Atlanta, c’entrano con molti decessi in banali operazioni, e con diverse infezioni contratte negli ospedali. Un problema che, a giudicare dalle statistiche, è importante anche in Italia.
Questo è il terreno sommerso che alimenta, oggi, le psicosi delle epidemie. L’ossessivo, come il paranoico, intuisce nei suoi deliri anche i «nemici reali», e li confonde con quelli immaginari, prodotti dalla propria psiche a seconda della storia. Come sempre la terapia migliore è quella della verità.
Parlare dei limiti della scienza rispetto alla natura vivente (cui batteri e virus appartengono), può aiutare molto di più che esaltarne l’immaginaria onnipotenza. Dopo tutto anche l’uomo è natura, come i virus. Siamo fratelli, cerchiamo di andare d’accordo. Evitando la psicosi, ad esempio, le difese immunitarie salgono.