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Vizi, o virtù, della storia che ritorna

di Raffaele Panico - 21/05/2009

 

 
Vizi, o virtù, della storia che ritorna
 



Il fenomeno tutto mercato ed economia della globalizzazione va ricercato nella visione meccanicistica della società umana? Il pensatore politico della modernità, Thomas Hobbes, aveva immaginato uno Stato, lo Stato moderno, come una grande macchina con i suoi ingranaggi, oleati e precisamente funzionanti, una meccanica precisa come un orologio: un prodotto dell’arte politica dell’uomo moderno. A questa concezione dello Stato moderno come macchina egli dà il nome di Leviathan, il mostro biblico - Leviatano, appunto, che metaforicamente, è la grande macchina dello Stato. L’idea dello Stato come meccanismo porta all’idea che tutto il resto, dall’orologio alla macchina a vapore, dal vapore al motore elettrico e al motore a reazione, dai processi chimici a quelli biologici sono esclusivo ulteriore sviluppo del progresso della tecnica e delle scienze naturali che non hanno bisogno di nuova speculazione metafisica. Carl Schmitt, il più grande politologo dell’età contemporanea, ha poi spiegato che, “lo Stato concepito come un apparato tecnico” si consacra quasi al modello della costruzione statuale moderna grazie al “prodigioso spiegamento dei mezzi tecnici, delle possibilità di traffico e di comunicazione e di diffusione, nonché delle armi, la potenza del meccanismo di comando”. Schmitt in un breve saggio su il paradigma dell’ “Unità del Mondo” spiega come questa esigenza è partita dalla scienza e dalla tecnica propria dell’Occidente nel corso dell’800: “Nel parlare dell’Unità del Mondo, non voglio immischiarmi nella politica attuale (siamo alla fine degli anni Trenta. Ndr). Voglio discutere la questione su un piano fondamentale, ma concreto. Il grande problema dell’unità in generale ha aspetti diversi. Già il numero uno è un problema per la stessa matematica e l’unità un problema teologico, filosofico, morale e politico di ingenti proporzioni. Lo sono anche, di conseguenza, la dualità e la pluralità. […] Lo spirito umano si trova in un trance critico. Con inaspettata rapidità tutte le questioni si convertono in questioni metafisiche, incluso le questioni di fisica specifica. L’unità del mondo di cui sto parlando adesso, non è la comune unità del genere umano, specie di Ecumene evidente in sé stessa, e che sempre è esistita in qualche modo al di là di ogni antagonismo umano, non mi riferisco nemmeno all’unità mondiale delle comunicazioni, del commercio, dell’unione postale universale o cose simili. Parlo di qualcosa di più difficile e arduo, si tratta dell’organizzazione unitaria del potere umano, che avrebbe per obiettivo pianificare, dirigere e dominare la terra e tutta l’umanità. È il gran problema: l’umanità ha già la maturità per sopportare un solo centro di potere politico? L’ideale dell’unità globale del mondo in perfetto funzionamento, risponde all’attuale pensiero tecnologico industriale. Non confondiamo questo ideale tecnico con quello cristiano. Lo sviluppo tecnologico produce per essenza sempre maggiori organizzazioni e centralizzazioni. Si può quindi dire che oggi il destino del mondo è la tecnologia più che la politica, la tecnologia come processo di irresistibile centralizzazione assoluta”. Dunque, lo Stato-macchina, o Stato-orologio, o anche Stato come “corpo politico” derivato da pensiero di Hobbes è meccanicistico, ed è fondato su uno Stato automa che, una volta messo in funzione, nessuno gli può resistere. La figura del Leviatano che incarna questo tipo di Stato è assoggettata anche ad una lettura che potrebbe indurre lo Stato-Leviatano, in quanto macchina, a strangolare tutto nel suo ingranaggio. Uno Stato così concepito porta anche all’idea di uomo artificiale, o uomo nuovo, rispetto a quello naturale, un grande comune contenitore di un tutto, che dispensa anche protezione e dove si trova ospitalità e un riparo sicuro per tutti i suoi individui.
Ora il sogno dell’arrivo in una nuova terra promessa - l’Italia (nel ricco Leviatano…) dove uomini stipati si barricano innumerevoli in un barcone, stretti insieme come in una carretta del mare, esprime forse bene l’idea di uno Stato basato da troppi anni sul consumo ad ogni costo, e stritola anche le speranze, le certezze degli individui che si raccolgono messi alle strette da una non politica che ha gettato la spugna di fronte al diritto al proprio spazio vitale in casa. Nessuna pronuncia sul tipo di mentalità, condizioni igienico-sanitarie, tipo di credenze, possibilità di dare lavoro, case e non baraccopoli, possibilità di treni, bus, metropolitane, servizi igienici vaccinazioni ecc.
In queste condizioni, in cui nessuno si sente fisicamente al suo posto, e poter così occupare uno spazio che non sente più suo o invaso da quello di un altro, sconosciuto peraltro.
Chi si sente veramente in grado di tenere unite e strette insieme innumerevoli genti diverse, individui spesso senza nome e nazionalità, non può che provocare l’impressione di uno sgomento che finisca per scivolare in uno Stato totalitario che dove non c’è e non può più esserci posto per l’individuo, la fine del borghese superato dall’ebbrezza della libertà e della concorrenza ad ogni costo, per avere braccia a buon mercato, nuovi consumatori e nuovi sottoproletari. Gli apprendisti stregoni sono riusciti a diventare dei politici illiberali che, quasi nostalgici di uno Stato come quello comunista sovietico prediligono un tutto informe e incompiuto nelle parti giustapposte e contrapposte, alle funzioni e alle libertà individuali per un solo mercato globale e orribilmente livellatore.
L’enfasi del tutto globale a discapito delle specificità che devono competere per portare a miglioramento, suggerire, addirittura, l’idea che a sintetizzare più efficacemente la funzione e la natura dello Stato hobbesiano sia una formula tassativa: Tutto nel mercato globale, niente al di fuori del mercato e, soprattutto, niente contro il mercato! Le lotte socialiste dove sono finite?