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I rapporti Usa-Israele-Iran

di Simone Santini (intervista) - 27/05/2009





militare

Il servizio Radio Italia dell'IRIB (Islamic Republic of Iran Broadcasting) ha intervistato Simone Santini, coordinatore della testata on-line Clarissa.it, sui rapporti tra Stati Uniti, Israele, Iran, con particolare attenzione alle minacce di una possibile guerra.





L'intervista radiofonica, realizzata e curata dalla corrispondente dell'IRIB Soroor Coliai, è stata diffusa nell'Europa centro-occidentale e nella Repubblica dell'Iran. L'audio dell'intervista è scaricabile direttamente dal sito dell'IRIB Italia.

Iran-Israele, la guerra è alle porte?

La domanda è pesante. Io penso che purtroppo la guerra è un'opzione assolutamente reale però allo stesso tempo non credo sia imminente. Vedo un limite temporale di maggior pericolo fino all'estate del 2010, se si riesce a superare quel momento senza problemi allora le speranze di pace diventano superiori a quelle che possono essere delle minacce di guerra.
Però non dobbiamo neanche dimenticarci che la guerra è già stata sfiorata in passato, lo stesso ex presidente americano George Bush ha dichiarato che nell'estate del 2008 gli israeliani erano pronti per attaccare l'Iran e sono stati bloccati all'ultimo momento dall'intervento del ministro della Difesa Robert Gates, soprattutto dai generali che fanno riferimento a lui.
Io ritengo che i motivi geostrategici di una guerra all'Iran siano ancora presenti sul campo, in qualche modo sono molto profondi. Credo di essere stato uno dei primi in Italia a parlare del pericolo di una guerra all'Iran, l'ho fatto sin dal 2002, e questo perché basta guardare una carta geografica per accorgersi che l'Iran è proprio al centro, anche geograficamente, della strategia imperiale che è stata iniziata dagli Usa con la fine della guerra fredda e che ha portato all'occupazione militare anglosassone del Medio Oriente, dei Balcani, fino all'Asia centrale. La cosa più preoccupante è che questa strategia, che come si può ben capire è di lunghissimo respiro, si è saldata con gli interessi internazionali del movimento sionista, in particolare con la leadership di Israele.
Questo è avvenuto fino al momento in cui, con l'avvento di Putin in Russia e con la sua politica, c'è stato secondo me un po' di scombussolamento nei piani degli Stati Uniti. Ciò ha fatto venire alla ribalta una fazione interna agli Usa stessi, che io chiamo nazional-militare, e che ha modificato le strategie, una componente che fino a questo momento sembra prevalere e fino a questo momento appare del tutto contraria ad una guerra all'Iran.

Israele potrebbe attaccare l'Iran anche senza appoggio degli Usa?

Purtroppo penso di sì, la mia risposta è sì, perché molti segnali dicono che Israele si sta preparando proprio per questa eventualità, dal punto di vista tecnico e militare. Al contrario ritengo che politicamente sarebbe un disastro, quindi tutto sta a vedere quanto Israele è disposto a rischiare in questa partita e giocarsi il tutto per tutto.
In questi giorni il vice-ministro degli Esteri israeliano, Danny Ayalon, ha dichiarato che un attacco unilaterale di Israele non è proponibile. Io però tendo a fidarmi più dei fatti che delle parole; penso che dalla visita di Netanyahu a Washington proprio in questi giorni [l'intervista risale al 19 maggio, n.d.r.] si possa capire di più della situazione.
Farei molta attenzione a verificare tutti i tipi di provocazione e tutti i tipi di pressione da parte israeliana nei confronti degli Stati Uniti e dell'opinione pubblica internazionale per convincerla della giustezza della possibilità di una guerra da parte di Israele. Vorrei sollecitare i movimenti pacifisti a vigilare, perché l'azione, se si deve fare, si deve fare adesso, quando il pericolo c'è ma ancora si può evitare, mentre protestare dopo non servirà più a niente.

militariLei conferma il presunto disaccordo tra Obama e Netanyahu per quanto riguarda l'azione militare contro l'Iran e questo quanto può avere delle conseguenze sui futuri rapporti Usa-Israele?

Io non penso che ci possa essere qualcosa tipo una rottura definitiva tra gli Stati Uniti e Israele, non credo che gli Usa possano mai abbandonare del tutto Israele perché quella che viene chiamata la lobby filo israeliana, di cui hanno parlato anche molti politologi negli Stati Uniti, è ancora estremamente forte.
A me sembra che sull'Iran sia in corso una specie di lotta di potere dentro gli Usa. C'è quella fazione nazional-militare che ha come rappresentante politico Robert Gates al Pentagono e come ideologo un vecchio generale repubblicano, Brent Scowcroft, e sarà già un successo se questa parte riuscirà a bloccare le manovre dei filo sionisti americani che sono invece molto forti al dipartimento di Stato con Hillary Clinton, ma non credo che questa componente riuscirà mai, per esempio, ad imporre delle sanzioni contro Israele.

Sempre a questo riguardo l'agenzia russa RIA Novosti ha pubblicato una notizia su un'eventuale azione disciplinare da parte degli Stati Uniti contro Israele, ecco la notizia: "Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e la segretaria di Stato Hillary Clinton stanno pensando a un programma per l'applicazione di sanzioni contro Israele se il governo di destra di Benjamin Netanyahu attua la sua politica, a lungo desiderata, di rispondere alle attività nucleari dell'Iran prendendo provvedimenti militari contro il paese". È possibile?

Ci crederò solo nel momento in cui lo vedrò attuato, non prima.


Considerando l'appoggio incondizionato dell'ex amministrazione americana a Israele e adesso lo slogan 'Change', il cambiamento di Obama, che fine farà la cosiddetta Road Map?

Credo che queste strategie che sono fondamentali per un paese come gli Stati Uniti, che sono una superpotenza imperiale, non vengano decise dalle personalità politiche in sé. Io interpreto soprattutto i presidenti americani come comunicatori di queste strategie. Le strategie possono cambiare se cambiano i gruppi di potere, se cambiano i rapporti di forza tra questi gruppi. Le strategie imperiali degli Usa hanno attraversato i secoli, e quindi le singole personalità come Bush, come Obama, le possono decidere solo in minima parte. Quindi tutto si gioca, io credo, dietro le quinte.

La carta dell'Afghanistan potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nei futuri rapporti tra l'Iran e gli Usa?

Secondo me no, non è una cosa particolarmente importante, perché pubblicamente sì è detto che l'Iran potrebbe essere un pacificatore anche della situazione afgana, io invece credo al contrario che la partita di pacificazione e di normalizzazione dell'Afghanistan si giochi soprattutto nel rapporto tra Stati Uniti e Pakistan piuttosto che non nei rapporti tra Usa ed Iran.

Lei ha visto finora una nuova e concreta apertura da parte degli Stati Uniti e soprattutto da parte di Obama riguardo l'Iran?

Apparentemente sì, l'apertura però è stata soprattutto mediatica, bisogna vedere come si svilupperà il discorso sul piano reale. A me sembra che l'apertura di Obama sia un tentativo in qualche modo di appoggiarsi su quella componente nazional-militare che in questo momento a Washington è molto forte, però la lotta è in pieno corso. Credo che Israele tenterà di tutto per ribaltare la situazione a proprio vantaggio. Bisogna vedere come ad esempio il Dipartimento di Stato, molto incline ai desideri di Israele, agirà in questo senso. La situazione è in pieno movimento.

a cura IRIB (Islamic Republic of Iran Broadcasting)