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Gli OGM “non hanno rese agricole superiori”

di Elisabeth Zoja - 27/05/2009

Ad aprile è stato pubblicato un rapporto americano che attacca la garanzia di più forti rendimenti degli OGM. Non è il primo studio a mettere in dubbio l’efficacia degli organismi geneticamente modificati, eppure i paesi e le superfici coltivate con OGM continuano ad aumentare.


 

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Gli Ogm hanno rese agricole superiori? Secondo un rapporto Usa non sarebbe così
Gli organismi geneticamente modificati (OGM) non vengono più criticati solo in Europa. Ad aprile è stato pubblicato un rapporto americano che attacca il principale argomento dei fabbricanti di sementi modificate: la garanzia di più forti rendimenti. Responsabile del rapporto è la Union of Concerned Scientist, un gruppo di esperti del MIT (Massachusetts Institute of Technology).

 

Qualche settimana dopo, a inizio maggio, l’UE ha imposto il suo diritto a consumare carne bovina senza ormoni (gli Stati Uniti come contropartita continueranno a sovratassare una serie di prodotti alimentari europei).

 

Ma il diritto di produrre e consumare alimenti senza ormoni non implica quello di produrre e consumare senza OGM?

Vediamo innanzitutto quali sono, secondo il rapporto americano, i vantaggi di questi organismi geneticamente modificati.

“Da anni gli industriali affermano che nutriranno il mondo, promettendo che gli OGM avranno migliori rendimenti. Ma dopo vent’anni di ricerche e tredici di commercializzazione, i contadini americani che fanno ricorso a queste sementi non hanno delle rese agricole superiori. L’agricoltura tradizionale, invece, continua ad avere risultati migliori”, afferma Doug Gurian-Sherman, autore del rapporto.

 

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Esiste il mais modificato per resistere ad alcuni insetti e quello che resiste agli erbicidi
Per arrivare a questa conclusione il biologo ha passato al setaccio tutti gli studi accademici pubblicati sulla soia e sul mais, le due culture transgeniche più utilizzate negli Stati Uniti.

 

Nella patria di Monsanto il 90% delle superfici coltivate a soia impiega OGM, mentre il 60% del mais è geneticamente modificato.

 

Gli OGM che dominano il mercato sono però tre: un tipo di soia e due di mais. Esiste infatti il mais modificato per resistere ad alcuni insetti e quello che resiste agli erbicidi. Quest’ultimo, come la soia resistente agli erbicidi, “non ha portato alcun miglioramento dei rendimenti”, come afferma il rapporto.

Per quel che riguarda il mais resistente agli insetti invece (il cui esemplare più conosciuto è il Mon 810, appena vietato dalla Germania), l’accrescimento della produzione si è rivelata “marginale”. Questi risultati sono stati ottenuti anche da raccolte ottenute in Europa, dove il mais Bt (Bacillus thuringiensis) viene largamente importato.

 

Gli OGM infatti, vengono coltivati in ‘soli’ 25 Paesi (principalmente Stati Uniti, Canada, Brasile e Argentina), ma altri 30 ne autorizzano l’importazione.

Col tempo anche i paesi africani iniziano a produrli: nel 2008 il Burkina Faso e l’Egitto hanno raggiunto il Sudafrica fra i paesi produttori.

 

 

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Secondo il rapporto Usa sarebbe pericoloso puntare sugli OGM per assicurare i bisogni alimentari di 9 miliardi di persone
Un crescente numero di superfici del mondo viene quindi coltivato con OGM: il 2008 ha visto un aumento delle superfici OGM del 9,4% rispetto all’anno precedente (International Service for the Acquisition of Agro-biotech Applications).

 

Eppure la crescita di produttività agricola degli ultimi anni è dovuta ad altri fattori d’innovazione, spiega il rapporto americano. Nella sua conclusione si legge che sarebbe pericoloso puntare sugli OGM per assicurare i bisogni alimentari di 9 miliardi di persone (stima della popolazione mondiale nel 2050).

Questo rapporto non è il primo a denunciare la promessa degli OGM: nel 2006 i ricercatori del Ministero Americano dell’Agricoltura hanno fatto il bilancio dei primi dieci anni di colture OGM, e non hanno constatato miglioramenti significativi.

Se anche gli OGM garantissero una maggiore produzione agricola, l’aumento del rendimento avrebbe un prezzo: la perdita di biodiversità ed i rischi per la salute.