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'Hezbollah continuerà a condizionare il destino del Libano'

di Elise Barthet - 11/06/2009




Per il politologo libanese Karam Karam, autore dell’opera Le mouvement civil au Liban, all’indomani del voto "i principali punti di divisione tra la maggioranza e l’opposizione restano".

Come spiega la sconfitta politica di Hezbollah e dei suoi alleati cristiani alle elezioni legislative?
Il sistema costituzionale libanese divide il potere tra le diverse comunità cristiane e musulmane. Il presidente è sempre maronita, il primo ministro sunnita e il presidente del Parlamento sciita. All’interno della Camera, il numero di seggi è ugualmente ripartito secondo un sistema analogo, in funzione delle confessioni. Ogni comunità viene rappresentata da più partiti e, dunque, la costituzione di una maggioranza passa inevitabilmente per il raggiungimento di alleanze. In questo contesto, gli sciiti di Hezbollah e i suoi alleati cristiani non hanno vinto le elezioni perché le principali battaglie elettorali si sono tenute nelle circoscrizioni cristiane in cui gli alleati del Partito di Dio [essenzialmente le liste di Michel Aoun] non sono riuscite ad allargare la loro influenza.

Cosa cambia la vittoria del (blocco) 14 marzo sulla scena politica libanese?
A dire il vero, non molto. Di fronte a questioni come la posizione del Libano sullo scacchiere regionale e il ruolo di Hezbollah, i principali punti di frattura tra maggioranza e opposizione restano. Da un lato, la coalizione del 14 marzo cerca di tirare fuori il Libano dal conflitto con Israele, a costo di concludere una sorta di tregua con lo Stato ebraico. Dall’altro, l'alleanza dell’8 marzo, Hezbollah in testa, è contraria al pur minimo compromesso fino a quando Israele violerà la sovranità aerea, terrestre e marittima dello Stato libanese e (finché) la disputa sulle fattorie di Shebaa non verrà regolata [Israele ha preso il controllo di questa zona durante la guerra arabo-israeliana del 1967 e la considera parte integrante dell’altopiano siriano del Golan, annesso nel 1981]. In un tale contesto, Hezbollah non ha intenzione di deporre le armi. L'accordo firmato a Doha tra le diverse fazioni politiche libanesi dopo gli scontri del maggio 2008 ha ridefinito lo statu quo. Esso sarà rispettato fino a quando non interverrà un nuovo ordine e le elezioni legislative non cambiano niente.

Che margine di manovra resta a Hezbollah?
Hezbollah ha perso tre seggi, ma può contare sui suoi alleati per far sentire il suo peso alla maggioranza. Ciò che interessa al Partito di Dio è di avere il controllo sul potere, non di dominarlo. Con lo statu quo citato in precedenza, la sua legittimità politica e il suo ruolo in quanto forza armata non vengono messi in discussione in modo diretto. Resta da conoscere il posto che occuperà insieme ai suoi alleati all’interno del prossimo governo. Fino a ora, disponeva di una minoranza con potere di veto, che gli permetteva di ostacolare il perseguimento di alcune politiche. Non è detto che i negoziati per la formazione del nuovo governo producano gli stessi equilibri.

Se le divisioni politiche tra maggioranza e opposizione restano, crede che vi siano sempre dei rischi di violenti scontri?
In precedenza, le elezioni si sono svolte tranquillamente. Se si esclude qualche scaramuccia qui e là, i partiti hanno condotto la loro campagna in un clima di calma sufficiente.  Per il momento, quasi tutti i leader della maggioranza e dell’opposizione hanno riconosciuto i risultati del voto. I vincitori offrono rassicurazioni, ma non è detto che tutto ciò duri. Bisogna attendere i negoziati per la formazione del nuovo governo. Si suppone che le discussioni durino un mese, ma potrebbero anche andare avanti all’infinito.


Le Monde.fr
(Traduzione di Carlo M. Miele per Osservatorio Iraq)

L’articolo in lingua originale