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Il complotto americano

di Giovanni Petrosillo - 24/06/2009

  
 
…O patria mia, vedo le mura e gli archi
e le colonne e i simulacri e l'erme,
torri degli avi nostri,
ma la gloria non vedo,
non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi i nostri padri antichi.
Or fatta inerme, nuda la fronte e nudo il petto mostri.
Oimè quante ferite,
che lividor, che sangue! oh qual ti veggio, formosissima donna!
Io chiedo al cielo E al mondo: dite dite;
chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
che di catene ha carche ambe le braccia;
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde…

Giacomo Leopardi


C’era da intuirlo sin dall’inizio. Berlusconi non ha la copertura dei corpi speciali dello Stato e delle varie sigle della nostra intelligence (soprattutto Aise e Aisi, le quali dovrebbero garantirgli la massima sicurezza in quanto alta carica dello Stato). La sua residenza è un colabrodo dove entra qualsiasi curioso, i suoi virtuosismi mondani sono ripresi da occhi indiscreti e, all’occorrenza, dati in pasto alla pubblica opinione per alimentare scandali sessuali e pedo-pornografici; il suo telefonino, fornitogli dai servizi per essere a prova di spioni, è costantemente intercettato. Il Cavaliere, lo sappiamo tutti, non è un campione di morigeratezza ma questo non è un fatto politico sul quale stare a discutere. Il parvenu di Arcore, catapultatosi sulla scena istituzionale per non essere arrostito dai giudici e fare la stessa fine del “cinghialone”, suo illustre mentore nell’Italia da bere, si è messo troppe volte di traverso ai piani dei potentati italiani e alla completa concretazione dei disegni anglo-americani, finalizzati a rendere la penisola un bordello per finanzieri parassiti e industriali falliti.

Le speculazioni monetarie, le privatizzazioni scriteriate (mere svendite di interi settori strategici) e il golpe politico contro la classe dirigente democristiana e socialista dei primi ’90 hanno segnato la riuscita parziale di questa strategia. Tuttavia, l’ultimo tassello del puzzle non si è incastrato, la sinistra ex comunista, la "gioiosa macchina da guerra" che avrebbe dovuto governare tali processi per renderli definitivi e stabili si è scontrata con la discesa in campo di un uomo in grado di ricompattare il bacino elettorale di parte della DC e del Psi, tirando un brutto scherzo agli Usa.

Con la conclusione della Guerra Fredda, il nostro paese aveva perso interesse strategico per la potenza predominante che si stava riorganizzando con l’obiettivo di estendere la sua egemonia ad Est. In termini ideologici, questa fase era stata presentata come l'inizio di un'era armonica, quella della globalizzazione, che avrebbe posto fine ai conflitti e agli attriti tra gli Stati per il benessere economico di tutti.

Le prospettive americane però erano ben distanti da tali sciocchezze che ne coprivano i reali intenti. Gli Usa pensavano, molto più prosaicamente, ad una riconfigurazione della stessa alleanza con l’Europa la quale, da quel momento in poi, doveva liquefare la propria identità per accogliere nel suo seno, occidentalizzandoli, i paesi dell’ex patto di Varsavia, togliendo così il terreno da sotto ai piedi alla Russia. Poi la situazione è cambiata repentinamente. La stessa Russia, dopo essersi liberata di quella classe politica corrotta che ne aveva depresso le ambizioni egemoniche e favorito lo smembramento militare, ha trovato una nuova dimensione geopolitica. Quest'ultima, di rimando, proietta nuovamente l’Italia sullo scacchiere internazionale con altre occasioni di autonomia. Non siamo una grande potenza ma possiamo ancora giocare un ruolo decisivo, inserendoci intelligentemente in mezzo al gioco policentrico dei giganti politici ed economici protagonisti assoluti della fase.

Il Bel Paese, guidato da un vanesio abituato da sempre a superare i limiti della sua stazza, si è messo in testa di poter cogliere la palla al balzo (per la verità non saprei dire con che grado di coscienza), di tracciare i prodromi di una politica estera autonoma, divisa e separata dalla linea strategica occidentale, facendosi appoggiare da quei settori industriali avanzati che hanno molto da guadagnare da tali dispute internazionali. Gli accordi con la Russia, quelli con la Libia e l’Algeria, le aperture all’Iran, l’iperattivismo sui mercati esteri delle nostre imprese di punta (Eni, Enel, Finmeccanica ecc. ecc.) sono soltanto alcuni degli elementi che hanno convinto gli americani a mettere un freno alle ambizioni italiane e alla doppiezza politica di Berlusconi.

Questi attacchi al leader del PDL ne sono la riprova. Anche gli uomini di Berlusconi, almeno quelli meno impastoiati nell’ideologia americanista se ne sono accorti e stanno denunciando la situazione. Italo Bocchino, vice capogruppo del PDL, non usa mezzi termini e dichiara espressamente che vi è una manovra destabilizzatrice in atto, realizzata con la compiacenza di Servizi “deviati” dello Stato. Certo, è improprio parlare di “deviazioni” di alcuni apparati dello Stato, trattandosi in realtà di una vera e propria “conformazione organizzativa”che da sempre impregna quest'ultimi. Le nostre forze armate, i corpi speciali, le nostre istituzioni si sono forgiate, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, con l'imprimatur del prepotente alleato d’oltreatlantico. Ci vorrebbe una vera e propria rivoluzione nazionale per liberarci di tale fardello e condizionamento.

Infine, le ultime parole famose sono quelle di Cossiga. Il Presidente Emerito della Repubblica, dopo aver negato la cospirazione si è lasciato sfuggire un’affermazione molto esplicativa: “Volendo fare un’analisi di questo tipo [quella del complotto contro Berlusconi, NDR] credo che solo gli americani avrebbero potuto montare un ambaradan del genere…”. Chi ne dubitava?