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Le uova del serpente

di Piotr - 06/07/2009


A) Omero Ciai su La Repubblica:
«Dottor Micheletti ma chi glielo ha fatto fare di cacciarsi in questo guaio? Non si rende conto
di essere perlomeno fuori moda? ... Nel suo bel vestito scuro di taglio italianissimo, Micheletti
sta sempre più scomodo mentre anche nella Casa presidenziale si susseguono i rumors ... .
“Ma non capite che io sono il baluardo contro la penetrazione di Chavez in questo paese, gli
americani dovrebbero ringraziarmi, altroché”».
Capite, uno fa un colpo di stato e il giornalista progressista gli chiede con benevolenza: “Ma
chi te lo ha fatto fa’. Nun vedi li guai in cui te sei cacciato?”.
B) Grazie a Studio Aperto, il telegiornale di Italia 1 - Mediaset, un esponente dell’ “Ente
Bergamaschi Nel Mondo” augura “al nostro Micheletti la migliore fortuna”. Buona fortuna al
golpista col bel vestito scuro di taglio italianissimo!
C) Secondo la denuncia di Gianni Minà sul
Manifesto, «In questa occasione sparisce,
per esempio, nell’informazione del
prestigioso giornale iberico che detta la
linea in Europa su come si deve interpretare
la realtà latinoamericana [cioè El País,
NdA], la condanna dell’Onu al golpe, ed
anche l’oggetto del contendere in Honduras,
cioè un referendum che voleva portare alla
convocazione di un’assemblea costituente e
non, come afferma il giornale dell’Editorial
Prisa, l’aspirazione di Zelaya di ‘modificare
la Costituzione per restare al potere’.
Quindi i militari in qualche modo avrebbero
agito da tutori dello Stato, malgrado la
maggioranza dei cittadini non glielo avesse
chiesto.»
Ma fa bene Minà a definire El País “giornale una volta progressista”? O guardando
retrospettivamente quanto è successo in questi ultimissimi mesi non si riesce a notare per caso
un fil rouge abbastanza ben delineato nelle file progressiste?
Atto primo.
Attacco concentrico di Times, Financial Times, El País e La Repubblica (con
fiancheggiamento di Unità, Manifesto e Liberazione) contro Berlusconi fino a costringerlo, di
ritorno da Washington-Canossa, a un profondo mea culpa.
Su Noemi? Sulle ragazzette baresi? Su Villa Certosa? Sul reato di clandestinità che, tanto per
dirne una, mette contemporaneamente fuorilegge quasi tanti italiani quanti immigrati in attesa
di permesso?
Nossignori. Quelli erano specchietti per le allodole.
Mea culpa sull’affare FIAT-Opel (che sta tanto a cuore ad Obama).
Mea culpa per le apertura all’Iran (d’ora in avanti ha dichiarato di muoversi solo col permesso
di USA e Israele).
Mea culpa sulle aperture verso la Russia: ogni mossa dovrà avere il semaforo verde del nostro
cosiddetto “alleato” d’oltreatlantico.
Mea culpa per l’appoggio ad ENEL e soprattutto ENI: questa società dovrà sobbarcarsi gli
oneri (in natura, ovvero gas scontato per 5 miliardi di metri cubi) dei favori strappati da
Confindustria (o più precisamente dalla Grande Finanza & Industria Decotta con a capo la
Fiat). By the way, ricordo che quello che, ahimè, considero il candidato meno peggiore alla
segreteria del PD, cioè Bersani, nel 1999 come ministro dell’Industria sbraitava - con voce
bassa perché è persona civile - che bisognava privatizzare ENI ed ENEL al 100%. Cioè voleva
la svendita delle nostre industrie di punta (i post-comunisti erano stati messi al governo dopo
Mani Pulite proprio per gestire queste svendite, versione italica e un filo meno sbracata della
grandiosa cleptocrazia di Eltsin; oh, ma lui era democratico, non come questo antipaticissimo
Putin che dà così tanti mal di testa agli USA e ai suoi lacchè).
Ed ora auguri per interposta persona al golpista honduregno.
Atto secondo
"Rivoluzione colorata" per sovvertire i rapporti di potere in Iran, sostenuta da tutta la sinistra,
da tutti progressisti, e dalla destra (con sporadiche e parziali smarcature da parte di Berlusconi
e Frattini, mi sembra) con preludio di prove “sul territorio”di Grossekoalition centro-destrasinistra
ma democratica, in occasione della visita di Gheddafi, ripetute ora nel sostegno
trasversale ai “giovani e alle donne iraniani” (che poi tutte le analisi demoscopiche sapessero
fin dall’inizio che, per fare un solo esempio, la popolazione iraniana tra i 18 e i 24 anni avrebbe
votato in massa per Ahmadinejad, è una cosa ininfluente. Che’cce frega?: “I giovani e le donne
iraniani”, brutto traditore e sostenitore della teocrazia oscurantista!).
Ma questo novello Hitler persiano (dopo Milosevich e Saddam Hussein finalmente ce ne
abbiamo un altro, ché ci mancava), questo Hitler islamico, come è stato definito, ha degli
alleati cocciuti in America Latina. Allora saranno fanatici e oscurantisti islamici come lui. No:
sono proprio gli esponenti di quello che in molti (a sinistra, ovviamente) chiamano “il
Socialismo del XXI secolo”, ovvero l’Alternativa Bolivariana per le Americhe (l’ALBA). Non
so se la definizione “socialismo del XXI secolo” sia corretta, ma non è un punto importante.
Quel che importa è che qui arriviamo al terzo atto del dramma:
Atto terzo
Gli USA, bisogna riconoscerlo, ce l’anno messa tutta per sovvertire in Venezuela e in Bolivia i
legittimi e democraticamente eletti governi con le “buone”, ovvero tramite “rivoluzioni
colorate” (dove qualcuno ci ha rimesso comunque la pelle). Grazie al cielo non ce l’hanno
fatta. Allora attacchiamo con i buoni vecchi metodi l’anello più debole dell’ALBA. Così in
Honduras dove tutti gli ufficiali delle Forze Armate sono passati al vaglio dei servizi USA e si
formano nella famigerata Scuola delle Americhe e dove non si muove foglia che CIA non
voglia, viene effettuato un golpe per ostacolare “la penetrazione di Chavez in questo paese”,
come ci rivela il nostro ex bergamasco golpista nel suo italianissimo completo scuro.
Certo, Obama per primo denuncia, e subito a ruota denuncia la UE. Sì, facimme a muina ma
alla fine auguriamogli “la miglior fortuna”. E diciamo apertamente, perché ciò è stato detto
ufficialmente da USA e UE, che il ritorno alla “normalità democratica” sarà un “compromesso
tra le fazioni opposte”, cioè l’accettazione da parte del presidente legittimo Zelaya della
volontà anti-bolivariana (e cioè filostatunitense) dei golpisti.
Un compromesso che tra poco forse si cercherà di imporre “in nome della democrazia”.
Tre atti dei drammatici giochi imperiali che sempre più si giocheranno nei prossimi tempi,
come impone questa crisi sistemica. E i giochi si faranno sempre più duri, c’è da scommetterci.
E quando il duro si fa gioco, i giochi incominciano a durare: una mossa in Italia, una in Iran,
una in America Latina, un’altra in Afghanistan, ...
Obama aveva però già detto in campagna elettorale che avrebbe messo ordine nel cortile di
casa, così trascurato da Bush. Perché nessuno lo è stato a sentire? E aveva anche detto che il
problema era la Russia, e quindi l’Afghanistan e quindi l’Iran. Perché nessuno lo è stato a
sentire?
Beh, perché è nero e democratico e ci si fida. Ovvio no? E infatti eccoci qua a contemplare la
più vasta manovra di guerra di marines statunitensi dai tempi del Vietnam.
Pertanto, invito per coerenza a dimostrare a favore delle donne e dei giovani iraniani, ad
auspicare il successo dell’operazione in corso dei marines e una rapida normalizzazione
statunitense in Afghanistan, invito a dimostrare contro il dittatore Hugo Chavez e il
narcotrafficante Evo Morales e infine, ovviamente, invito caldamente ad augurare la miglior
fortuna al nostro golpista Roberto Micheletti in Honduras.
Se un fil rouge c’è che si veda tutto, perdiana!