Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Michael Jackson chi??

Michael Jackson chi??

di Mark Glenn - 24/07/2009


 

 

Per quanto folle possa sembrare, nel recente uragano mediatico delle ultime settimane la domanda “Michael Jackson chi??” è esattamente quella che la gente di tutto il mondo – non milioni, ma MILIARDI di persone – si sarebbe posta se certe notizie fossero state fornite in modo differente. Storie così impressionanti sul piano politico ed emotivo che non solo avrebbero fatto passare in secondo piano le notizie relative alla dipartita del Re del Pop, ma avrebbero probabilmente provocato perfino la mobilitazione della forza militare delle nazioni più potenti del mondo per rimettere a posto le cose.

Purtroppo, per quanto queste notizie fossero (siano) così politicamente rilevanti, il loro guaio era che non contenevano gli “ingredienti magici” necessari per renderle notizie di successo. “Ingredienti magici” è naturalmente un eufemismo che serve a indicare quegli pseudo-eventi e quelle vicende simboliche utili a sostenere la causa dei criminali interessi ebraici e, nello specifico, il quartier generale di tali interessi, Israele. Visto che da queste notizie non c’era nulla da mettersi in tasca, esse sono state grossolanamente e totalmente ignorate, come se non fossero mai avvenute, e il mondo è stato invece investito da un monsone di notizie minuto per minuto riguardanti la morte di Michael Jackson, l’ultimo dei cadaveri ad affiorare in quella fogna di inaudita depravazione morale che è la Hollywood giudaica.

Il primo scoop che avrebbe dovuto monopolizzare per giorni e giorni le prime pagine (se una parte dei suoi parametri fossero stati differenti) e che avrebbe senza dubbio prodotto una reazione militare degli USA contro le nazioni o i gruppi implicati è naturalmente l’aggressione alla Spirit of Humanity. Mentre navigava in acque internazionali, la Spirit of Humanity – una nave civile carica di aiuti umanitari e diretta verso quello che è diventato ormai l’ultimo degli altari sacrificali per gli omicidi rituali ebraici, Gaza – è stata abbordata da imbarcazioni militari israeliane nel cuore della notte e assalita da uomini armati a volto coperto, in uno scenario non dissimile da quello delle rapine al treno dei desperados del Far West. L’aggressione, oltre a essere avvenuta in acque internazionali (il che la rende per definizione un atto di pirateria), si è conclusa con il rapimento di un ex membro del Congresso americano, la deputata Cynthia McKinney, che è stata gettata in una prigione israeliana e trattenuta lì per tutto il weekend del 4 di luglio, quello stesso weekend in cui gli americani festeggiano la loro “liberazione” da un’ostile e rapace potenza straniera.

Chiunque dubiti che un’azione del genere, se compiuta da qualsiasi altro gruppo di pirati dedito ad attività similari, avrebbe ottenuto un’assordante, accecante, obnubilante copertura mediatica, non ha che da compiere un passo indietro nel tempo fino a poche settimane fa, alla copertura minuto per minuto della vicenda dei pirati somali e alla reazione dello Zio Sam contro di essi e i loro crimini in alto mare. Per giorni e giorni tale vicenda non fu semplicemente una notizia, ma LA notizia, con tanto di gran finale: il recupero della nave sequestrata da parte di un gruppo di Navy Seals, che eliminarono i pirati uno per uno con i proiettili ben piazzati dei loro fucili di precisione.

Considerando questo, non è dunque difficile immaginare cosa sarebbe successo se la Spirit of Humanity fosse stata sequestrata da “altri” gruppi mediorientali, quali Hamas o Hezbollah, o anche se si fosse trattato di un’azione ufficiale da parte di nazioni mediorientali quali Libia, Siria o Iran. Il Presidente, il Portavoce della Camera, il Leader della Maggioranza al Senato, e tutti gli altri Tom, Dick e Harry fino al portinaio della Casa Bianca, sarebbero sfilati uno dopo l’altro di fronte alle telecamere dei TG. Luci... Camera... AZIONE! e con i pugni sollevati, le vene della fronte pulsanti, le labbra tremanti e gli occhi annebbiati di lacrime, tutti gli individui sul libro paga degli interessi criminali giudaici avrebbero definito la situazione per ciò che era: un atto di pirateria contro una spedizione umanitaria e un sequestro di persona perpetrato ai danni di un ex membro del Congresso americano. Prima che i singhiozzi si affievolissero sarebbero partiti i jet militari, sarebbero piovute le bombe e i criminali responsabili di un atto del genere sarebbero divenuti un monito di ciò che accade quando le persone sbagliate se la prendono con la gente sbagliata.

Invece, il rapimento di una ex deputata del Congresso USA che portava aiuti umanitari ai cristiani e musulmani di Palestina, assediati a Gaza, ha ricevuto tanta copertura mediatica quanto l’arresto dei 5 agenti del Mossad che l’11 settembre furono visti esultare,da alcuni testimoni, mentre crollavano le Twin Towers. Forse i membri del popolo auto-eletto che decidono ciò che deve essere riportato sui media non volevano che si ripetesse ciò che accadde l’ultima volta che questa assai loquace deputata si trovò di fronte alle telecamere americane in seguito ad un incidente analogo, nel quale gli stessi pirati con accento ebraico avevano tentato di impedire a lei e ai suoi compagni di portare aiuti umanitari a Gaza, speronando la sua nave e cercando di farla affondare: la signora menzionò allora il deliberato attacco israeliano contro la USS Liberty, avvenuto 42 anni or sono, che provocò la morte di 34 marinai americani.

A ribadire quanto, di questi tempi, la coda agiti il cane, gli Stati Uniti – perfino con il loro neoeletto presidente nero, liberale e democratico – non hanno alzato un dito né aggrottato un sopracciglio di fronte al fatto che una cittadina americana, nonché afroamericana, liberal-democratica ed ex membro della Camera dei Rappresentanti, fosse stata catturata e trattenuta contro la sua volontà da una potenza straniera operante al di fuori del diritto internazionale. Al contrario, altri membri dell’equipaggio della Spirit of Humanity, provenienti da paesi quali Inghilterra e Irlanda, hanno ricevuto la visita di funzionari dei rispettivi consolati che si sono dati da fare per la loro liberazione.

L’altra importante notizia, che in occasione diversa sarebbe stata gonfiata fino alle dimensioni di un dirigibile della Goodyear, è quella dell’omicidio in un tribunale tedesco della 32enne Marwa el-Sherbini, farmacista, moglie e incinta di tre mesi del suo secondo bambino. Il suo assalitore (indicato solo come “Alex W” nella scarsa copertura mediatica che la notizia ha ricevuto) viene descritto come un agente di cambio russo che l’avrebbe pugnalata 18 volte urlandole parole palesemente razziste come “terrorista” e “troia musulmana”. All’aggressore è stato consentito di proseguire per 8 minuti prima che il giudice del tribunale decidesse che “il troppo è troppo” e facesse intervenire un agente armato per fermarlo. Insieme alla donna, è rimasto ferito anche il marito (che si è pure beccato un proiettile dall’agente tedesco) e l’altro figlio.

Il motivo della furia di “Alex W” sta nel fatto che la donna era musulmana e aveva deciso di indossare il velo. Curiosamente il cognome dell’omicida non è stato reso pubblico nelle poche informazioni fornite su questo palese delitto di stampo razzista. Considerati i parametri consueti, è abbastanza comprensibile che alcuni individui più curiosi della media si pongano, su questa ovvia lacuna dell’informazione, domande quali: Weinstein? Wolfowitz? Wiener? Wiesel?

Naturalmente, se fosse stata una donna ebrea ad essere pugnalata a morte in un tribunale tedesco, ci sarebbero state prime pagine dei giornali dedicate alla vicenda per dio sa quanto tempo. Il fatto che l’aggressione fosse avvenuta in Germania avrebbe implicato che ULTERIORI risarcimenti per l’olocausto sarebbero andati ad aggiungersi ai miliardi che già vengono serviti ai parassiti che vivono sulla costa orientale del Mediterraneo, il tribunale sarebbe stato demolito coi bulldozer e la costruzione di un nuovo museo dell’olocausto in sua vece sarebbe iniziata prima ancora che i funerali della donna avessero luogo.

Invece, nel momento in cui scrivo, i vari cani da guardia ebrei che riempiono il mondo con l’inquinamento acustico dei loro latrati sugli imperdonabili peccati dell’intolleranza e del razzismo, non hanno avuto – sorpresa, sorpresa – niente da dire su questa vicenda. Un esame degli articoli pubblicati sulla homepage del sito della Anti-Defamation League (sì, proprio la stessa ADL che ha per slogan “Fermare la diffamazione del popolo ebraico e garantire giustizia ed equità per tutti”) rivela dove risiedano le vere preoccupazioni dell’organizzazione: “Il gruppo anti-israeliano della Nazioni Unite deve essere smantellato...”, “Antisemitismo globale: incidenti del 2009”, e poi il più bello di tutti: “Estremisti musulmani d’America: una minaccia crescente per gli ebrei”. L’attuale vicenda riporta alla mente un episodio accaduto alcuni anni fa, quando Julian Soufrir, ebreo francese emigrato in Israele, uccise a coltellate un tassista arabo (padre di 3 bambini), dichiarando che aveva voglia “di uccidere un arabo”, senza che la notizia venisse minimamente riportata dalla ADL, dal Southern Poverty Law Center o dal Simon Wiesenthal Center. Proprio come si guardano bene dal riferire e dal condannare i quotidiani attacchi razzisti, verbali e fisici, compiuti dagli ebrei contro i non-ebrei, tanto in Israele quanto all’estero, il mondo può stare sicuro che la ADL e le sue brutte sorellastre si mostreranno tanto interessate a riferire e condannare questo ennesimo crimine razzista quanto il re del porno Larry Flint avrebbe apprezzato un inasprimento delle norme sul pubblico decoro.

Le stesse notizie fornite sulla morte di Jackson rivelano un certo carattere selettivo dell’informazione mediatica occidentale dominata dagli interessi ebraici. Fra tutti i discorsi sulle sue chirurgie plastiche, sui suoi figli e su ogni altra trivialità riguardante la sua morte, nessuno ha menzionato le opinioni al vetriolo che Jackson aveva espresso sul mondo dello spettacolo governato dagli ebrei che lo aveva, in ogni senso possibile, derubato della sua infanzia e ridotto a una specie di fenomeno da baraccone. Nessuna menzione della sua definizione degli ebrei come “succhiasangue”, della sua conversione all’Islam e delle sue simpatie per la causa dei musulmani di tutto il mondo, sottoposti ad un processo di lento sterminio ad opera degli interessi ebraici. Nessuna menzione delle centinaia di milioni che doveva ai banchieri ebrei, né del fatto che gli investigatori della Centrale Antidroga degli Stati Uniti hanno contattato la compagnia israeliana Teva Pharmaceuticals – che produce il potente anestetico Propofol – nel corso delle loro indagini sulla morte di Jackson.

Tenendo presenti questi fatti, è davvero del tutto fuori dal mondo domandarsi se Jackson non stesse per caso progettando qualche intervento “politico” per il suo imminente tour mondiale? Stava forse progettando di portare sotto i riflettori la sofferenza dei musulmani – e soprattutto dei palestinesi – e di fare del razzismo degli ebrei e del potere che essi esercitano sulle questioni politiche del mondo un elemento centrale del messaggio del suo tour?

Di sicuro ci sarebbero state persone, persone molto potenti, che avrebbero rischiato di perdere troppo da una simile situazione, soprattutto in giorni come questi, in cui lo stato ebraico ha bisogno di più chirurgia estetica di quanta Dio stesso sia in grado di fornire.

 

dal sito The Ugly Truth

traduzione di Gianluca Freda